Torino - Aldo Serena, parliamo di Vlahovic: da attaccante ad attaccante, innanzitutto, come l’ha visto in questo primo scorcio di stagione? «L’ho visto determinato e consapevole, in tutto e per tutto al centro della nuova Juventus. Semmai ancora alle prese con degli eccessi di foga, che dovrà lavorare per gestire meglio. Ha segnato due gol, ma sarebbero potuti essere di più: il progetto tecnico di Thiago Motta lo può davvero esaltare».
In che modo?
«Già nelle prime tre uscite si è visto un gioco più coordinato e, soprattutto, veloce: la rapidità nella costruzione della manovra, a maggior ragione nel calcio moderno in cui tutti partecipano alla fase difensiva, è fondamentale per agevolare il lavoro degli attaccanti. In modo che possano sorprendere, affrontando una difesa avversaria ancora non posizionata al meglio».
E poi?
«E poi, a fronte di una maggiore mole di gioco, riceverà molti più palloni a ridosso dell’area. Così avrà più occasioni per segnare, ovviamente, ma anche meno pressione addosso: la consapevolezza di poter avere altre opportunità nel corso della partita e la certezza di non dover vivere lunghe attese per giocare la sfera, a lungo andare, assicurano grande serenità mentale».
Ecco, l’aspetto mentale: è quello il suo tallone d’Achille?
«Ha un ottimo fisico ed è molto bravo a livello tecnico, quindi è soprattutto nella testa che può ancora crescere. Secondo me è giusto che sia intraprendente e anche che, a volte, si arrabbi, ma deve trovare un maggiore equilibrio in campo. Troppa foga porta a peccare di lucidità e di freddezza nel momento decisivo».
Si parla di lui da tanto tempo, ma ha soltanto 24 anni: può essere anche una questione di età?
«La maturità personale può essere un fattore, certo. Ogni tanto ripenso alle parole dei senatori dello spogliatoio quando sono arrivato al Torino: mi raccontavano di come Pulici sbagliasse tante occasioni da rete fino a 22-23 anni. Poi ha fatto “click” e da lì in avanti...».