La clamorosa inversione a U della Juve: flop Danilo e la verità Gatti-Motta

Dopo il ko di Bremer il muro difensivo non c’è più: con Gleison in campo un solo gol preso in 7 partite
La clamorosa inversione a U della Juve: flop Danilo e la verità Gatti-Motta

TORINO - Il fluidismo di Thiago Motta, a livello di gioco e interpretazione dello stesso da parte dei giocatori, si sposa con il fluidismo delle attitudini della squadra. Non si fa in tempo ad abituarsi a un concetto che la Juventus si trasforma, muta e lo manda in pensione. Squadra che ha nel possesso palla il proprio gene, e poi con lo Stoccarda, squadra che lascia spazio, non riesce mai ad avere la bacchetta del gioco in mano. Squadra equilibrata capace di gestire i momenti, e poi ecco i fuochi d’artificio del Meazza con rimonte attive e passive sino al 4-4 finale dopo aver rischiato il tracollo e nel finale la supervittoria. Non si tratta di scelte o necessità, ma di situazioni subite. È il caso, ad esempio, della difesa: passata da granitica a bucabilissima. Lo dicono i dati che non mentono, ma vanno interpretati. E in questo caso la lettura è molto facile: roba da livello scuole elementari.

Juve, come cambia la difesa senza Bremer: i numeri

Sino alla partita di Lipsia, che per Gleison Bremer è durata appena 4 minuti, la Juventus aveva incassato un gol nelle sette sfide disputate. Il problema è che a Lipsia il brasiliano mette male il piede correndo dopo una spallata di Openda e vede la stagione finire per la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio. Da quel momento la narrazione della difesa bianconera ha subito una clamorosa inversione a u. Con Bremer in campo la Juventus aveva subito appena una rete in sette partite (a tempo scaduto con il Psv nella vittoria per 3-1 dopo una disattenzione veniale di Danilo), senza Bremer ecco invece i portieri costretti a incassare otto reti in cinque match. Una variazione statistica che non può essere certo un caso, ma è invece la cartina di tornasole di quanto fosse centrale e fondamentale la presenza dell’ex difensore granata.

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Il pessimo momento di Danilo

In realtà, a questa sua assenza forzata si è poi aggiunta la condizione non positiva di Danilo che sta faticando a tornare quello che aveva abituato il popolo juventino a esaltarsi per la sua puntualità nelle chiusure, spesso grazie al gioco d’anticipo. Rientrato dalla Coppa America con una forma non adeguata o perlomeno non ritenuta in linea con il resto della rosa da parte dello staff tecnico che lavora a fianco di Thiago, Danilo ha poi gradualmente ripreso minuti ma con questi sono arrivati una serie di disattenzioni ed errori. Dal rigore provocato in Champions contro lo Stoccarda, poi parato da Perin, a quello di San Siro che ha permesso all’Inter di passare in vantaggio per la sua entrata in netto ritardo su Thuram: per cui calcio alla sua gamba invece che al pallone. Il problema è che anche durante il match il difensore brasiliano in fase di marcatura ha più volte regalato l’impressione di non essere così a fuoco. Certo, Thuram e Lautaro non erano clienti facili ma in passato avrebbe saputo opporsi in maniera decisamente più efficace.

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Gatti e Motta, cosa succede?

Quando nell’ultimo quarto d’ora è entrato Gatti al suo posto il divario di prestanza fisica è stato evidente. Se ne sono accorti tutti in tribuna così come gli stessi attaccanti nerazzurri. Gatti nelle ultime settimane ha dovuto combattere anche con un problema alla caviglia per una distorsione che gli ha impedito di dare la propria disponibilità alla convocazione di Spalletti. Rumors parlano anche di qualche incomprensione in allenamento con il tecnico italobrasiliano ma è sempre più importante il domani rispetto al passato. Allo stato attuale Gatti è meglio di Danilo per cui per la sfida di domani col Parma la scelta dovrebbe cadere sull’azzurro anche se è ritenuto da Motta meno abile nella costruzione del gioco.

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TORINO - Il fluidismo di Thiago Motta, a livello di gioco e interpretazione dello stesso da parte dei giocatori, si sposa con il fluidismo delle attitudini della squadra. Non si fa in tempo ad abituarsi a un concetto che la Juventus si trasforma, muta e lo manda in pensione. Squadra che ha nel possesso palla il proprio gene, e poi con lo Stoccarda, squadra che lascia spazio, non riesce mai ad avere la bacchetta del gioco in mano. Squadra equilibrata capace di gestire i momenti, e poi ecco i fuochi d’artificio del Meazza con rimonte attive e passive sino al 4-4 finale dopo aver rischiato il tracollo e nel finale la supervittoria. Non si tratta di scelte o necessità, ma di situazioni subite. È il caso, ad esempio, della difesa: passata da granitica a bucabilissima. Lo dicono i dati che non mentono, ma vanno interpretati. E in questo caso la lettura è molto facile: roba da livello scuole elementari.

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Sino alla partita di Lipsia, che per Gleison Bremer è durata appena 4 minuti, la Juventus aveva incassato un gol nelle sette sfide disputate. Il problema è che a Lipsia il brasiliano mette male il piede correndo dopo una spallata di Openda e vede la stagione finire per la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio. Da quel momento la narrazione della difesa bianconera ha subito una clamorosa inversione a u. Con Bremer in campo la Juventus aveva subito appena una rete in sette partite (a tempo scaduto con il Psv nella vittoria per 3-1 dopo una disattenzione veniale di Danilo), senza Bremer ecco invece i portieri costretti a incassare otto reti in cinque match. Una variazione statistica che non può essere certo un caso, ma è invece la cartina di tornasole di quanto fosse centrale e fondamentale la presenza dell’ex difensore granata.

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