Il futuro Juve deve andare oltre i fantasmi di Allegri

Il livornese è una presenza così ingombrante anche oggi che non è più l’allenatore da togliere lucidità a ogni ragionamento su Thiago Motta

È un po’ come se la Juventus avesse due allenatori. Quindi è un po’ un problema, per la Juventus. Massimiliano Allegri è così centrale nel dibattito bianconero da avere lo stesso spazio di Thiago Motta in un equilibrio non del tutto naturale per un club e una tifoseria che ha sempre guardato avanti. Chiariamo, il problema non sono i raffronti numerici o tattici tra l’allenatore di oggi e l’allenatore che c’era prima: quelli sono naturalissimi e, per certi versi, necessari a mettere a fuoco la situazione. Ciò che intossica qualsiasi ragionamento sulla Juve di oggi è l’aver generato una guerra di religione, nella quale non è ammesso pensare criticamente, ma solo schierarsi e qualsiasi cosa viene cavalcata per dare addosso alla fazione avversaria. Come se tutti i problemi e tutte le prospettive della Juventus ruotassero intorno ad Allegri, in negativo o in positivo, a seconda del partito a cui si è iscritti.

L'ombra di Allegri incombe ancora sulla Juve

Allegri, d’altronde, è stato l’allenatore della Juventus per quasi un decennio, ha vinto tantissimo, ha interpretato la juventinità come pochi nella storia bianconera e, parlando di storia, fa parte dei cinque allenatori più importanti dei 128 anni di vita del club insieme a Carlo Carcano, Giovanni Trapattoni, Marcello Lippi e Antonio Conte (i cinque grandi che stanno sopra Vycpalek, Parola, Zoff e Capello). Ma la sua è una presenza così ingombrante anche oggi che non è più l’allenatore da togliere lucidità a ogni ragionamento su Thiago Motta. E questo non per sollevare Motta dalle sue responsabilità, ma proprio per analizzare in modo più lucido gli errori e le omissioni dell’attuale allenatore bianconero, senza partire da e arrivare sempre ad Allegri.

Comprendere quali siano i limiti della Juventus di quest’anno e quali siano le ragioni prescinde da quello che si pensa del precedessore di Thiago Motta. A meno che il nocciolo della questione non sia provare a capire e spiegare, ma poter dire: avevo/ho ragione io, avevi/ hai torto tu. Ed è un esercizio assai sterile confrontare il trattamento riservato all’uno e all’altro dalla società o dalla critica, perché ogni situazione è diversa, ogni contesto influenza inevitabilmente i giudizi, tanto la legge della Juventus, come può spiegare qualsiasi ex giocatore e allenatore, è quella della vittoria, il destino di un tecnico non dipende dai giornalisti e, in fondo, neanche dai dirigenti, ma dalla sua capacità, nell’arco di un ragionevole periodo di tempo, di vincere qualcosa di importante. Il resto sono, appunto, chiacchiere.

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Max nella storia, Thiago deve aspirare a entrarci

E superare il fantasma di Allegri non è solo una questione legata alla gente juventina e alla critica che si occupa di Juventus, perché i fantasmi dell’allegrismo si sono aggirati e si aggirano anche in società, dove i paragoni con il passato recente (e non solo dal punto di vista tecnico) non possono diventare una distrazione dalla costruzione del futuro. Durante le vacanze di Natale, il Museo della Juventus è stato visitato da 10.374 persone, perché un club non è mai solo presente, ma è anche e soprattutto passato e quando se ne veste la maglia si abbraccia tutta la storia. Storia che comporta responsabilità, ma che contribuisce come stimolo. Allegri fa parte della storia della Juventus, Thiago deve aspirare a farne parte. È indubbio che tutti si aspettavano di più dalla sua Juventus, perché il suo Bologna era piaciuto e l’asticella delle attese era stata ulteriormente alzata da un mercato ricco e, il primo di settembre, esaltato da molti.

