TORINO - No, per questa Juventus l’abbondanza non pare un problema. Una soluzione, semmai. Un calcio sempre più intenso e un calendario sempre più intasato, d’altronde, strizzano fisiologicamente l’occhio alla panchina lunga. Quella a cui si sta finalmente abituando Thiago Motta, terminato il periodo degli infortuni in serie e anche quello del mercato invernale, che in dote al tecnico ha portato quattro rinforzi. I recenti risultati positivi, con una serie aperta di tre vittorie di fila, come mai era successo in precedenza nella stagione, sono figli di quel pragmatismo q.b., quanto basta, con cui l’ex guida del Bologna ha insaporito la sua ricetta a base di dominio del gioco. Ma il filotto può essere analizzato anche da un altro punto di vista.
Le armi in panchina
La Juventus, ormai abituata e quasi rassegnata a essere rimontata, ha iniziato invece a rimontare. L’Empoli? Battuto con un ribaltone da 0-1 a 4-1. Il Como? Superato proprio a ridosso del gong. Il Psv? Scalfito da una zampata al minuto 82. Un trend che è difficile non associare alla ritrovata abbondanza di frecce nella faretra dell’arciere Motta. Anche perché la pratica toscana era stata archiviata con un gol di Vlahovic e una giocata sull’asse Thuram-Conceiçao, tutti subentrati, così come l’ostacolo olandese, martedì sera, è stato aggirato da una sgasata dello stesso portoghese e dal successivo tap-in di Mbangula, anche in questo caso entrambi entrati durante la ripresa. In un simile scenario, insomma, l’allenatore ha più possibilità di incidere con le scelte iniziali e con le variabili da rimescolare in corso d’opera. E i giocatori guadagnano in termini di energie psico-fisiche e di lucidità.