Danilo-Juve, quell’autogol della società e la necessità di agire

Il club bianconero ha gestito ingenuamente il caso del brasiliano, ma adesso servono nervi saldi

L’allenatore non vede Danilo. E magari ha pure ragione, perché Danilo è, diciamo, “perfettibile” nel nuovo modo di difendere che adotta la squadra. E guadagna una cifra di cui la società si alleggerirebbe volentieri, visto che la spende per tenerlo in panchina. Non c’è niente di male in tutto questo, fa parte delle dinamiche naturali dei rapporti tra club e giocatore nel 2025, nell’era in cui - piaccia o non piaccia - nei fogli excel dei bilanci non esiste la colonna “emozioni” (anche se qualcuno sostiene il contrario, ma è un’altra storia) e, ormai, i tifosi vivono con sentimenti adulti certe separazioni. Il problema è come si consumano, queste separazioni. Perché si può divorziare molto, ma molto meglio da un capitano, un giocatore che si è fatto amare dai compagni, adorare dai tifosi e - occhio! - è una persona intelligente (quindi capace di uscirne bene).

Juve, Danilo meritava di più

Il caso Danilo, invece, è stato un goff o autogol della Juventus. E non perché doveva trattenerlo (quello era e resta un problema di Motta e Motta aveva deciso da settembre), ma perché la freddezza del distacco, trapelata da parte del club nei confronti di Danilo, ha deluso i tifosi e ha sorpreso (e in certi casi scombussolato) i compagni, colpiti che un trattamento simile fosse riservato a quello che fino a qualche mese prima era il loro leader e uomo fedele al club. Oltretutto, Danilo è uno che, alla fine, non ha neppure consumato il vendicativo sgarbo di andarsene al Napoli, ma ha scelto l’innocuo Flamengo, sfumando di tinte ancora più romantiche il suo tramonto juventino. Insomma, meritava qualche coccola in più e un giro d’onore all’Allianz. I compagni avrebbero capito meglio, i tifosi se la sarebbero fatta andare bene (come è capitato con Szczesny), Danilo stesso sarebbe stato meno affilato nella sua lettera d’addio che, con tanto di palpitante citazione di Andrea Agnelli, ha scosso i cuori del popolo juventino più di tutte e dieci le ultime partite giocate dalla squadra di Thiago Motta. E, invece, allo sconforto per i diciassette punti persi per le rimonte altrui, i millemila pareggi, i giocatori più costosi che non toccano palla e un’altra stagione che scolorisce malinconicamente, i tifosi devono pure beccarsi quella che suona come la “cacciata” di Danilo e che, con un po’ più di stile sarebbe stato un momento più digeribile.

 

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La Juve deve ritrovare la sua anima

Resta, al popolo bianconero, la lettera di Danilo, un po’ di romanticismo qui, una spruzzata retorica là, una solida base di sincerità e subito si scatena una tempesta di sospiri nell’etere bianconero, già squarciato dalle voci francesi su Xavi sostituto di Motta. Una bufala che è, tuttavia, indicativa del clima che si vive nell’ambiente Juve negli ultimi cinque anni. Ovvero una continua caccia al colpevole, la ferma convinzione che - chiunque sia, quasi sempre l’allenatore - basti cacciarlo per risolvere tutti i problemi. Oppure una furia riformatrice smaniosa di azzeramenti totali della dirigenza o della rosa. E quando i cambi avvengono, l’immediato rimpianto di quello che c’era prima, in una vertigine di insoddisfazione e frustrazione che rende tutti più astiosi e avvelenati. In pratica l’Inter di Moratti dal 1998 al 2006. Invece è imomento di tenere i polsi saldi, non pensare sempre e solo alla rottamazione, ma cercare di aggiustare quello che non funziona: dalla fragilità di una squadra che si fa rimontare quasi sempre all’equivoco Koopmeiners; dalle presuntuose rigidità di un allenatore con talento e buone idee, ma tanto giovane, fi no al basso tasso di spirito juventino che si percepisce in certi momenti delle partite o in certe parole pronunciate un po’ a vanvera. La Juventus deve ritrovare la sua anima, quella di cui parla Danilo nella sua lettera e che, ultimamente, hanno perso un pochino tutti. Anche i tifosi.

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L’allenatore non vede Danilo. E magari ha pure ragione, perché Danilo è, diciamo, “perfettibile” nel nuovo modo di difendere che adotta la squadra. E guadagna una cifra di cui la società si alleggerirebbe volentieri, visto che la spende per tenerlo in panchina. Non c’è niente di male in tutto questo, fa parte delle dinamiche naturali dei rapporti tra club e giocatore nel 2025, nell’era in cui - piaccia o non piaccia - nei fogli excel dei bilanci non esiste la colonna “emozioni” (anche se qualcuno sostiene il contrario, ma è un’altra storia) e, ormai, i tifosi vivono con sentimenti adulti certe separazioni. Il problema è come si consumano, queste separazioni. Perché si può divorziare molto, ma molto meglio da un capitano, un giocatore che si è fatto amare dai compagni, adorare dai tifosi e - occhio! - è una persona intelligente (quindi capace di uscirne bene).

Juve, Danilo meritava di più

Il caso Danilo, invece, è stato un goff o autogol della Juventus. E non perché doveva trattenerlo (quello era e resta un problema di Motta e Motta aveva deciso da settembre), ma perché la freddezza del distacco, trapelata da parte del club nei confronti di Danilo, ha deluso i tifosi e ha sorpreso (e in certi casi scombussolato) i compagni, colpiti che un trattamento simile fosse riservato a quello che fino a qualche mese prima era il loro leader e uomo fedele al club. Oltretutto, Danilo è uno che, alla fine, non ha neppure consumato il vendicativo sgarbo di andarsene al Napoli, ma ha scelto l’innocuo Flamengo, sfumando di tinte ancora più romantiche il suo tramonto juventino. Insomma, meritava qualche coccola in più e un giro d’onore all’Allianz. I compagni avrebbero capito meglio, i tifosi se la sarebbero fatta andare bene (come è capitato con Szczesny), Danilo stesso sarebbe stato meno affilato nella sua lettera d’addio che, con tanto di palpitante citazione di Andrea Agnelli, ha scosso i cuori del popolo juventino più di tutte e dieci le ultime partite giocate dalla squadra di Thiago Motta. E, invece, allo sconforto per i diciassette punti persi per le rimonte altrui, i millemila pareggi, i giocatori più costosi che non toccano palla e un’altra stagione che scolorisce malinconicamente, i tifosi devono pure beccarsi quella che suona come la “cacciata” di Danilo e che, con un po’ più di stile sarebbe stato un momento più digeribile.

 

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