"Allegri voleva farmi fuori. Ci sono i video degli insulti": Bonucci shock

L'ex difensore della Juve tra racconti e retroscena della sua carriera: i dettagli del litigio con l'allora tecnico bianconero

Ne devi mangiare ancora di pastasciutta anche te!”. Luca Toni risponde: “Ma io non sono inglese, eh! Sono italiano, di pasta ne ho mangiata eccome”. Inizia così, con un simpatico siparietto davanti a un piatto di spaghetti al pomodoro, l’intervista condotta dall'ex centravanti campione del mondo con Leonardo Bonucci. L'ex difensore della Juve, oggi collaboratore di Bernardo Corrati nell'Italia U20, a Prime Video nella serie 'Fenomeni' racconta ogni più piccola sfaccettatura della sua carriera. Un racconto che avviene attraverso delle foto, che Bonucci deve ad alcune frasi scritte, in base al sentiment di quel momento, che sia esso positivo o negativo.

Bonucci e il momento più bello

Alla frase “Il cielo con un dito”, che rappresenta il momento più alto, Bonucci abbina la foto della vittoria dell’Europeo. Inizia quindi il racconto: “C’era qualcosa di magico in quella squadra, è una percezione che abbiamo avuto anche prima che cominciasse. Una mossa del mister che mi ha sorpreso tantissimo ma che si è rivelata vincente è stata quella di portarci in ritiro con le famiglie prima della partenza del torneo. Pur essendo con moglie, figli, tate, nonni, amici, noi compagni di squadra stavamo sempre insieme: lì si è creata la maglia. Quando siamo tornati da quel ritiro, parlando con mia moglie, mi disse ‘Non so dove arriverete, ma si è percepita un’energia diversa: vedremo..’. Quando si è percepito che quel cammino era possibile? Il percorso nel girone ci ha fatto prendere ancora più sicurezza ed autostima, ha amalgamato ulteriormente il gruppo. Gli screzi, le discussioni in 45 giorni vengono fuori, invece noi non abbiamo mai discusso. Sicuramente la vittoria autoritaria sul Belgio ha aumentato ancor di più l’autostima. Pensavamo partita per partita, pensando centimetro per centimetro”.

Un elemento fondamentale di quel percorso fu Gianluca Vialli: “Mister Mancini ha fatto un grande lavoro, ma Gianluca dal punto di vista emotivo, umano ci ha dato tantissimo. Quando vedi lui che la mattina va in palestra, corre, nonostante la situazione che tutti conoscevamo, è stato un insegnamento quotidiano”. Materazzi fu decisivo nella finale del Mondiale 2006, Bonucci in quella del 2021, i difensori si dimostrano sempre fondamentali: "Penso che ognuno nella propria squadra ha un ruolo definito. Nelle finali le squadre si chiudono, per gli attaccanti non è mai semplice. Ho vinto il premio di miglior giocatore della finale con l’Inghilterra, sono stato inserito nella top 11 dell’Europeo: è stata la consacrazione finale della mia carriera. Ho vissuto 40 giorni al top, anche se all’inizio non ero al massimo perché il nostro amico Andrea (Pirlo, ndr) non mi faceva giocare nelle ultime gare di campionato con la Juve, schierando De Ligt e Chiellini. E quindi sono arrivato all’Europeo con poco minutaggio, ma alla fine lo devo ringraziare perché sono arrivato fresco. È stata la vittoria più bella della mia carriera, perché c’è un’unione con tutti gli italiani, un momento di aggregazione diverso rispetto a quando vinci col club”.

Spazio invece alle grandi delusioni, come le due finali di Champions League perse: "Con il Barcellona siamo stati più vicini a vincerla, la partita si era messa bene sull'1-1. C'è stato il rigore non dato su Pogba e l'occasione con Tevez per andare in vantaggio e sul contropiede prendiamo il 2-1. Eravamo sicuri di poter vincere, ma quello era forse il Barcellona più forte della storia". Invece sul presunto litigio negli spogliatoi di Cardiff: "Lo ha detto anche Barzagli, non c'è niente di vero. Qualcuno ha riportato cose non vere, io ho solo detto a Dybala che avevamo bisogno di lui. Era stato ammonito dopo un quarto d'ora e aveva un po' di paura. Con lui ho un bellissimo rapporto. Nonostante la Champions sia una delusione, non la scambierei con un Europeo. La mia speranza è di vincere quella coppa da allenatore con la Juve".

