Per uscire dalla Coppa Italia, in casa, contro l’Empoli in turnover, serviva un capolavoro al contrario. E la Juve di Thiago Motta si è superata: dopo l’eliminazione dalla Champions contro l’inferiore Psv, buca la semifinale di Coppa Italia contro la terzultima della Serie A (che veniva da nove sconfitte e tre pareggi). È una serata umiliante: la Juve di Thiago Motta ha mancato di rispetto alla Juventus, al suo popolo e alla sua storia. Perché, lo diciamo dall’inizio della stagione, tutto è giustificabile in una difficile stagione di transizione e semina per il futuro, ma serve dignità, è necessario il minino sindacale di orgoglio e decoro quando si veste quella maglia. Motta, a fine partita, parla apertamente di "vergogna". Fa bene. E gli fa onore (finalmente...) assumersi le responsabilità, ma farlo alle 23.14 del mercoledì 26 febbraio è tardi. Perché dopo sette mesi non può e non deve essere un problema far capire alla squadra che in un quarto di finale di Coppa Italia, ultimo obiettivo rimasto alla Juventus, si deve giocare in un altro modo, con un altro atteggiamento, con un’altra applicazione.

Juve, stagione fallimentare: ora almeno il quarto posto
Nessuno ha chiesto a Motta di vincere lo scudetto, nessuno gli ha chiesto di vincere la Champions League, gli si poteva chiedere di fare una figura migliore in Supercoppa, di non uscire prima degli ottavi in Champions, di battere l’Empoli (l’Empoli!) in casa. Ieri è stato fallito, malissimo, il terzo obiettivo stagionale. Resta il quarto posto, l’obiettivo più importante per la società, che pensa al pareggio di bilancio, ma è una prospettiva insipida per chi ama la Juventus, soprattutto se dovesse essere raggiunto con il singhiozzante andamento tenuto finora dalla squadra di Motta, che fa due passi avanti e uno indietro.