Chi si è gestito e chi ha chiesto aiuto: Cambiaso e Yeremay, brividi opposti

L’ala in partenza dal Deportivo? “Novità troppo grande per me” e finisce dallo psicologo…

TORINO - La notizia era abbondantemente nell’aria ed è toccato a Thiago Motta ufficializzarla nel corso della conferenza stampa pre partita: Andrea Cambiaso non è convocato per la gara di andata dei playoff di Champions League. Il terzino (sempre che nessuno si offenda se si usano termini arcaici: il confine della permalosità è sempre più sottile) sta ancora curando il problema alla caviglia gestito per qualche tempo e che poi lo ha indotto a fermarsi e a saltare le gare di Champions contro il Benfica e quelle di campionato contro Empoli e Como. In serie, perché prima l’’articolazione lo aveva già bloccato contro Manchester City e Venezia. Insomma, con quella di oggi saranno sei le gare che il difensore azzurro è costretto a vedere da spettatore. Molte delle quali, tra l’altro, mentre intorno a lui si infittivano e si incrociavano le notizie di mercato relative all’interesse del Manchester City.

Che, ovviamente, ha dovuto gestire anche mentalmente tra una fisioterapia e l’altra, tra un ingresso in campo e l’altro anche quelli “di gestione”. Non facile, con tutte quelle voci che circolavano tanto sul suo futuro contratto quanto sulla somma che era (e sarà...) disposto a investire il City. Ad aiutarlo, certo, una personale attitudine ad evitare di farsi travolgere dalle emozioni - sebbene segnali di cedimento alla fenomenologia ci siano stati, ma già prima di gennaio - e un cordone di sicurezza eretto dal suo entourage. Del resto, che il mercato sia un fattore destabilizzante lo si scrive a ogni sessione, da quella estiva a quella invernale, e gli stessi allenatori accendono ceri ai santi preferiti (ma non scherzano con i fanti...) a ogni chiusura delle trattative. Perché sanno bene come impatti sugli stessi giocatori, anche quelli più maturi: figuriamoci i ragazzini.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Esempio Yeremay Hernandez

L’esempio plastico arriva dalla Spagna dove Yeremay Hernandez, attaccante 22enne del Deportivo La Coruna, club della seconda divisione spagnola, ha spiegato al sito spagnolo AS i suoi “malesseri di mercato” vissuti durante una sessione durante la quale è stato accostato a Como, Napoli e soprattutto Juventus con Stefano Stefanelli, socio di Giuntoli, che lo ha seguito ancora recentemente. Yeremay ha spiegato così il proprio disagio: «Ho cercato di prenderla nel miglior modo possibile. Non mentirò. È stata una novità per me. Alla fine sono un bambino, ho 22 anni. Molte volte non vuoi saperne nulla e ti arriva da tutte le parti. La cosa positiva è che ho chiesto aiuto e mi hanno aiutato.

Ora sto molto meglio, più calmo e concentrato al 100% sul Deportivo». E per ritrovare la serenità perduta ha chiesto aiuto a uno specialista: «Sto lavorando con Joaquín Sorribas, lo psicologo della squadra e credo che adesso la stia prendendo meglio. Ho chiesto aiuto. C’è stato un momento in cui non mi sentivo me stesso, non solo nel calcio, ma anche fuori. Non stavo bene. Ho 22 anni e molte volte ci facciamo venire strane idee in testa... Ci sto lavorando. Devo continuare a essere me stesso». Già: il mercato non finisce mai, ma resta da vedere che ciò vada di pari passo con la sanità mentale. E non solo dei calciatori. 

 

 

 

 

 

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TORINO - La notizia era abbondantemente nell’aria ed è toccato a Thiago Motta ufficializzarla nel corso della conferenza stampa pre partita: Andrea Cambiaso non è convocato per la gara di andata dei playoff di Champions League. Il terzino (sempre che nessuno si offenda se si usano termini arcaici: il confine della permalosità è sempre più sottile) sta ancora curando il problema alla caviglia gestito per qualche tempo e che poi lo ha indotto a fermarsi e a saltare le gare di Champions contro il Benfica e quelle di campionato contro Empoli e Como. In serie, perché prima l’’articolazione lo aveva già bloccato contro Manchester City e Venezia. Insomma, con quella di oggi saranno sei le gare che il difensore azzurro è costretto a vedere da spettatore. Molte delle quali, tra l’altro, mentre intorno a lui si infittivano e si incrociavano le notizie di mercato relative all’interesse del Manchester City.

Che, ovviamente, ha dovuto gestire anche mentalmente tra una fisioterapia e l’altra, tra un ingresso in campo e l’altro anche quelli “di gestione”. Non facile, con tutte quelle voci che circolavano tanto sul suo futuro contratto quanto sulla somma che era (e sarà...) disposto a investire il City. Ad aiutarlo, certo, una personale attitudine ad evitare di farsi travolgere dalle emozioni - sebbene segnali di cedimento alla fenomenologia ci siano stati, ma già prima di gennaio - e un cordone di sicurezza eretto dal suo entourage. Del resto, che il mercato sia un fattore destabilizzante lo si scrive a ogni sessione, da quella estiva a quella invernale, e gli stessi allenatori accendono ceri ai santi preferiti (ma non scherzano con i fanti...) a ogni chiusura delle trattative. Perché sanno bene come impatti sugli stessi giocatori, anche quelli più maturi: figuriamoci i ragazzini.

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