Proprio sul nuovo capitolo da allenatore: "L'idea di intraprendere questo percorso è nata in me tra i 28-30 anni, avevo già preventivato di smettere a 37 per iniziare a fare tutti i corsi. Ho avuto la fortuna di avere tanti grandi allenatori nella mia carriera. Spero di portare con me le esperienze umane che ho vissuto con Conte e Mancini".

Sul suo nuovo percorso con l'Italia U20: "C'è il problema di non saper aspettare i giovani, bisogna dargli l'opportunità di giocare e sbagliare. I tre difensori su cui scommetterei? Leoni, Chiarodia e Mane. Tra i più esperti dico invece Buongiorno e Calafiori".

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I Mondiali con l'Italia

Seconda foto, quella relativa alle disfatte Mondiali, a cui Bonucci assegna la frase ‘Occasioni sfumate’: “Perché non siamo andati alle ultime due edizioni? Ci siamo complicati la vita da soli”. Bonucci ripercorre innanzitutto i due Mondiali a cui ha partecipato, quelli del 2010 e del 2014, in cui l’Italia uscì ai gironi: “Nel primo ero da poco entrato nel giro della Nazionale, ci andai da giovane e infatti non toccai campo per tutt’e tre le partite. Posso raccontare poco perché ero un giovane che stava vivendo un sogno. Ma secondo me c’erano i giocatori per poter fare di più. Nel 2014 fu tutto un disastro l’organizzazione del ritiro, dei viaggio: la gestione non è stata delle migliori. Eravamo in un resort con le famiglie, durante le competizioni serve stare sul pezzo: inevitabilmente gli affetti ti portano delle distrazioni che fatte fuori vanno benissimo, mentre in un ritiro dove ti stai giocando il Mondiale… Lì non andò male tanto per demeriti dei calciatori, quanto per delle scelte fatte dal ct”.

Poi sulle esclusioni nelle due edizioni successive: “Le ho vissute male, paradossalmente più quella del 2018 che quella del 2022. Con Ventura ho avuto un grande rapporto, gli devo la carriera. Al di là della partita singola con la Svezia a San Siro, ce la siamo persa quando il mister ha pensato di giocare a Madrid contro la Spagna col 4-2-4: impensabile. Erano successe cose durante la settimana: Barzagli si era fatto male, Chiellini non poteva giocare. Si è fatto prendere dal momento, e dopo aver preparato la partita col 3-5-2, siamo andati poi col 4-2-4: ci hanno fatto un fiocchetto e ci hanno rispediti a casa. Lì si è perso quanto avevamo costruito di buono con Conte: abbiamo fatto il massimo, senza riuscirci. Per quanto riguarda quello del 2022: ci hanno provato in tutti i mondi a farci andare al Mondiale (ride, ndr). Bastava segnare un rigore nelle due partite con la Svizzera. Un po’ fu colpa del vivere le partite di qualificazione ancora con la testa colma dell’entusiasmo per la vittoria dell’Europeo: non abbiamo resettato. Quando sei esperto riesci, ma nel gruppo c’erano calciatori per cui quell’Europeo era l’unico trofeo vinto carriera, per noi ‘vecchi’ è stato difficile far passare il messaggio e ci siamo trovati a casa senza neanche accorgercene. Più difficile Mondiale o Europeo? Il secondo, perché la qualità globale è più alta e perché tanti giocatori che giocano in Inghilterra, in Germania, in Olanda, in Italia, in Spagna bene o male coi calciatori ti conosci. Se al Mondiale prendi la Costa Rica loro ti conoscono meno e tu conosci meno loro. Poi se parliamo di fascino, ovviamente, la Coppa del Mondo resta di un altro livello”.

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L'esultanza iconica

La terza foto raffigura Bonucci con la sua canonica esultanza ‘Sciacquatevi la bocca’, che l’ex Juve abbina alla frase ‘Standing ovation’: “Nasce a casa, in una cena a Viterbo coi miei amici. Giocavo a Bari, era ancora sottotraccia il mio passaggio alla Juve. In quel momento gli rivelo che sarei andato con tutta probabilità a Torino. Ovviamente nel gruppo c’erano amici che tifavano un po’ tutte le squadre: Roma, Lazio, Juve, Milan, Inter. C’è chi inizia a dire ‘Ma cosa vai a fare alla Juve’, le solite chiacchiere da bar. Io sono sempre stato juventino, quindi arrivare lì per me era il massimo. A quel punto gli dico ‘Ok, visto che parlate tanto, dite che la Juve non vince e così via. Se io quest’anno faccio 5 gol, vi fate tutti i capelli rasati a 0 come i miei’. Un mio amico a quel punto mi dice ‘Ogni volta che segni, fai il gesto di sciacquarsi la bocca, sappiamo che è per noi e se ne fai 5 ci rasiamo’. Non è nata come un’esultanza polemica, poi col tempo ci è stato costruito sopra. Per il calciatore che sono stato io, per il modo con cui ho approcciato la Juve e difeso la Juve, è stato visto come un gesto polemico o offensivo”.

