Sul gradino più alto del podio c’è indubbiamente Sami Khedira: uno che in bianconero ha vinto 5 scudetti, 3 Coppe Italia e 2 Supercoppe italiane ha tutto il diritto di guidare la truppa dei tedeschi che hanno indossato la maglia della Juventus. Non molti, in verità, e non tutti fortunatissimi e neppure troppo solidi, a dispetto della tradizione che si tramanda circa l’affidabilità fisica dei calciatori teutonici. Sami si sapeva gestire, aveva tempi e letture da professore e non furori da arruffapopolo (per questo rubava poco l’occhio, ma garantiva sostanza). Arrivava dal Real Madrid e per il gioco di Allegri rappresentava l’equilibratore perfetto, l’elemento in grado di dettare i tempi, di garantire gli inserimenti e di farsi sempre trovare al posto giusto nel momento giusto per dare un appoggio ai compagni.
La Juve vincente di Jurgen Kohler
Al secondo posto c’è Jürgen Kohler, uno degli idoli indiscussi dei tifosi bianconeri per il suo temperamento e la sua affidabilità al centro della difesa. Un sentimento ricambiato: «Sono tedesco – ho giocato per grandi squadre in Germania – ma il mio cuore sarà sempre bianconero». Uno scambio di amorosi sensi favorito anche dal fatto che Kohler fece parte di una Juventus vincente: dal 1991 al 1995 ha firmato una Coppa Uefa nel 1993, un “double” italiano sotto la guida di Lippi nel 1993... Poi, certo, ha contribuito a imprimere ai tifosi bianconeri una cocente delusione poiché faceva parte del Borussia Dortmund che nel 1997 sconfisse proprio la Juventus in finale di Champions. Di quella squadra faceva parte anche Stefan Reuter (e, come vedremo, Möller completava il terzetto dei “vendicatori”) che era arrivato alla Juventus nello stesso anno di Kohler ma che non ebbe altrettante fortuna: un solo anno, spezzettato da infortuni e per nulla a suo agio (lui che nasceva come terzino destro) nel ruolo di centrocampista di contenimento che gli aveva cucito Trapattoni. Tanto è vero che condì il suo addio con frasi polemiche: «In Germania ero più libero di attaccare. Qui in Italia devo concentrarmi maggiormente sul marcare i miei avversari».