"Motta mi piace ma ha quattro problemi. E vincere alla Juve è sempre ossessione"

L'ex leggenda bianconera spiega difetti e propone soluzioni per la stagione: "Conoscendo l'ambiente quella frase è sorprendente. E la comunicazione è decisiva"

L’allegria del suo intercalare napoletano, quando saluta i vecchi compagni presenti a Riad al convegno promosso per lo sviluppo della cooperazione tra calcio arabo e italiano, regala lo stesso sapore di una tazzina di caffè bevuta lontano dall’Italia. Cordiale di carattere, si ferma a parlare sulla situazione della Juventus con una fermezza e una messa a fuoco dei problemi che è un crescendo rossiniano. Del resto, la Juventus non è soprattutto solo un lungo ricordo da calciatore in cui ha vinto tutto. La Juventus è la squadra che lo ha fatto conoscere al mondo come uno dei marcatori più forti di tutti i tempi.

Buongiorno, Ferrara. Facciamo un passo indietro: la semifinale Juventus-Milan ha visto i rossoneri vincere 2-1 in rimonta, è stato un risultato corretto?

"A volte il risultato non rispecchia ciò che si vede in campo e questo rende il calcio così bello e imprevedibile. Oggettivamente la Juventus, almeno per tutto il primo tempo e parte del secondo, aveva fatto bene, ma le partite durano 90 minuti e quindi il Milan ha avuto la forza di resistere e restare nel match, soffrendo anche in certi frangenti. Poi ha avuto l’opportunità di andarsi a conquistare l’accesso alla finale per cui lo ha fatto con merito. In questo caso alcuni errori della Juve hanno compromesso la sfida".

Ma alla Juventus manca carattere?

"È un’annata difficile, forse la speranza della società e dei tifosi era di avere un cammino diverso rispetto a quello sinora vissuto. Per esperienza diretta posso dire che l’eliminazione non può essere stata presa alla leggera".

 

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"La Juve lotta per lo Scudetto, non per entrare in Champions"

Il mercato potrà aiutare a cambiare marcia?

"Non lo so, non è mai facile a gennaio. Quando devi fare operazioni in questo periodo della stagione, è sempre preferibile provare a prendere giocatori che già conoscono questo campionato piuttosto che elementi costretti ad ambientarsi e comprendere cosa sia la Serie A e il nostro calcio. Non credo che ci potranno essere grandi stravolgimenti. Penso che, a eccezione dell’Inter, tutti i club cercheranno degli accorgimenti".

Undici pareggi non possono essere riconducibili solo al caso. Come si spiega questo numero?

"Bisogna volerle fortemente certe vittorie. Momenti difficili li ho passati pure io, in passato, con la Juventus e bisogna essere in grado di gestire le critiche che ti arrivano. Secondo me, da un punto di vista della comunicazione la Juventus storicamente non è una società abituata a lottare solo per entrare in Champions, è un club abituato a lottare per lo scudetto. Poi puoi centrarlo o meno, ma quello deve essere l’obiettivo da volere con forza, stare attaccato al gruppo che è davanti è di fondamentale importanza anche come stimolo per lo spogliatoio. Dopodiché puoi trovare annate in cui le cose non vanno come vorresti. La Juventus ha investito tanto sul mercato e quindi anche in virtù di questo ci si aspetta qualcosa di più".

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"Mancano i leader? Uno va via..."

Ma questa Juventus ha la qualità e l’organico per stare in alto?

"Secondo me sì. Probabilmente i tanti pareggi la fanno stare decisamente indietro rispetto alle prime tre e il quarto e (speriamo) quinto posto se lo devono giocare in tante squadre".

Ritiene che una delle cause sia anche la mancanza di leader?

"I leader sono quelli che conoscono meglio l’ambiente Juventus, che hanno più esperienza. Uno di questi c’è, ma mi pare che andrà via".

Danilo dovrebbe andare al Napoli. Secondo lei, De Laurentiis farà altri regali a Conte?

"Il mercato estivo è stato già importante, in primis prendendo un allenatore come Antonio. Potrebbe inserire ancora qualche elemento, il mio amico in panchina sono certo che troverà gli argomenti convincenti".

Come giudicherebbe l’apporto di Vlahovic?

"Come numeri secondo me ci siamo, è sempre in doppia cifra a livello di gol. Se valutiamo le sue prestazioni, deve migliorare gli aspetti in cui è meno bravo: la gestione del pallone e giocare con la squadra. Bisogna capire cosa vuoi dal tuo centravanti".

