Chiamatela tradizione, Dna Juve o come vi pare, ma la storia recente racconta che gli ottavi di Champions League hanno sempre rappresentato l’obiettivo minimo dei bianconeri in Europa. Quello da centrare sempre, a qualsiasi costo. Negli ultimi dieci anni - senza contare l’estromissione dalle coppe della passata stagione - solo una volta la Juventus non è riuscita a conseguirlo. Era il secondo anno dell’Allegri-bis quando McKennie e compagni si arresero già nella fase a gironi, con un terzo posto tanto amaro quanto inaspettato, alle spalle di Psg, Benfica, e a pari punti con il modestissimo Maccabi Haifa… La prima avvisaglia di una stagione che si sarebbe rivelata fallimentare a 360 gradi, con i bianconeri che in campionato chiusero al settimo posto a quota 62, dopo la decurtazione dei 10 punti per il caso plusvalenze. L’unico neo maligno in dieci anni di Europa giocati sempre - o quasi - ad alto livello.
Motta sa di non poter sbagliare
A tre anni dall’ultima volta, Motta sa di non poter sbagliare stasera contro il Psv. Gli ottavi di Champions rappresentano uno dei capisaldi del contratto firmato a luglio con la Juventus. Un imperativo che non ammette condizioni di alcun tipo, poiché fondamentale per poter progettare al meglio la posterità bianconera. Anzitutto, per un discorso prettamente economico: la qualificazione vale 11 milioni e il club ha bisogno di liquidità se vuole sperare di riscattare - o quantomeno confermare son maggior serenità - alcuni dei prestiti eccellenti messisi in mostra in questa stagione. A cominciare da Kolo Muani, per arrivare poi ai vari Conceiçao e Veiga (ammesso che il Chelsea deciderà di aprire alla cessione). E poi per l’iniezione di fiducia che un successo simile contribuirebbe a infondere in tutto il gruppo. Negli ultimi mesi, la Juve troppe volte si è resa protagonista con sfide all’altezza della sua gloriosa storia per poi inciampare negli impegni successivi. Dopo la sbornia collettiva di domenica, serve più che mai un pieno di certezze su cui costruire il resto della stagione.