Szczesny, il cuore ha ragioni che il calcio mercenario non conosce

"Il mio corpo si sente ancora pronto per le sfide, il mio cuore non c'è più. Sento che è giunto il momento di dedicare tutta la mia attenzione alla mia famiglia". La scelta di vita di un campione vero in un mondo zeppo di quaquaraquà

Il dispiacere perché uno dei migliori portieri del mondo lascia il calcio a soli 34 anni, nel pieno della sua attività, è pari all'ammirazione per la scelta di vita che Wojciech Szczesny ha inaspettattamente comunicato, con quel post che merita di essere letto parola per parola: "Ho lasciato Varsavia, la mia città natale, nel giugno del 2006 per unirmi all'Arsenal con un sogno: vivere di calcio. Non sapevo che sarebbe stato l'inizio di un viaggio lungo una vita. Non sapevo che avrei giocato per i più grandi club del mondo e rappresentato il mio paese 84 volte. Non sapevo che non solo avrei vissuto di calcio, ma che il calcio sarebbe diventato tutta la mia vita. Non ho solo realizzato i miei sogni, sono arrivato dove la mia immaginazione non avrebbe nemmeno osato portarmi. Ho giocato al massimo livello con i migliori giocatori della storia senza mai sentirmi inferiore. Ho stretto amicizie per la vita, creato ricordi indimenticabili e incontrato persone che hanno avuto un impatto incredibile sulla mia vita. Tutto ciò che ho e tutto ciò che sono lo devo al meraviglioso gioco del calcio... Ma ho anche dato al gioco tutto quello che avevo. Ho dato al gioco 18 anni della mia vita, ogni giorno, senza scuse. Oggi, anche se il mio corpo si sente ancora pronto per le sfide, il mio cuore non c'è più. Sento che adesso è il momento di dedicare tutta la mia attenzione alla mia famiglia, alla mia fantastica moglie Marina e ai nostri due splendidi figli Liam e Noelia".

Szczesny ha risolto il contratto con un anno d'anticipo

Il cuore non c'è più per continuare a giocare ai massimi livelli, ma c'è, eccome, per fare ciò che Sven Goran Eriksson ha raccomandato a tutti noi: "Prendetevi cura di voi stessi e prendetevi cura della vostra vita. E vivetela". Chissà se le parole del signore svedese del calcio abbiano inciso sulla decisione del signore polacco che nel circo zeppo di mercenari susciterà presumibilmente il biasimo e la disapprovazione di quelli attaccati all'Iban e non alla maglia. Perché Szczesny è una vera mosca bianca, nell'estate dei giocatori che si chiamano fuori perché sotto stress certificato dal medico; di quelli messi fuori rosa; di quelli che vorrebbero essere finalmente in un'altra squadra, ma sono prigionieri di clausole ipertrofiche. Un giorno o l'altro, la Juve spiegherà come mai abbia rinunciato a cuor leggero a un campione del calibro del polacco che la Juve ha onorato al meglio nell'arco di sette stagioni (252 presenze; 100 partite senza subire gol, 103 comprese quelle in cui non era partito titolare; 3 scudetti, 2 Coppe Italia, 3 Supercoppe di Lega e, in Nazionale, 84 partite).

Si presume che la decisione del club abbia procurato una cocente delusione al portiere, non impedendogli, però, un ultimo gesto di classe: "Per me i contratti si rispettano, ma se la società che mi ha dato tanto, ha deciso in questo modo, lo accetto”. E così, Tek ha risolto il contratto con un anno d'anticipo, concordando una buonuscita e facendo risparmiare alle casse societarie una somma considerevole, fra stipendio lordo e ammortamento. Tuttavia, qui e ora, stringendo la mano al neo ex portiere, pensi a Sciascia, secondo il quale gli uomini si dividono in cinque categorie. "Ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, io la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà. Pochissimi gli uomini; i mezz'uomini pochi, ché mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini. E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi". Caro Tek, nel calcio di oggi, lei è uno dei pochissimi.

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