Buffon, la frase sulla grandezza Juve e l’episodio Champions: “Piangemmo abbracciati”

L'ex portiere bianconero si racconta attraverso aneddoti e curiosità della sua straordinaria carriera

Gigi Buffon è intervenuto alle Officine Grandi Riparazioni di Torino per presentare il suo libro: "Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi". In compagnia di Claudio Zuliani, l'ex portiere della Juventus e della Nazionale si è raccontato attraverso episodi, momenti e curisoità della sua straordinaria carriera. "Il libro non è una cronistoria a differenza degli altri libri - ha esordito Super Gigi - Tutti gli eventi cambiano la tua esistenza, la tua vita e la felicità. Ci sono tanti aneddoti che pochi conoscono, perché ho sempre preferito non parlare troppo. Questo è poi il motivo poi di determinate scelte, c’era un qualcosa che non si incastrava bene".

Il passaggio alla Juve: "Volevo lo Scudetto"

Il passaggio dal Parma alla Juventus il primo avvenimento chiave della lunga storia a difendere i pali: "Quando avevo 23 anni avevo la maturità di capire che non potevo scegliere. Ho chiesto a mio papà e al mio agente di occuparsi di tutto. Mi è poi arrivato un fax e mi arriva il primo ritaglio di Tuttosport dove diceva ‘ abbiamo il numero 1’. Mi volevano anche Barcellona e Roma, ma con la Juve ci siamo trovati a livello di ambizioni: io non avevo ancora vinto lo scudetto, loro volevano tornare a conquistarlo dopo qualche anno di digiuno".

 

 

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Il migiore della storia e il record di imbattibilità

Ma alla domanda se si ritiene il miglior portiere della storia, Buffon risponde: "Non amo definirmi così, sarebbe presuntuoso, ho tanto rispetto verso tutti i miei colleghi. Insieme ad altri 3-4 abbiamo fatto qualcosa di clamoroso. Gli attaccanti spesso litigano per questo motivo. E allora io dico: sono stato il più scarso… Scherzi a parte, penso di essere stato tra i 3-4 migliori. Record di imbattibilità? Giocavo in una grandissima squadra e avevo grandi compagni in difesa, come Chiellini, ad esempio. Prima di superare lui, Barzagli e Bonucci arrivavano stanchi da me. Mi ricordo che con il Sassuolo avevamo rischiato il gol in qualche occasione e non ci eravamo accorti quasi del record. L’attenzione per noi era sulla partita e sulla vittoria".

La finale di Berlino: Messi e il retroscena

Nella finale di Berlino contro il Barcellona un dolce ricordo nonostante i ko: "Mi ha riempito di orgoglio alla finale di Berlino e avevo 37 anni. Quando mi ha chiesto la maglia ho detto tra me e me’ Mamma mia come sei bello!’. Uno dei momenti in cui mi sono sentito non a disagio ma mi sono guardato con occhi diversi. Abbiamo fatto lo scambio con la sua maglia. A fine partita però avevamo altri problemi, non sapendo che qualche anno dopo avremmo avuto un’altra occasione in finale". E sulla finale contro i blaugrana svela un retroscena: "Erano le 5.30 e con mia moglie Ilaria piangemmo abbracciati.Dopo Berlino tornai a casa.Tu sei stordito dalla sconfitta, come dopo una serata di una ubriacatura. Io rimango in salotto, lei si cambia e non ci diciamo una parola. Ci siamo abbracciati e abbiamo pianto per 5 minuti e poi siamo andati a letto. Condividere le stesse sensazione ed emozioni fa tanto.  Sempre meglio vincere. Perché ti dà consapevolezza e autostima. Ma solo le sconfitte ti spingono a ragionare per capire cosa non è andato, e quindi a migliorarti".

 

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"La sfuriata con Oliver? Ho dimostrato..."

E proprio su questo passaggio si sofferma Gigi: "Non mi piace cercare alibi o fare la vittima. Per questo oggi, quando ripenso alla sfuriata nei confronti dell’arbitro Oliver dopo il ko in Champions contro il Real Madrid, mi sento a disagio, perché ho dimostrato di non accettare di aver perso. Però dico che bisogna fare i conti anche con le emozioni. Poi, a casa, mia moglie mi ha preso per le orecchie". Ma su errori commessi in carriera chiarisce: "Non ho mai fatto grandi cavolate. Perché, quando ho sbagliato, ho sempre fatto del male a me stesso, mai ad altri. Però, quando mio padre mi ha detto di ricordarmi del cognome che porto e del fatto che i miei errori avrebbero inciso anche sulla reputazione della mia famiglia, ho riflettuto molto".

