Le maglie a strisce di Savage
Per approvare il bilancio, all’epoca, non serviva un’assemblea. Si svuotavano le tasche su un banco del D’Azeglio e quello era il fatturato. Magro, di solito, anche se non c’erano debiti. È per questo che all’inizio la Juventus fu rosa. La scelta non era stata cromatica, ma economica: "Qual è la stoffa che costa meno?", dissero i ragazzi fondatori al commesso della merceria, che piazzò loro un avanzo di magazzino che era lì da un po’: "Percalle rosa! Vi faccio un prezzo da amico". Ma il percalle è sottile e le maglie diventano presto sottili come carta velina. Sono passati quattro anni dalla fondazione, si è unito anche qualche inglese al gruppo di ragazzi, uno di loro, Tom Gordon Savage (trascritto a volte come John) si offre di acquistare le nuove maglie, direttamente dall’Inghilterra. Era il 1901 (e non il 1903 come spesso viene erroneamente riportato) e Savage scelse le maglie della sua squadra del cuore in Inghilterra, il Notts County, a strisce bianche e nere, segnando il destino di un club destinato a scrivere la storia più del vecchio Notts, che, all’epoca, aveva già quarant’anni. E unendo, indissolubilmente, le tifoserie dei due club, ancora oggi gemellate dopo oltre un secolo: potere della maglia.
Orsi, dribbling e gol a ritmo di tango
In 127 anni sono state tante le Juventus forti, qualcuna è stata leggendaria. Cicli si sono ripetuti e allacciati tra di loro come una collana. Ma la prima grande Juventus è quella del Quinquennio dal 1930 al 1935, una squadra pensata in modo moderno, mettendo insieme i migliori talenti dell'epoca, costruendola grazie agli osservatori sparsi in tutto il mondo, compreso il Sudamerica e allenata con metodi avveniristici (compresi gli allenamenti "a secco" in palestra). In quella Juventus c'erano Renato Cesarini e Mumo Orsi, due oriundi argentini che hanno cambiato il calcio. Abitudini sopra le righe, amanti del tango, soprattutto se ballato dalle due alle cinque del mattino, ma capaci di ballare anche in campo, anzi di far ballare gli avversari. Mumo Orsi, scriveva Carlin, cofondatore di Tuttosport, aveva "cambiato il modo di giocare a calcio". Era un'ala sinistra, piccola e agile, ma aveva una tecnica micidiale e piedi raffinati, per cui spesso partiva dalla fascia e si accentrava per tirare. Oggi è la cosa più normale del mondo, nel 1932 era qualcosa che sconvolgeva avversari e critici. Orsi, insieme agli eroi del Quinquennio, è stato uno dei primi fuoriclasse in bianconero, una collezione iniziata cento anni fa e non ancora finita.