Questa è la Juve che piace al tifoso medio: gli errori e le cose buone

I periodi di transizione fra un ciclo e un altro, nella società bianconera, sono sempre complicati e pericolosi

Quindi adesso è ufficiale che la Juventus ha commesso una follia affrontando i primi cinque mesi e mezzo della stagione con un solo centravanti. E non solo perché Kolo Muani ha timbrato una doppietta, che ieri ha scacciato l’incubo di una sconfitta potenzialmente pesantissima, ma anche perché un gol l’ha segnato pure Vlahovic, mai apparso così motivato negli ultimi tempi (la concorrenza...) e mai così aiutato dal fatto di avere vicino un collega di reparto. Non è possibile calcolare quanti punti in più avrebbe ora la Juventus se un Kolo Muani o un suo equivalente fosse arrivato nel mercato estivo, ma certamente non sarebbero meno di quelli attuali. Il calciomercato ha sempre una componente di rischio, ma fidarsi del recupero di Milik o della possibilità di riciclare Nico Gonzalez in quel ruolo è stato se non temerario, almeno piuttosto imprudente.

La presenza di Kolo Muani

Soprattutto in considerazione del fatto che la Juventus, finora, ha perso almeno una dozzina di punti proprio contro le piccole e le medie squadre, faticando a sfondare difese basse e organizzate, come ieri è sembrata per almeno un tempo quella dell’Empoli, poi sfondata da Kolo e Vlahovic. Senza usare pregiudizi, senza difese aprioristiche delle proprie teorie, senza l’urgenza di sbandierare sempre almeno un “l’avevo detto”, non è cosa facile analizzare la Juventus di quest’anno, la prima del “nuovo progetto”, perché emergono errori e cose buone, perché non è tutto da buttare, né tutto da salvare, ma serve un lavoro di riflessione puntuale e certosino, che dà poca soddisfazioni in un’epoca di assolutismi critici. La presenza di Kolo Muani contro l’Empoli ha esaltato la cifra tecnica di una squadra che ha qualità e idee di gioco, che è riuscita - per la prima volta da Lipsia- a reagire in modo aggressivo a un momento di difficoltà, che se dà continuità senza perdersi per l’ennesima volta, può raggiungere l’obiettivo del quarto posto, regalando molte altre gioie al pubblico.

 

 

 

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Non bastano 4 gol all'Empoli 

Ovvio, non bastano quattro gol alla quartultima in classifica per cancellare i dubbi sulla mancanza di leader nella rosa e su una certa confusione nella gestione tecnico-tattica di Motta (che ieri ha nuovamente scompigliato ruoli e certezze), ma dimostrano che la furia azzeratrice dovrebbe lasciare spazio a una più logica correzione degli errori commessi, anche se questa squadra e questo allenatore possono e devono dare di più. I periodi di transizione fra un ciclo e un altro, alla Juve, sono sempre complicati e pericolosi. E sarebbe sempre importante ricordare che, tolti quelli che amano litigare e apparire (soprattutto ora che il palcoscenico social è aperto a tutti), resta l’enorme percentuale di juventini che non si scaldano per le teorie, ma per le vittorie come quella di ieri. Per esempio: lo juventino medio non ama Allegri, né lo odia.

Lo juventino medio tifa per la Juventus

Gli è riconoscente per gli scudetti, per aver gestito una delle fasi più difficili della storia bianconera, per aver vinto l’ultima Coppa Italia, ne ha apprezzato le qualità che superano senza dubbio i difetti e considera le tante delusioni del secondo triennio sufficienti per l’esonero, ma non per una dannatio memoriae. Lo juventino medio non adora Thiago Motta, né lo osteggia a prescindere, come non osteggia un gioco più offensivo in virtù di una tradizione (inesistente, peraltro) di un gioco più co ncreto e speculativo. Lo juventino medio tifa per la Juventus, non per chi la allena. Lo juventino medio non ha mai amato un giocatore più del club, nemmeno quando i giocatori erano Sivori, Platini, Del Piero o Cristiano Ronaldo. Lo juventino medio ama la Juventus, anzi un’idea di Juventus, squadra che combatte fino alla fine; che è un gruppo unitissimo senza prime donne; che ha dirigenti e allenatori sobri ma duri nella comunicazione e che... batte l’Empoli in casa. In fondo è semplice. Ma le cose più semplici sono sempre le più difficili da fare bene.

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Quindi adesso è ufficiale che la Juventus ha commesso una follia affrontando i primi cinque mesi e mezzo della stagione con un solo centravanti. E non solo perché Kolo Muani ha timbrato una doppietta, che ieri ha scacciato l’incubo di una sconfitta potenzialmente pesantissima, ma anche perché un gol l’ha segnato pure Vlahovic, mai apparso così motivato negli ultimi tempi (la concorrenza...) e mai così aiutato dal fatto di avere vicino un collega di reparto. Non è possibile calcolare quanti punti in più avrebbe ora la Juventus se un Kolo Muani o un suo equivalente fosse arrivato nel mercato estivo, ma certamente non sarebbero meno di quelli attuali. Il calciomercato ha sempre una componente di rischio, ma fidarsi del recupero di Milik o della possibilità di riciclare Nico Gonzalez in quel ruolo è stato se non temerario, almeno piuttosto imprudente.

La presenza di Kolo Muani

Soprattutto in considerazione del fatto che la Juventus, finora, ha perso almeno una dozzina di punti proprio contro le piccole e le medie squadre, faticando a sfondare difese basse e organizzate, come ieri è sembrata per almeno un tempo quella dell’Empoli, poi sfondata da Kolo e Vlahovic. Senza usare pregiudizi, senza difese aprioristiche delle proprie teorie, senza l’urgenza di sbandierare sempre almeno un “l’avevo detto”, non è cosa facile analizzare la Juventus di quest’anno, la prima del “nuovo progetto”, perché emergono errori e cose buone, perché non è tutto da buttare, né tutto da salvare, ma serve un lavoro di riflessione puntuale e certosino, che dà poca soddisfazioni in un’epoca di assolutismi critici. La presenza di Kolo Muani contro l’Empoli ha esaltato la cifra tecnica di una squadra che ha qualità e idee di gioco, che è riuscita - per la prima volta da Lipsia- a reagire in modo aggressivo a un momento di difficoltà, che se dà continuità senza perdersi per l’ennesima volta, può raggiungere l’obiettivo del quarto posto, regalando molte altre gioie al pubblico.

 

 

 

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