TORINO - Una volta si chiamava calcio d’agosto, adesso sarebbe forse meglio definirlo calcio d’estate, prima di quello che conta davvero. E la metamorfosi della fase difensiva della Juventus è la dimostrazione di quanto i giudizi del precampionato siano spesso approssimativi e affrettati. Insomma, lasciano il tempo che trovano: così l’allarmismo che aveva cominciato a circolare e a diffondersi come un pericoloso virus, dopo le tre amichevoli estive bianconere è stato prontamente spazzato via. Un cambio di passo che ha più spiegazioni che vanno oltre alla logica del classico “le gambe erano imballate” piuttosto che “mancavano i titolari” oppure “serve tempo per metabolizzare i movimenti”. C’è dell’altro nella rivoluzione radicale nella fase difensiva tra i 7 gol incassati nei tre test e la quota zero alla voce reti incassate nelle prime tre giornate di campionato.
La metamorfosi della difesa della Juve
Nelle prime prove della nuova Juve di Thiago Motta era emersa la fragilità, al di là degli interpreti, nel blindare la porta bianconera, contro avversari inferiori ma avanti di condizione (come nel caso del Norimberga e in parte anche del Brest) o rivali da Champions però in versione dimessa (come l’Atletico Madrid): qualche incertezza, tanti esperimenti e la sensazione dilagante di aver bisogno di più tempo per trovare misure e contromisure. Invece l’allenatore juventino ha tirato fuori dal cilindro un brillante inizio di stagione, prima della sosta delle Nazionali, con la fase difensiva come vero punto di forza, forse un po’ a sorpresa se confrontato con quanto, appunto, visto nella fase di preparazione. C’è anche un accorgimento tattico: nel precampionato Motta ha disposto la squadra principalmente con il 4-1-4-1, piazzando Khephren Thuram da frangiflutti davanti alla linea a 4 difensiva. Invece in campionato il passaggio al 4-2-3-1 ha dato maggiore stabilità e ha dato una mano alla retroguardia: ciò che maggiormente ha impressionato della Juventus di Motta nelle prime tre giornate di Serie A è l’aver tenuto lontano gli avversari dall’area, di fatto disinnescando ogni possibilità di colpire la porta custodita da Di Gregorio, spesso disimpegnato.