L'anomalia chiave per Motta: Juve, contro il Venezia non fare il City

Dopo il successo contro la formazione di Guardiola il rischio è dietro l'angolo: i dati sul possesso e i rientri fondamentali per Thiago

Battuto il Manchester City, ora l’importante è non fare il... Manchester City. Il City delle ultime 10 partite, sia chiaro, perché in senso più ampio... magari. Allo Stadium, però, come nel recente periodo di crisi, la squadra di Guardiola ha sequestrato il pallone senza riuscire a sfruttarlo per creare pericoli, se non nelle due occasioni in cui ha trovato un super Di Gregorio, esponendosi ai due contropiedi letali della Juve. Una parte che, fatta salva la sconfitta, la squadra bianconera ha già recitato troppe volte: dominio del possesso palla, ma senza riuscire a trovare varchi nelle difese avversarie compatte e finendo col doversi accontentare di un pareggio. Di 11 pareggi, per la precisione. Una parte in cui Thiago Motta e i giocatori devono assolutamente evitare di rientrare domani contro il Venezia, partita in cui il rischio di rivedere il copione di mercoledì, ma con la Juve nel ruolo del City, è invece da non sottovalutare sia per ragioni psicologiche sia per ragioni tattiche.

Juve, occhio al pericolo

Da un punto di vista mentale il pericolo è un calo della tensione tenuta altissima nei 90 minuti contro la squadra di Guardiola, favorito dall’appagamento per aver battuto una delle formazioni più forti del mondo, per quanto in piena crisi. Ma è un rischio che, se non per quanto riguarda il deficit di energie nervose, non dovrebbe sussistere: la Juve arrivava da troppe delusioni perché un successo, per quanto bello e prestigioso, possa spegnere quella rabbia che i giocatori avevano incanalato assieme dopo il 2-2 col Bologna e poi sprigionato in campo mercoledì.

Più insidioso il rischio tattico: perché il Venezia, 15° in Serie A per possesso palla con una media del 45,6%, aspetterà la Juve compatto, lasciandole il controllo del pallone ma cercando di chiuderle ogni spazio per poi puntare a colpire in ripartenza. La Juve invece dovrà fare la partita che vuole fare, per cui lavora dal primo giorno di ritiro, ma che ancora non le riesce troppo bene, o almeno non sempre.

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Juve, i dati sul possesso

Questione di fisiologici tempi di adattamento a un modo diverso di giocare rispetto a quello a cui era abituata e colpa dell’impossibilità di schierare o di sfruttare al meglio, tra infortuni e ritardi di condizione, i giocatori presi in estate proprio per rendere efficace il nuovo progetto: Douglas Luiz, Nico Gonzalez (che tornerà a disposizione domani come lo stesso Cambiaso) e Koopmeiners (e lo stesso Conceiçao ha iniziato il campionato infortunato). Fatto sta che, escludendo dal conteggio il successo sulla Lazio, in cui il dato sul possesso palla (69%) è falsato dall’espulsione di Romagnoli al 24’ del primo tempo, nelle altre otto vittorie finora conquistate la Juve ha avuto una media di possesso del 54%. Mentre nelle 12 partite non vinte (11 pareggi e la sconfitta con lo Stoccarda) il possesso medio della squadra bianconera è stato del 59%.

Juve, l'anomalia

L’anomalia è confermata prendendo in esame le nove partite (sempre esclusa Juve-Lazio) in cui il possesso bianconero è stato dal 60% in sù: tre vittorie (Verona, Genoa, Udinese) e sei pareggi (Empoli, Napoli, Cagliari, Parma, Lilla, Lecce). Ironia della sorte, la Juve ha una media punti migliore (2 contro 1,67) nelle tre partite in cui non ha avuto la maggioranza del possesso, tra le quali c’è stato il ko con lo Stoccarda (49%), ma anche due delle vittorie più belle, quelle contro Psv (44%) e Manchester City (32%). Domani però il dominio del pallone la Juve vorrà e dovrà riprenderselo: e davanti agli almeno 36mila spettatori dello Stadium (tanti i biglietti già venduti), dovrà dimostrare - e qualche volta lo ha già fatto - di saperlo sfruttare.

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Battuto il Manchester City, ora l’importante è non fare il... Manchester City. Il City delle ultime 10 partite, sia chiaro, perché in senso più ampio... magari. Allo Stadium, però, come nel recente periodo di crisi, la squadra di Guardiola ha sequestrato il pallone senza riuscire a sfruttarlo per creare pericoli, se non nelle due occasioni in cui ha trovato un super Di Gregorio, esponendosi ai due contropiedi letali della Juve. Una parte che, fatta salva la sconfitta, la squadra bianconera ha già recitato troppe volte: dominio del possesso palla, ma senza riuscire a trovare varchi nelle difese avversarie compatte e finendo col doversi accontentare di un pareggio. Di 11 pareggi, per la precisione. Una parte in cui Thiago Motta e i giocatori devono assolutamente evitare di rientrare domani contro il Venezia, partita in cui il rischio di rivedere il copione di mercoledì, ma con la Juve nel ruolo del City, è invece da non sottovalutare sia per ragioni psicologiche sia per ragioni tattiche.

Juve, occhio al pericolo

Da un punto di vista mentale il pericolo è un calo della tensione tenuta altissima nei 90 minuti contro la squadra di Guardiola, favorito dall’appagamento per aver battuto una delle formazioni più forti del mondo, per quanto in piena crisi. Ma è un rischio che, se non per quanto riguarda il deficit di energie nervose, non dovrebbe sussistere: la Juve arrivava da troppe delusioni perché un successo, per quanto bello e prestigioso, possa spegnere quella rabbia che i giocatori avevano incanalato assieme dopo il 2-2 col Bologna e poi sprigionato in campo mercoledì.

Più insidioso il rischio tattico: perché il Venezia, 15° in Serie A per possesso palla con una media del 45,6%, aspetterà la Juve compatto, lasciandole il controllo del pallone ma cercando di chiuderle ogni spazio per poi puntare a colpire in ripartenza. La Juve invece dovrà fare la partita che vuole fare, per cui lavora dal primo giorno di ritiro, ma che ancora non le riesce troppo bene, o almeno non sempre.

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