TORINO - A forza di voler insistere con il gioco fluido, senza ruoli fissi, senza una disposizione in campo rigida perché ogni partita ha una storia a sé, per cui i giocatori si devono adattare a compiti e posizioni diverse, c’è il rischio di mandare in confusione tattica la squadra. A forza di ribaltare il gruppo attraverso nuovi principi e una diversa mentalità, dall’impostazione dal basso al possesso verticale, dalle rotazioni per non dare punti di riferimento all’aggressione alta, Thiago Motta ha di fatto messo in evidenza non tanto la forza quanto la debolezza della Juventus, seminando incertezze non soltanto tra i bianconeri più giovani, ma anche tra chi gode di una certa esperienza.
McKennie il simbolo della confusione Juve
A Napoli, per esempio, ha fallito pure uno come Weston McKennie, il tuttofare di casa Juventus, a cui manca soltanto di indossare i guantoni e andare in porta poi ha ricoperto tutti i ruoli. Ma a forza di cambiare, anche il texano ha perso la bussola. È vero che la versatilità è una delle sue caratteristiche e che Motta lo apprezza proprio per la sua duttilità tattica, ma a tutto c’è un limite. In questa stagione McKennie ha iniziato come mediano, nel centrocampo a due, ma anche nel 4-1-4-1 proposto all’andata contro il Napoli, con il Psv in Champions e con il Genoa. Poi eccolo avanzare, con il Milan all’andata di campionato, quando Vlahovic era infortunato, nel ruolo di centravanti e di trequartista, poi di esterno alto a sinistra, per poi tornare a centrocampo e arretrare in difesa, terzino sinistro e, nelle ultime uscite, destro. L’impegno e la buona volontà non mancano, però, a volte non bastano per interpretare appieno un ruolo.