Ma qual è il gol che lo ha fatto più godere? “Tolto quello della finale Europeo, il 3-2 contro la Roma nel 2014: tiro al volo che si è infilato nell’angolino a fine partite, eravamo testa a testa con loro, e quel gol…. In quell’esultanza non ho sentito niente, sono andato sotto la Tribuna ad esultare, avevo tutta la squadra sopra e pensavo di essere da solo. Pentito dell’esultanza dopo un gol? No, mai. Era la mia esultanza, quando ho cominciato a farla incontravo i bambini che mi salutavano con la mia esultanza, questo per dire… Io l’ho sempre portata avanti perché sapevo che non era polemica. Se rifarei l’esultanza anche allo Stadium contro la Juve? Si, la rifarei perché in quel momento giocavo col Milan e una figura all’interno della Juve mi aveva trattato come non doveva. E quindi lì il riferimento era a quello. Io rispetto tutti quelli che non esultano, ognuno fa ciò che vuole, ma per me non esultare è una mancanza di rispetto nei confronti dei nuovi tifosi. Quando sono andato via ho ringraziato tutti alla Juve: tifosi, presidente, direttore ed ex compagni. Manca una persona (Allegri, il tecnico di quel momento, ndr)? Si, casualmente (ride, ndr). Quindi ho esultato perché vestivo la maglia del Milan ed era giusto per i tifosi”.

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Treviso, Bari, Ventura e il retroscena Gasp

La quarta immagine è uno sbarbato Bonucci agli inizi, negli anni del farsi le ossa a Treviso. Una foto che abbina alla scritta ‘Batoste’: “Le esperienze a Pisa e Bari non sono state batoste, quella a Treviso invece… Faccio il primo anno con Pillon: 28 partite appena uscito dalla primavera, mi tolgo le soddisfazioni. Torno all’Inter, Mourinho non mi vuole in ritiro quindi sto a casa fino al 6 agosto, e torno al Treviso. L’allenatore in quel periodo era Gotti, e io da settembre a gennaio, che poi sono andato a Pisa, avrò fatto 6-7 presenze. Ho visto più partite in tribuna che in campo. Se mi è servito? Si, per carità, ma è stata una batosta. A 19 anni passi dall’essere titolare al non giocare. Da lì poi ho iniziato il percorso con lo psicologo dello sport che sicuramente mi ha aiutato, ma accettare di andare in tribuna dopo un anno da titolare è stata dura. Lì mi diede una mano Giovanni Gardini, persona fantastica: mi ha aiutato, persona importante. Ha capito la situazione, non stava più nel Treviso ma mi ha supportato. Poi vado al Pisa dove incontro Ventura, che mi dice ‘Io non ti conoscevo neanche, il direttore Cinquini mi ha detto che potevi arrivare’. Arrivai di giovedì e il sabato giocai: da lì nacque questo bel rapporto con Ventura. Poi lo ritrovo al Bari, dove lui mi volle fortemente. Ti rivelo un anedotto: io ero finito al Genoa, ceduto dall’Inter, nell’affare Motta-Milito. Gasperini mi racconta sempre che si imbestialì con Capozucca che mi cedette a sua insaputa al Bari. Quell’anno tra Serie A e Coppa Italia feci 39 partite su 39, e poi andai alla Juve. Ventura e Conte? Qualcosina a livello tattico è simile, si sono un po’ studiati a vicenda. Però sono sincero, come Conte non c’è nessuno”.

Al Bari, insieme a Bonucci, esplose anche Ranocchia, compagno nel tandem difensivo: “Andrea è stato sfortunato, quello è sicuro. Nel momento in cui stavamo facendo bene a Bari si fece male al ginocchio, poi fece più fatica. Ragazzo d’oro, fantastico, ha fatto una buona carriera. Sembra che la mia di carriera sia sempre merito di quello che mi gioca accanto: alla Juve non ero nessuno senza Barzagli e Chiellini, al Bari era merito di Ranocchia. Questo per dire come venivo trattato da media e tifosi. Ho un po’ anticipato i tempi nel modo di intendere il ruolo, è vero. Non per essere presuntuoso, ma questa cosa me la riconosco: le cose che oggi fanno molti difensori nel vedere le giocate e nello smistare la palla io le facevo nel 2009/10. Le interviste di Guardiola parlano, mi avrebbe voluto allenare. Ero un centrocampista in difesa. Ma anche questo è stato visto come un aspetto negativo: quando ti prendi la responsabilità di fare determinate giocate puoi sbagliare. Magari ero meno difensore di altri, questo si, ma la fase difensiva la facevo: chiaramente, come tutti, può capitare di sbagliare in marcatura o nell’1 contro 1. Poi affianco avevo due compagni che sbagliavano poco”.