Questa Inter può aprire un ciclo come quello della Juve dei nove scudetti di fila?

"Negli ultimi due campionati, vinti dal Napoli e dall’Inter, ci sono state due squadre che a un certo punto del campionato hanno preso il largo. In questa stagione vedo più concorrenza. Ora l’Inter, non solo come campo ma anche a livello societario, vanta una squadra più organizzata rispetto alle altre e quindi può dare garanzie di successo. Ma rivedere una squadra che rivince nove titoli di fila è impossibile".

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"Il primo giorno alla Juve mi dissero che si è qui per vincere"

Senza dare consigli a Motta, su cosa dovrà cercare di intervenire per cambiare rotta alla stagione?

"È più una questione di comunicazione esterna. Dai messaggi bisognerebbe avvertire la voglia di riprendere un ruolo importante. Mi ha sorpreso la dichiarazione di Thiago per cui la vittoria non deve essere una ossessione. Conoscendo l’ambiente Juve… Io il primo giorno che arrivai mi sentii dire 'Dobbiamo vincere'. E risposi 'Va bene, ci proveremo'. Poi andò così per gran parte del tempo in cui giocai. La storia e il Dna bianconero raccontano questo".

Chi deve dare la scossa: la società, il tecnico, il capitano, i tifosi o chi altro?

"Non voglio permettermi di giudicare l’attuale gruppo, ma il nostro aveva tantissimi leader e c’era un capitano che tutti sappiamo chi è (Vialli, ndr). Tutti calciatori con tantissime vittorie alle spalle, con un percorso importante. Per cui per chi arrivava al primo anno di Juve al cospetto del gruppo capiva subito che aria tirava, come si allenavano e lo spirito che avevano i big. Per noi fu fondamentale".

Ma al di là dell’aspetto comunicativo, le piace il calcio di Thiago Motta?

"Il Thiago Motta che ho visto nel Bologna mi piaceva tantissimo, la squadra giocava benissimo. Quest’anno sta incontrando qualche difficoltà. Il problema però non è Thiago Motta, ci tengo a dirlo. Il problema è la comunicazione. Quello che ci si aspetta da lui e dalla Juventus. È stato mandato via un allenatore vincente, che applicava un certo tipo di calcio vincente: la storia di Allegri parla chiaro. Mandato via perché si voleva il bel gioco. È arrivato Conceiçao al Milan e la prima cosa che ha detto è che a lui del bel gioco non interessa. Gli interessa fare un gol più dell’avversario e non subirne. Ha subito specificato il percorso che vuole intraprendere. Invece Thiago Motta ha quattro problemi. Uno, deve entrare in Champions. Due, deve cercare di lottare per lo scudetto. Tre, deve portare a casa almeno un titolo. Quattro, deve giocare bene. Anche Sarri arrivò alla Juventus con la priorità di fare vedere il bel gioco che poi non si è visto. Ma vinse".

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L’allegria del suo intercalare napoletano, quando saluta i vecchi compagni presenti a Riad al convegno promosso per lo sviluppo della cooperazione tra calcio arabo e italiano, regala lo stesso sapore di una tazzina di caffè bevuta lontano dall’Italia. Cordiale di carattere, si ferma a parlare sulla situazione della Juventus con una fermezza e una messa a fuoco dei problemi che è un crescendo rossiniano. Del resto, la Juventus non è soprattutto solo un lungo ricordo da calciatore in cui ha vinto tutto. La Juventus è la squadra che lo ha fatto conoscere al mondo come uno dei marcatori più forti di tutti i tempi.

Buongiorno, Ferrara. Facciamo un passo indietro: la semifinale Juventus-Milan ha visto i rossoneri vincere 2-1 in rimonta, è stato un risultato corretto?

"A volte il risultato non rispecchia ciò che si vede in campo e questo rende il calcio così bello e imprevedibile. Oggettivamente la Juventus, almeno per tutto il primo tempo e parte del secondo, aveva fatto bene, ma le partite durano 90 minuti e quindi il Milan ha avuto la forza di resistere e restare nel match, soffrendo anche in certi frangenti. Poi ha avuto l’opportunità di andarsi a conquistare l’accesso alla finale per cui lo ha fatto con merito. In questo caso alcuni errori della Juve hanno compromesso la sfida".

Ma alla Juventus manca carattere?

"È un’annata difficile, forse la speranza della società e dei tifosi era di avere un cammino diverso rispetto a quello sinora vissuto. Per esperienza diretta posso dire che l’eliminazione non può essere stata presa alla leggera".

 

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