Marco Tardelli non sapeva che ai calciatori della Germania Est fosse proibito scambiare la maglia con gli avversari “capitalisti”. Nel paranoico controllo che il regime di Honecker voleva avere su tutti i cittadini, si trattava di un gesto gravissimo. Quando, il 16 marzo 1977, l’arbitro inglese Burns fischiò la fine della partita tra Juventus e Magdeburgo, gara di ritorno dei quarti di finale della Coppa Uefa, il centrocampista bianconero si avvicinò a Jürgen Sparwasser e gli offrì la sua maglia. Non ebbe esitazioni, il centrocampista, nel consegnargli la sua, pur sapendo che avrebbe pagato una pesante multa. «Mi è venuto spontaneo farlo - ricorda Tardelli, che sabato a Roma incontrerà Sparwasser dopo quarantasette anni - perché era il giocatore più forte di quella squadra. Certo non immaginavo che quel gesto avrebbre avuto delle conseguenze per lui!».
La maglia numero 14 di Sparwasser è conservata nella casa di Cernobbio, così come quella di Tardelli è appesa alla parete nel salotto di Bad Vilbel, il sobborgo di Francoforte dove vive l’ex campione tedesco. La Juve vinse 1-0, dopo che già all’andata si era imposta 3-1 all’Ernst-Grube-Stadion: in quell’occasione fu proprio Sparwasser a segnare l’inutile rete del Magdeburgo. Nelle semifinali la squadra di Trapattoni eliminò l’Aek Atene (anche qui con due vittorie: 4-1 a Torino e 1-0 in Grecia), per poi giocarsi il trofeo con l’Athletic Bilbao nella doppia finale. L’andata, al Comunale, fu decisa proprio da Tardelli: «Con un colpo di testa-spalla...». Nel ritorno al San Mamés i baschi vinsero 2-1: il gol di Bettega, che all’epoca valeva doppio essendo stato segnato in trasferta, permise alla Juve di conquistare la prima Coppa europea della sua storia. «Eravamo una bella squadra, consapevole di poter puntare a tutti gli obiettivi. In campionato ci fu il famoso testa a testa con il Toro: 51 punti noi, 50 loro, alla fine. E in Europa sapevamo che avrebbe potuto essere l’anno buono: così fu».
Sparwasser oggi
Torniamo a Sparwasser. Era uno dei più forti centrocampisti dell’epoca, una mezzala dalle spiccate doti offensive: un trequartista, lo potremmo definire oggi. Ci sarebbe spazio per lui nel calcio contemporaneo? Tardelli non ha il minimo dubbio: «Certo che sì. Non è mai un problema trovare posto a un campione, a prescindere dal periodo in cui ha giocato. E poi, diciamolo: io non vedo fuoriclasse in questo momento, di sicuro non nel nostro campionato. Adesso si insiste molto sul fatto che ci sono troppe partite, che i calendari sono intasati, ma ci si dimentica che negli anni Settanta le squadre avevano 15 calciatori più 3 riserve e che i club di alto livello disputavano campionato, Coppa Italia - con molte più gare rispetto a oggi - e Coppe europee. E naturalmente c’era anche lo spazio per gli impegni delle nazionali. Insomma, le cose non erano poi così differenti. Semmai, è il valore di chi va in campo a essere diverso, mettiamola così».