Sul primo anno alla Juve nel 2010: "C'erano grandi aspettative dopo Bari, avevano fatto un investimento importante per me e all'inizio è stato difficile. A fine anno stavo per andare allo Zenit di Spalletti, è stato il bivio della mia carriera. Tutti mi dicevano che non avrei giocato, ma io sapevo di poter dare di più. Quell'anno abbiamo poi vinto lo scudetto, è stato fantastico. L'arrivo di Pirlo ha cambiato un po' tutto, lo davano tutti per finito dopo il Milan. Lui ci dava grande tranquillità e sicurezza in campo. Gol di Muntari? Io ricordo quello annullato a Matri sul 2-1. Dal campo me ne sono accorto, poi oggi il Var ha eliminato tante polemiche e ha migliorato il calcio".

Dal primo si passa ai nove scudetti consecutivi: "Le partite le vincevamo nel tunnel. Le altre squadre avevano paura di noi, lo percepivamo. Nei singoli la Juve più forte è stata quella del 2018/19. In difesa c'ero io, Chiellini, De Ligt, Demiral e davanti Cristiano Ronaldo, Dybala, Higuain, Douglas Costa. La più completa era però quella del 2017 in cui siamo arrivati a Cardiff".

Proprio sul periodo di CR7 in bianconero: "Averlo alza sicuramente l'asticella. Nello spogliatoio si è presentato molto bene, è un bravo ragazzo. Sposta gli equilibri, ma sapevamo di non potergli chiedere nulla dal punto di vista difensivo. Con lui partivi 1-0 tutte le partite. Messi o Ronaldo? Io sono più per il talento, ma sono stati i due più forti. Dopo c'era Neymar che aveva tutto. Ronaldo smetterà dopo aver raggiunto i 1000 gol in carriera, lui lavora per battere tutti i record. Il più forte con cui ho giocato? In porta Buffon, in difesa Cannavaro, a centrocampo Pirlo e davanti Tevez per come trascinava la squadra, per me è un idolo. Gli voglio un bene dell'anima". 

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Buffon e la BBC

Quinta foto riguarda proprio la BBC, a cui Bonucci collega ancora la frase ‘Standing ovation’: “Ci siamo incontrati nel momento perfetto delle nostre carriere. Ci completavamo a vicenda, rubando a vicenda le migliori caratteristiche degli altri. Quando abbiamo cominciato a giocare nel 2012 insieme dovevamo ancora conoscerci. Il momento migliore fu nell’Europeo del 2016, con Conte: lì secondo me abbiamo raggiunto l’apice della nostra intesa. Potevamo giocare tutte le partite, eravamo sicuri che il nostro lo facevamo. Non avevamo paura di nessuno quanto eravamo noi 3 insieme, per di più con Gigi, il miglior portiere della storia del calcio, in porta. Anche lui ti dava una sicurezza disumana. L’umiltà e la grandezza di Gigi, al di là delle grandi cose che ha fatto, si vede anche in questo: dopo i 30 anni una leggenda della porta che si mette a migliorare un fondamentale come il gioco coi piedi, perché il calcia stava cambiando e aveva bisogno anche di quello, ti fa capire tanto”.

Josè Mourinho disse che la BBC andava studiata: “Lo disse dopo la sfida a Manchester, facemmo una grande partita a livello difensivo Mano a mano che vincevi le partite acquisivi sempre più sicurezza, se non ci arrivavi tu c’era il compagno: conoscevamo pregi e difetti gli uni degli altri. Ad esempio Barza era forte in aggressione e sapevo che dovevo coprirgli le spalle per una palla lunga, o Giorgio magari era in possesso e mi facevo vedere per fargliela scaricare e dargli una soluzione. Poi noi, frequentandoci anche fuori dal campo, ci conoscevamo bene. Io il primo difensore marcato a uomo? Si, è vero, e mi dava un fastidio incredibile: da una parte era motivo d’orgoglio, dall’altra non potevo giocare la mia partita, e dicevo a chi mi marcava ‘Ma vai a marcare Chiello’”.

