Alessandro Del Piero come non l’avete mai visto e sentito. La leggenda Juve si è raccontata senza filtri in un’intervista alla CBS, ripercorrendo le tappe più importanti vissute in maglia bianconera e con la Nazionale. Aneddoti, curiosità e un unico grande sogno che ancora non si è concretizzato. “L’unico rimpianto della mia carriera è quello di aver perso la finale degli Europei. La mia mentalità? Vincere titoli era il mio principale obiettivo, anche se i traguardi personali facevano piacere. Ma se mi chiedi ‘sei felice sei fai tre gol e pareggi tre partite?’ io ti dico di no - l’esordio di Alex nell’intervista - Sono contento se segno e se vinco, è lo scenario migliore. Quando sono davanti alle telecamere penso prima di tutto ai bambini perché sei una fonte d’ispirazione. Faccio il paragone con Platini, quando io ero un ragazzino. Ogni volta che c’era un’intervista ero subito lì a vedere cosa diceva e cosa faceva. Bisogna essere molto responsabili di fronte a una telecamera. Ho sempre avuto la mentalità da vincente, sin da bambino. Pinturicchio? Il soprannome che mi diede il nostro ex patron (Gianni Agnelli, ndr), una persona incredibile. Ha dato soprannomi a tutti: Baggio era Raffaello”.
L’inizio alla Juventus
“Quando mi sono trasferito alla Juve avevo 18 anni e ho iniziato subito ad allenarmi con la prima squadra. Baggio, Vialli, Kohler, Moeller, Peruzzi erano delle icone che guardavo in tv fino a una settimana prima. I primi giorni sono andati così così, poi dalla seconda settimana ho capito che qualcosa potevo fare. Non ho mai avuto dubbi, sapevo di potercela fare anche se da noi in Italia il passo tra le giovanili e la prima squadra è enorme ed è uno dei grandi problemi. Con Baggio c’è stata una situazione particolare, abbiamo giocato insieme solo due anni e nel secondo anno ci sono state un po’ di incomprensioni con il club che poi ha lasciato. Ho imparato da lui e ho imparato da ognuno di loro perché ascoltavo, perché ero disposto ad ascoltare. Ero nel posto migliore, ero curioso, vedevo cosa facevano e come si comportavano tutti i miei compagni, come interagivano tra di loro, come giocavano la domenica”.