Avete presente quella scena di Pulp Fiction in cui John Travolta, una volta arrivato a casa di Jules Winnfield (Uma Thurman), si gira e rigira su se stesso con un senso di totale spaesamento? Ecco, basterebbero quei cinque secondi del capolavoro di Tarantino (divenuti ormai uno dei meme più triti e ritriti del web) per spiegare l’impatto di Teun Koopmeiners con l’universo Juve. L’olandese, arrivato in estate dall’Atalanta per 51,3 milioni di euro tra la gioia funesta dei tifosi che, giustamente, vedevano in lui uno dei nuovi leader tecnici del gruppo guidato da Thiago Motta, è ad oggi il più grande mistero della Juventus.
Koopmeiners, confuso e poco lucido
Un giocatore monopasso, confuso, incerto, ma soprattutto poco lucido, come dimostra la brutta palla persa alla fine del primo tempo contro il Como che ha portato al momentaneo gol del pari. Errore inaccettabile per un interprete del suo talento e della sua esperienza. Il Koop visto in questi sei mesi non è neanche il lontano parente del geniale metronomo messosi in luce sotto la guida di Gasperini. L’olandese era il cuore e il cervello di una Dea tanto bella quanto spietata: sapeva quando alzare i giri del motore e quando rallentare per far prendere fiato ai compagni. Quando pungere con inserimenti o verticalizzazioni al millimetro, e quando sacrificarsi in fase di non possesso. Un giocatore totale e, forse, insostituibile persino per una squadra come l’Atalanta, abituata a vendere a peso d’oro i suoi gioielli più sfarzosi. Del resto, non è un segreto che i Percassi abbiano fatto di tutto per provare a trattenerlo a Bergamo. Missione impossibile. Teun aveva già decisivo: la Juve sarebbe diventata casa sua a qualsiasi costo. Da qui la domanda che tormenta da settimane il popolo bianconero: siamo di fronte all’ennesimo “pacco” rifilato dalla Dea, o a un cortocircuito tattico che non consente all’olandese di potersi esprimere al meglio?