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La Primavera dell'Inter e il 'non Scudetto' del 2006

Si ritorna alle foto, stavolta è la sesta, relativa all’inizio del sogno. Anche questa, come quella dell’Europeo, viene combinata alla frase ‘Il cielo con un dito’: “Alla Viterbese cominciai da centrocampista-mezzala, fino ai 15-16 anni. Poi un allenatore mi disse che avrei dovuto fare il difensore centrale per fare carriera, ma non volevo assolutamente. Dovetti accettare perché ero il capitano e dovevo essere da esempio. Dopo 8 partite da centrale mi chiamò l’Inter per un provino: finii la stagione alla Viterbese e poi passai con i nerazzurri. Arrivai in Beretti, poi due anni di Primavera, dove incrociai anche Balotelli e dove ho vinto la Coppa Italia Primavera, poi lo Scudetto Primavera. Esordii anche in prima squadra nel 2006”.

Proprio nel 2006, dopo Calciopoli, all’Inter fu assegnato lo Scudetto, che Bonucci però ammette di “Non sentire mio, non lo menziono mai. Non è uno Scudetto, ho giocato 3’ a Cagliari…”. Sull’incrocio nella Primavera dell’Inter con Balotelli: “Era un ragazzo esuberante, che dovevi un po’ tenere a freno, ed era difficile. In quel periodo ci siamo scontrati tanto, lui sa che l’ho fatto sempre per il suo bene, anche in Nazionale. Ha sprecato il talento che aveva per determinati comportamenti”.

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Il City, la Roma mancata e Mourinho

Settima immagine relativa alla sua ultimissima parte della carriera, collegata alla frase ‘Momenti dimenticabili’: “L’esperienza a Berlino non è stata molto bella. Di testa c’ero, scegliere di andare all’Union era un po’ una rivalsa: c’era anche un girone di Champions tosto con Napoli, Braga e Real Madrid, e tra le cause del mio allontanamento alla Juve c’era anche che non ero più performante. Invece ho giocato contro Braga, Real e Napoli facendo le mie prestazioni, riconosciute anche dai media. Volevo dimostrare di essere ancora un giocatore: quello mi ha permesso di chiudere in serenità la carriera. Ma se penso all’aspetto emotivo di ciò che ho vissuto, soprattutto a Berlino… Lontano dalla famiglia, lontano dagli amici, dalla quotidianità… Se è vero che la Roma mi voleva? Si, è vero. Mi chiamò Mourinho più di una volta, mi aveva detto di allenarmi bene perché il 3 gennaio i giallorossi avrebbero giocato con la Cremonese e voleva farmi subito scendere in campo. L’accordo era stato trovato il 23 dicembre, per 3 giorni rimase tutto fermo causa feste, e così a Roma l’argomento di discussione era diventato Bonucci. Alcuni tifosi l’hanno gonfiata, e lui che credeva di avere il rinnovo da parte del club ha preso la palla al balzo e quindi, senza neanche chiamarmi dopo, ha preferito andare altrove. Un po’ sono rimasto male, sono onesto: tra uomini ci si parla. L’ho poi rivisto a Istanbul, e gli ho detto ‘Grazie che non mi hai preso alla Roma perché sono venuto al Fenerbahce, ho conosciuto una bella città e delle belle persone”.

Ma a Bonucci sarebbe piaciuta un’esperienza all’estero negli anni addietro, magari in una big? “Si, perché mi avrebbe arricchito sia come giocatore che come persona, fa crescere, ti cambia prospettiva. Vedi il calcio in modo diverso, c’è stata l’opportunità col City nel 2016. Con Guardiola ci siamo sentiti, lui ha detto diverse volte che sarei stato perfetto con lui. Fui vicino ad andare a Manchester nel 2016, e anche nel 2017 quando poi sono andato al Milan. Ma andarci vicino conta solo a bocce (ride, ndr). Perché non andai? Nel 2016 la Juve, nelle parole del direttore Marotta, disse che non mi avrebbe venduto neanche per 100 milioni. L’offerta fatta in quell’occasione non era di 100 ma ci eravamo vicini. Il direttore e il presidente Agnelli furono coerenti con quanto mi avevano detto. L’anno dopo vivevo questo momento di rabbia interiore, non volevo aspettare per andare via, mentre il City doveva prendere prima Otamendi e Mangala. Dissi che non avrei aspettato, avendo l’opportunità del Milan oltre a quella del Psg”.

