
“Nella testa di Cambiaso” sarebbe un bel format per un documentario, anzi oggi si chiamano docufiction, in cui mischiare emozioni forti e introspezione psicologica. Racconta la storia di un giocatore che sta trattando con il Manchester City, una delle cinque squadre più ricche e famose del mondo, ma scende in campo per giocare, con la maglia della Juventus un grande classico del calcio italiano, peraltro una partita difficile e da vincere per evitare guai. Quale disperata ricerca della concentrazione deve attuare e quali spinte inconsce possono fargli perdere l’equilibrio mentale (lui che con gli scivoloni ultimamente ha un pessimo rapporto)? Verrebbe fuori qualcosa di intrigante, come intrigante è Juventus-Milan di questo pomeriggio, sfida tra due squadre che in estate hanno programmato una rivoluzione e, a gennaio, stanno rivoluzionando i programmi. Il Milan ha dato il ribaltone in panchina, abbandonando la filosofia di Fonseca per la prosa di Conceiçao. La Juventus sta portando avanti un mercato invernale ricco e movimentato come uno estivo, prendendo in considerazione la cessione di un giocatore, Cambiaso appunto, che fino a un mese fa veniva descritto (in modo assolutamente lecito) come un pilastro del futuro juventino. Entrambi i club, insomma, hanno sbagliato qualche calcolo in estate, se in inverno si ritrovano in queste condizioni.
Il paradosso del calcio moderno
Ma il fatto stesso che prendano contromisure così drastiche dimostra coraggio e volontà di portare avanti qualcosa e capacità di reagire alle avversità (come gli infortuni bianconeri). Certo, sbagliare ancora sarebbe diabolico, ma la frenesia della campagna acquisti di gennaio non aiuta a riflettere e la situazione stessa di Cambiaso, titolare e in vendita nello stesso tempo, è la rappresentazione plastica dell’illogicità del calcio di oggi. Così come la paradossale situazione di Kolo Muani dà la misura dell’approssimazione di chi, parlo in generale, nelle interviste cerca di parlare come un manager formato ad Harvard e con un dottorato a Cambridge. In compenso il calcio ha una sua legge, molto più spietata di qualsiasi altro campo e i risultati decidono il destino, senza grandi possibilità di appello. Thiago Motta verrà giudicato sulla base della posizione in classifica e di eventuali trofei conquistati (e lo stesso capiterà a Sergio Conceiçao, che un trofeo, in modo rocambolesco ma meritorio, lo ha già messo in saccoccia). Le chiacchiere e i paragoni con Allegri voleranno via di fronte agli obiettivi centrati o mancati. Così come il progetto tecnico che sta alla base della nuova Juventus (e del nuovo Milan).