Da cosa sarà giudicato Motta

Oggi Motta fatica, forse soffre l’enorme peso di essere l’allenatore di una grande squadra, forse non tutto quello che sembrava luccicare in estate si è rivelato oro. Ha commesso errori, ha fatto cose giuste e, per il momento, sta rischiando di fallire il suo obiettivo minimo, ovvero la qualificazione alla prossima Champions League. Verrà giudicato, insieme al progetto tecnico, a fine stagione. A quel punto, il problema non sarà il confronto con Allegri, ma i risultati ottenuti e le prospettive create. Sarà un insieme di fattori concreti a decidere il suo destino.

Nella sua storia, la Juventus ha azzeccato molti allenatori e ne ha sbagliati molti. Curioso come fra i primi ci siano anche dei tecnici cacciati con troppa fretta perché non avevano vinto (qualcuno ha detto Carlo Ancelotti?) e tra i secondi ci siano dei tecnici che hanno vinto, nonostante non fossero quelli giusti (qualcuno ha detto Maurizio Sarri?) e anche chi avrebbe meritato più tempo e fiducia (qualcuno ha detto Dino Zoff?), ma è stato travolto dagli eventi. Oggi c’è fretta di giudicare e la mania di schierarsi, mantenendo la posizione come fosse una trincea. È morto il confronto critico, il giudizio asettico. È un peccato, perché si finisce per esaltarsi o deprimersi troppo facilmente e, soprattutto, dire un sacco di fesserie che il tempo finisce sempre per smentire.

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È un po’ come se la Juventus avesse due allenatori. Quindi è un po’ un problema, per la Juventus. Massimiliano Allegri è così centrale nel dibattito bianconero da avere lo stesso spazio di Thiago Motta in un equilibrio non del tutto naturale per un club e una tifoseria che ha sempre guardato avanti. Chiariamo, il problema non sono i raffronti numerici o tattici tra l’allenatore di oggi e l’allenatore che c’era prima: quelli sono naturalissimi e, per certi versi, necessari a mettere a fuoco la situazione. Ciò che intossica qualsiasi ragionamento sulla Juve di oggi è l’aver generato una guerra di religione, nella quale non è ammesso pensare criticamente, ma solo schierarsi e qualsiasi cosa viene cavalcata per dare addosso alla fazione avversaria. Come se tutti i problemi e tutte le prospettive della Juventus ruotassero intorno ad Allegri, in negativo o in positivo, a seconda del partito a cui si è iscritti.

L'ombra di Allegri incombe ancora sulla Juve

Allegri, d’altronde, è stato l’allenatore della Juventus per quasi un decennio, ha vinto tantissimo, ha interpretato la juventinità come pochi nella storia bianconera e, parlando di storia, fa parte dei cinque allenatori più importanti dei 128 anni di vita del club insieme a Carlo Carcano, Giovanni Trapattoni, Marcello Lippi e Antonio Conte (i cinque grandi che stanno sopra Vycpalek, Parola, Zoff e Capello). Ma la sua è una presenza così ingombrante anche oggi che non è più l’allenatore da togliere lucidità a ogni ragionamento su Thiago Motta. E questo non per sollevare Motta dalle sue responsabilità, ma proprio per analizzare in modo più lucido gli errori e le omissioni dell’attuale allenatore bianconero, senza partire da e arrivare sempre ad Allegri.

Comprendere quali siano i limiti della Juventus di quest’anno e quali siano le ragioni prescinde da quello che si pensa del precedessore di Thiago Motta. A meno che il nocciolo della questione non sia provare a capire e spiegare, ma poter dire: avevo/ho ragione io, avevi/ hai torto tu. Ed è un esercizio assai sterile confrontare il trattamento riservato all’uno e all’altro dalla società o dalla critica, perché ogni situazione è diversa, ogni contesto influenza inevitabilmente i giudizi, tanto la legge della Juventus, come può spiegare qualsiasi ex giocatore e allenatore, è quella della vittoria, il destino di un tecnico non dipende dai giornalisti e, in fondo, neanche dai dirigenti, ma dalla sua capacità, nell’arco di un ragionevole periodo di tempo, di vincere qualcosa di importante. Il resto sono, appunto, chiacchiere.

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