I rigori e Trezeguet ai Mondiali

Anche da capitano dei bianconeri Buffon non si sottrae a raccontare le sue emozioni: "Mi è capitato spesso di essere capitano della Juve, è una fortuna, ma senza Chiellini, Marchisio e altri ancora, andavo a vedere i carciofi (ride ndr). Grazie anche a loro, al loro supporto e alla società che sono diventato qualcuno".  Poi spiega le difficoltà di essere portiere, ad esempio sui rigori: "Ci sono alcuni momenti in cui si cerca, quando stai bene, la macchiolina per sporcare un po’. A me dicevano anche che non paravo i rigori. La verità è che ho chiuso la carriera con l 32% di rigore parati, insomma 1 su 3: un’ottima media. Al Mondiale su 4 rigori non ne ho parato nemmeno uno ad esempio, poi però in Champions League o in Supercoppa ne ho parati ma abbiamo perso. Il destino mi ha dato la gioia più grande, come il Mondiale, poi però mi ha fatto patire in altre occasioni e partite. Trezeguet? Una volta fatta la doccia e festeggiato mi sono dispiaciuto e mi sono messo nei suoi panni".

 

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Buffon su Cristiano Ronaldo

Non poteva mancare un aneddoto su un altro grandissimo del calcio, Cristiano Ronaldo: "Cristiano è una persona, per chi l’ha vissuto, con cui se entri in confidenza e chiaramente fuori dalle telecamere è un ragazzo di grande sensibilità. Ti fa capire il difficile percorso che ha attraversato da ragazzo. Poi mette addosso l’armatura da super uomo per difendersi anche da tutto quello che ha avuto e per far sì che gli altri siano attratti dalla sua figura. C’è uno sdoppiamento di personalità: quando c’è CR7 e quando c’è Cristiano. La qualità dell’uomo mi è piaciuta tanto. Da giocatore: il cinismo e la cattiveria che aveva e che ha non l’ho mai visto in nessuno. Se però Ronaldo supera gli anni, torno a giocare anche io".

La depressione e la Nazionale

Infine conclude con uno dei momenti più complessi della vita e della sua carriera: la depressione: "Ne sono uscito guardando dei quadri. Giocavo nella Juve, erano i primi anni Duemila. E ho approfittato delle numerose mostre di artisti che ci sono a Torino. Così ho creato nella mia testa un mondo parallelo che mi aiutò a tornare padrone di me stesso. Uscire dalla depressione è un percorso lento, occorre fare un passetto alla volta come una formichina, combattendo la paura di non farcela e la sensazione di essere posseduto da una forza estranea". E sul presente e futuro da capo delegazione della Nazionale: "È qualcosa che mi rende orgoglioso. E con la Federazione stiamo lavorando su idee interessanti: le vedrete nel prossimo futuro".

 

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Gigi Buffon è intervenuto alle Officine Grandi Riparazioni di Torino per presentare il suo libro: "Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi". In compagnia di Claudio Zuliani, l'ex portiere della Juventus e della Nazionale si è raccontato attraverso episodi, momenti e curisoità della sua straordinaria carriera. "Il libro non è una cronistoria a differenza degli altri libri - ha esordito Super Gigi - Tutti gli eventi cambiano la tua esistenza, la tua vita e la felicità. Ci sono tanti aneddoti che pochi conoscono, perché ho sempre preferito non parlare troppo. Questo è poi il motivo poi di determinate scelte, c’era un qualcosa che non si incastrava bene".

Il passaggio alla Juve: "Volevo lo Scudetto"

Il passaggio dal Parma alla Juventus il primo avvenimento chiave della lunga storia a difendere i pali: "Quando avevo 23 anni avevo la maturità di capire che non potevo scegliere. Ho chiesto a mio papà e al mio agente di occuparsi di tutto. Mi è poi arrivato un fax e mi arriva il primo ritaglio di Tuttosport dove diceva ‘ abbiamo il numero 1’. Mi volevano anche Barcellona e Roma, ma con la Juve ci siamo trovati a livello di ambizioni: io non avevo ancora vinto lo scudetto, loro volevano tornare a conquistarlo dopo qualche anno di digiuno".

 

 

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