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Il Milan e l'esultanza contro la Juve

Nella categoria ‘Chicche’ viene messa la foto di Bonucci che esulta con la maglia del Milan: “L’idea di andare al Milan nasce a fine giugno. Mi chiama il mio procuratore dicendomi della possibilità, avevano già fatto dei buoni acquisti e volevano anche me. Alla Juve dopo la finale di Cardiff soprattutto si era rotto qualcosa: parlo con la Juve, siamo d’accordo che le strade si devono separare e il mio agente inizia a guardarsi attorno. Psg, City, Real e poi spunta il Milan: Montella, l’allenatore, aveva il mio stesso procuratore. Potevo essere il simbolo della loro rinascita, con tanto di fascia di capitano. La frase ‘sposto gli equilibri’? Va aperta una parentesi: non era una roba mia, anche se ho preso gli insulti. Il mio addetto stampa, su una slide della presentazione, pensò di mettere questa frase che per lui era carina. Al di là di questo, racchiudeva un po’ la scelta, aiutare il Milan a tornare vincente. Quale occasione migliore per me? Andavo in una grandiosa società in cerca di rinascita. Guardavo solo a ciò che mi poteva far star bene".

Ma qualcosa non è andato: "Cambio allenatore, tanti giocatori nuovi… Arrivò Gattuso, lì fu per me importante sia come tecnico che come persona. Se mi son mai pentito di aver salutato la Juve? In quel momento fai delle scelte in base alle condizioni che stai vivendo, se non fossi stato in quella situazione non avrei mai lasciato la Juve, ma non c’erano le condizioni per restare insieme. Anche perché un anno prima non mi volevano vendere per meni di 100 milioni, mentre 12 mesi più tardi mi hanno ceduto per 42 milioni complessivi, ovvero 32 milioni più De Sciglio. A 30 anni, dopo quanto avevo fatto, mi aveva venduto per 30 milioni… Non è che mi volevano tenere a tutti i costi…”

Invece sul ritorno nella stagione successiva: "La squadra mi ha accolto bene, c'era sempre un bel rapporto. Ho fatto più fatica solo con i sudamericani che hanno un concetto di spogliatoio e di famiglia molto radicato. Gli ho dovuto spiegare per bene la cosa, ma la parte più difficile è stata quella con i tifosi. L'idea di tornare? Leonardo mi chiamò e mi disse che con il mio contratto non potevo rimanere e io risposi che mi sarei trasferito solo al Real Madrid o alla Juventus. Era una grande sfida riconquistare i tifosi e vincere ancora, io vivo di questo. Chiellini è stato il primo a chiamarmi".

Bonucci ha poi risposto a delle parole di Szczesny che aveva rivelato di indossare sempre le cuffie per la musica durante i suoi discorsi in spogliatoio: "Ci sono rimasto male perché non è la verità. Per me cose di questo genere dovrebbero sempre rimanere nello spogliatoio. Io parlavo per il bene della squadra, chi aveva le cuffie era al bagno a fare altre cose che sappiamo, a me non piace sparlare dei compagni. Forse quando Szczesny ha detto quelle cose era un po' confuso, aveva appena lasciato il calcio per poi andar al Barcellona. Noi eravamo anche seduti vicino nello spogliatoio e parlavamo tant anche di cose extra calcio. Sono rimasto molto sorpreso dalla cag**a che ha detto. Io non parlavo tutte le partite, non avrebbe senso".

