TORINO - La Juventus si mangia le mani e anche il fegato perché dopo aver dominato la partita in lungo e in largo si trova la miseria di un punto in tasca per un rigore nel finale che gela il sangue dello Stadium esaurito e fa riflettere su tutto ciò che i bianconeri nei minuti prima avevano creato. Che la squadra giochi bene è fuori di dubbio ma resta la solita vecchia regola: se non segni è tutto o quasi inutile.
Juve, il possesso non segna
Una squadra, questa Juve, dove il concetto principale è il possesso palla che alla fine del primo tempo con il Cagliari si traduce in un numero clamoroso: 80% e a fine partita sarà il 76%! Chiaro che con queste cifre è ben difficile per gli avversari segnare e si spiega anche così il fatto che davanti al portiere ci sia una sorta di grande muraglia cinese a prevenire qualsiasi tipo di problema. Dopo l’eroica vittoria di Lipsia in doppia rimonta e dieci contro undici, il tecnico lascia a riposo McKennie, Fagioli e Yildiz per dare spazio a Thuram, Locatelli e Mbangula. Un 4-2-3-1 a specchio contro i sardi di Nicola che hanno in teoria in Viola e Makoumbou gli uomini in grado di regalare il salto di qualità ma per farlo serve avere la palla tra i piedi che, come detto, non c’è quasi mai.