Pagina 2 | Conte spacca la Juve, dagli insulti agli applausi. Il retroscena del 2019

Se tra tifosi della Juve e tifosi del Napoli lo Stadium domani farà ovviamente registrare la schiacciante maggioranza dei primi (peraltro il settore ospiti potrebbe essere chiuso), molto meno netta sarà l’altra divisione che spaccherà l’impianto bianconero: quella legata all’accoglienza del pubblico di casa nei confronti di Antonio Conte. Sono passati poco più di 10 anni da quel 14 luglio 2014, quando a sorpresa il tecnico dei primi tre Scudetti del ciclo dei nove consecutivi si dimise, eppure domani sarà la prima volta che i tifosi juventini lo vedranno dal vivo entrare allo Stadium da avversario. Questione di dinamiche calcistiche - le esperienze di Conte in Nazionale e al Chelsea - e di effetti del Covid: Conte allo Stadium da rivale della Juve c’è già tornato tre volte, alla guida dell’Inter, ma sempre a porte chiuse a causa del Covid.

Conte divide i tifosi Juve: c'è chi lo ama ancora e chi lo ha ripudiato

Sono passati poco più di 10 anni da quelle dimissioni, ma non sono bastati a rendere indifferenti nei confronti dell’ex tecnico ed ex capitano i tifosi juventini, divisi tra chi lo ha accantonato o lo considera addirittura un traditore e chi continua a sperare in un suo ritorno. Difficile stilare percentuali, ma di certo, basta parlare con i tifosi o scrollare le pagine dei loro social, è minima quella di chi lo ritiene un avversario come un altro. Già dopo quelle dimissioni si crearono opinioni divergenti, tra chi le considerò un sanguigno sfogo d’amore verso una squadra che lui avrebbe voluto ancora più forte, e chi le ritenne un’uscita di scena volta a salvaguardare la propria immagine, legandole alle dichiarazioni seguite alle delusioni europee: "Non si può andare con 10 euro in un ristorante da 100 euro". Così nelle stagioni successive una parte della tifoseria bianconera mise da parte Conte senza rimpianti, godendosi le vittorie che Allegri continuò a conquistare in Italia e i sogni che permise di cullare in Europa, mentre un’altra parte continuò a guardare con nostalgia al tecnico che aveva riportato la Juve a vincere.

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Conte, il no di Andrea Agnelli e il passaggio all'Inter

Una divisione che il tempo ha inasprito. Ed è successo proprio quando Conte sarebbe potuto, e voluto, tornare, nel 2019, dopo che la Juventus aveva preso la decisione di separarsi da Allegri: Paratici e Nedved pensavano a lui, Andrea Agnelli disse no. La Juventus scelse Maurizio Sarri e Conte accettò l’offerta di Beppe Marotta e dell’Inter, ipotesi che peraltro onestamente non aveva mai escluso in tempi non sospetti: "Se allenerei l’Inter o il Milan? Certo, sono un professionista", aveva detto nel 2012. All’epoca i tifosi non ci avevano fatto caso, ma quando successe davvero furono in molti a gridare al tradimento. E ad esultare con particolare soddisfazione per le due vittorie della Juve di Sarri, campione d’Italia, sull’Inter del grande ex. Nulla, però, in confronto a quanto accadde la stagione successiva: quando la Juve passata in mano a Pirlo infine cedette, strappando il quarto posto solo all’ultima giornata, e ad approfittarne fu proprio l’Inter di Conte.

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Conte e il battibecco con Andrea Agnelli

Fu però il doppio confronto in semifinale di Coppa Italia, vinto dalla Juve poi campione, ad alzare al massimo la temperatura del rancore tra Conte, la società e parte della tifoseria: con il tecnico che all’intervallo della sfida di ritorno rientrò negli spogliatoi dello Stadium mostrando il dito medio ad Andrea Agnelli, a propria volta tutt’altro che tenero dalla tribuna d’onore. Agnelli che però si mostrò sordo alla petizione di parte della tifoseria che chiedeva di revocare l’intitolazione a Conte di una delle stelle dello Stadium, dedicate ai campioni della storia bianconera. Una storia di cui Conte fa parte, come ha detto ieri lui e come la società ha riconosciuto anche un anno fa, quando lo ha convocato al PalaAlpitour per la partita celebrativa dei 100 anni di presidenza degli Agnelli. Quella sera, maglia della Juve addosso, Conte fu accolto da un boato. Quest’estate, quando alla presentazione del Napoli è partito il coro “Chi non salta è juventino”, i piedi ben piantati a terra e le parole perentorie - "Sono un professionista, darò tutto ma non chiedetemi cose che non farò mai" - hanno ammorbidito ancora il cuore dei nostalgici. Non quello di chi non ha perdonato a Conte certe scelte e certi atteggiamenti. Ci proverà Thiago Motta a riunirli, in una festa bianconera.

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Conte, il no di Andrea Agnelli e il passaggio all'Inter

Una divisione che il tempo ha inasprito. Ed è successo proprio quando Conte sarebbe potuto, e voluto, tornare, nel 2019, dopo che la Juventus aveva preso la decisione di separarsi da Allegri: Paratici e Nedved pensavano a lui, Andrea Agnelli disse no. La Juventus scelse Maurizio Sarri e Conte accettò l’offerta di Beppe Marotta e dell’Inter, ipotesi che peraltro onestamente non aveva mai escluso in tempi non sospetti: "Se allenerei l’Inter o il Milan? Certo, sono un professionista", aveva detto nel 2012. All’epoca i tifosi non ci avevano fatto caso, ma quando successe davvero furono in molti a gridare al tradimento. E ad esultare con particolare soddisfazione per le due vittorie della Juve di Sarri, campione d’Italia, sull’Inter del grande ex. Nulla, però, in confronto a quanto accadde la stagione successiva: quando la Juve passata in mano a Pirlo infine cedette, strappando il quarto posto solo all’ultima giornata, e ad approfittarne fu proprio l’Inter di Conte.

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