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Il litigio con Allegri

Nona foto in cui ci sono Allegri e Bonucci, con quest’ultimo che la fa rientrare nella categoria ‘Occasioni sfumate’: “Per quello che ero io per la Juve, per quello che ha fatto lui nei primi 5 anni, è stata un’occasione sfumata il fatto di non aver condiviso tutto il percorso. Pur essendo andato via un anno, nel suo primo quinquennio son quello che ha giocato di più”. Poi spiega cosa ha incrinato il rapporto: “Uno dei suoi collaboratori venne da me e mi disse ‘Sai, quando siamo arrivati alla Juve il nostro pensiero era quello di farti fuori perché quando giocavamo contro di te preparavamo la partita su di te perché magari facevi la cag**a'. Queste cose si dicono sotto forma di battuta, però evidentemente l’aveva pensata. Diciamo che al di là di questo episodio la partenza è stata anche abbastanza buona: eravamo reduci da 3 anni di Conte, eravamo anche un po’ provati dai metodi. Lui secondo me era l’allenatore giusto in quel momento perché era un grande gestore. Però poi c’è il campo: eravamo abituati a dominare le partite, a giocare palla, ad avere delle idee, quando queste cose non sono più chiare diventa complicato. Avendo una squadra di grandi giocatori diceva ‘Giochiamo così’, però alla fine eri tu calciatore a dover trovare la giocata. Se si rompe tutto con l’episodio dello sgabello? No, è una cagata perché ero nella lounge a vedere la partita, l’ho preso io e mi son seduto lì perché la partita era un po’ noiosa, 0-0… Lì ho fatto la frittata". L’episodio scatenante è un altro: "La giornata di campionato prima dello sgabello è col Palermo: Marchisio rientra dal crociato, dopo 3 giorni avremmo giocato col Porto in Champions. Dicevamo a Marchisio, che era morto, di farsi cambiare. Io faccio segno ad Allegri di sostituirlo, perché non ce la faceva più. Dopo 5’ però cambia Sturaro con Rincon, e lascia Claudio dentro. Io gli faccio segno di cambiare l'8, ci sono anche i video, perché Claudio non ne aveva più, e lui con la mano mi manda a fanc***o, a dire ‘Stai zitto, pensa a fare il giocatore’. Il tutto mentre era in panchina. Mi disse anche 'Sei un cogl**ne' o una roba del genere, c'erano anche i video di questa scena. E lì non ci ho visto più. Tra l'altro prendemmo gol dal Palermo, e Gigi scappò subito nello spogliatoio a fine gara perché non voleva subire reti, entrò senza salutare i tifosi. Allora io saluto solo una curva, e vedendo che scappava dentro corsi pure io negli spogliatoi: mi compare davanti Landucci, il secondo di Allegri, lo sposto con il braccio e sbatte vicino la porta. Entro dentro, e lì ci siamo attaccati: arrivarono Nedved, Paratici, anche Lichtsteiner a separarci. Quando ci eravamo 'raffreddati', sono andato da lui a dirgli che non aveva capito nulla di ciò che gli avevo detto in campo. E lui si è riscaldato di nuovo, è ripartito col suo veleno che c'aveva, è arrivato Paratici e mi ha tirato fuori. Da quel momento in poi è finita". Un racconto che non sembra però essere così preciso, visto che in quel Juve-Palermo fu proprio Marchisio ad essere sostituito al 75' da Rincon.

E ancora: "Lui ha cominciato a dire che dovevo andare fuori rosa, che se non andavo fuori rosa non allenava più. Lì ci fu la mediazione di Paratici, Marotta, Nedved, Chiello, Barza, Gigi. Ho saltato la gara col Porto, dove mi mandò in tribuna, e ricominciai a giocare. Ma lì si era tutto rotto. Nel tentativo di mediazione, quando mi dissero di accettare, mi raccontarono che Allegri era in scadenza, che bisogna vedere come andavano le cose e che io per loro ero importante. Prima della finale di Cardiff però rinnovano il contratto di Allegri, che per carità ci sta. Però dopo la partita esce fuori che io avevo fatto casino dentro lo spogliatoio. Chiamo il direttore, e dico che sono un patrimonio della società, che sono alla Juve da tanti anni, chiedendogli se non era arrivato il momento di smentire quelle voci visto che non era successo nulla. La risposta fu 'Non dobbiamo dire niente', e lì... Se rifarei quel gesto di chiedere il cambio di Marchisio? Si, non ho fatto nulla di male, perché volevo aiutare la squadra e anche lui. Poi, se tu mi insulti in quella maniera... Tra l'altro io entrai nello spogliatoio per parlarci ed ero tranquillo, è lui che aveva ancora livore. Se ne ho parlato con Marchisio? Certo, gli ho detto 'li mort**ci tua che non volevi usicre (ride, ndr). Ora ci ridiamo, ma questo è quello che è successo. Lo sgabello non c'entra nulla. Un altro episodio un po' così fu il fatto che quella gara col Palermo feci la mia 300esima partita con la Juve: in quei casi ti danno una targa commemorativa e mettono la maglia nel museo. Sai quando ho messo la mia maglietta nel museo? Quando sono tornato dal Milan... Quindi tutte queste cose insieme le ho vissute come mancanze di rispetto".

