Intervistato a Radio Tv Serie A, l'ex Juventus Emanuele Giaccherini ha raccontato la sua carriera, dal Forlì, ai bianconeri (con i quali vinse due scudetti) fino alla Nazionale. Sugli inizi e la mentalità: "Quando sono tornato dal Pavia al Cesena ero fuori rosa. Dopo quattro anni di C2 ho capito che non faceva per me questa carriera. Ero fuori rosa a Cesena. In un'amichevole Bisoli mi vide 20 minuti e da lì sono esploso. Abbiamo vinto due campionati e ci siamo salvati in Serie A. Ho pensato, visto che sono perito meccanico, di trovarmi un lavoro e giocare in Eccellenza vicino a casa. I miei genitori, il mio procuratore e i miei amici mi hanno convinto a non mollare. Ci hanno creduto più loro di me - aggiunge - Ho accettato sempre i no, le porte in faccia. Questo mi ha permesso di arrivare lontano. La mia carriera è simile a quella di Grosso, di Toni. Lavorare, lavorare e lavorare per scalare le categorie. Mi sono costruito tutto sul campo. Oggi ci sono meno giocatori di questo tipo rispetto a 15-20 anni fa".
Sogno ed idoli
"A sei anni mi portavo il pallone anche a letto. Volevo diventare calciatore fin da subito. A mio padre piaceva il calcio ma non era assillante. Nessuna pressione. Sognavo la nazionale, la Serie A. Il mio idolo era Ronaldo il fenomeno. Lui e Del Piero erano i miei punti di riferimento. Con Alex ho avuto la fortuna anche di giocarci".
Su Sinner
"Penso al talento, alla costanza, al lavoro, alla dedizione. Grazie alla sua testa, alla sua determinazione è arrivato sul tetto del mondo. Mia figlia Caterina sta leggendo il suo libro. Non manca un allenamento di tennis. Prima viene la scuola ma in questo sport ci mette tutto il suo carattere. Ha solo 11 anni, la strada è lunga e la priorità per lei deve essere studiare. Soffro ad assistere alle sue partite".