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Ne devi mangiare ancora di pastasciutta anche te!”. Luca Toni risponde: “Ma io non sono inglese, eh! Sono italiano, di pasta ne ho mangiata eccome”. Inizia così, con un simpatico siparietto davanti a un piatto di spaghetti al pomodoro, l’intervista condotta dall'ex centravanti campione del mondo con Leonardo Bonucci. L'ex difensore della Juve, oggi collaboratore di Bernardo Corrati nell'Italia U20, a Prime Video nella serie 'Fenomeni' racconta ogni più piccola sfaccettatura della sua carriera. Un racconto che avviene attraverso delle foto, che Bonucci deve ad alcune frasi scritte, in base al sentiment di quel momento, che sia esso positivo o negativo.

Bonucci e il momento più bello

Alla frase “Il cielo con un dito”, che rappresenta il momento più alto, Bonucci abbina la foto della vittoria dell’Europeo. Inizia quindi il racconto: “C’era qualcosa di magico in quella squadra, è una percezione che abbiamo avuto anche prima che cominciasse. Una mossa del mister che mi ha sorpreso tantissimo ma che si è rivelata vincente è stata quella di portarci in ritiro con le famiglie prima della partenza del torneo. Pur essendo con moglie, figli, tate, nonni, amici, noi compagni di squadra stavamo sempre insieme: lì si è creata la maglia. Quando siamo tornati da quel ritiro, parlando con mia moglie, mi disse ‘Non so dove arriverete, ma si è percepita un’energia diversa: vedremo..’. Quando si è percepito che quel cammino era possibile? Il percorso nel girone ci ha fatto prendere ancora più sicurezza ed autostima, ha amalgamato ulteriormente il gruppo. Gli screzi, le discussioni in 45 giorni vengono fuori, invece noi non abbiamo mai discusso. Sicuramente la vittoria autoritaria sul Belgio ha aumentato ancor di più l’autostima. Pensavamo partita per partita, pensando centimetro per centimetro”.

Un elemento fondamentale di quel percorso fu Gianluca Vialli: “Mister Mancini ha fatto un grande lavoro, ma Gianluca dal punto di vista emotivo, umano ci ha dato tantissimo. Quando vedi lui che la mattina va in palestra, corre, nonostante la situazione che tutti conoscevamo, è stato un insegnamento quotidiano”. Materazzi fu decisivo nella finale del Mondiale 2006, Bonucci in quella del 2021, i difensori si dimostrano sempre fondamentali: "Penso che ognuno nella propria squadra ha un ruolo definito. Nelle finali le squadre si chiudono, per gli attaccanti non è mai semplice. Ho vinto il premio di miglior giocatore della finale con l’Inghilterra, sono stato inserito nella top 11 dell’Europeo: è stata la consacrazione finale della mia carriera. Ho vissuto 40 giorni al top, anche se all’inizio non ero al massimo perché il nostro amico Andrea (Pirlo, ndr) non mi faceva giocare nelle ultime gare di campionato con la Juve, schierando De Ligt e Chiellini. E quindi sono arrivato all’Europeo con poco minutaggio, ma alla fine lo devo ringraziare perché sono arrivato fresco. È stata la vittoria più bella della mia carriera, perché c’è un’unione con tutti gli italiani, un momento di aggregazione diverso rispetto a quando vinci col club”.

Spazio invece alle grandi delusioni, come le due finali di Champions League perse: "Con il Barcellona siamo stati più vicini a vincerla, la partita si era messa bene sull'1-1. C'è stato il rigore non dato su Pogba e l'occasione con Tevez per andare in vantaggio e sul contropiede prendiamo il 2-1. Eravamo sicuri di poter vincere, ma quello era forse il Barcellona più forte della storia". Invece sul presunto litigio negli spogliatoi di Cardiff: "Lo ha detto anche Barzagli, non c'è niente di vero. Qualcuno ha riportato cose non vere, io ho solo detto a Dybala che avevamo bisogno di lui. Era stato ammonito dopo un quarto d'ora e aveva un po' di paura. Con lui ho un bellissimo rapporto. Nonostante la Champions sia una delusione, non la scambierei con un Europeo. La mia speranza è di vincere quella coppa da allenatore con la Juve".

Proprio sul nuovo capitolo da allenatore: "L'idea di intraprendere questo percorso è nata in me tra i 28-30 anni, avevo già preventivato di smettere a 37 per iniziare a fare tutti i corsi. Ho avuto la fortuna di avere tanti grandi allenatori nella mia carriera. Spero di portare con me le esperienze umane che ho vissuto con Conte e Mancini".

Sul suo nuovo percorso con l'Italia U20: "C'è il problema di non saper aspettare i giovani, bisogna dargli l'opportunità di giocare e sbagliare. I tre difensori su cui scommetterei? Leoni, Chiarodia e Mane. Tra i più esperti dico invece Buongiorno e Calafiori".

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