Motta, l’intesa Juve non è decollata: perché i giocatori non lo amano

Anche il rapporto con lo spogliatoio sarà valutato per decidere il futuro in panchina del tecnico italo-brasiliano

Premessa doverosa, perché bisogna essere onesti: non servivano empatia e chissà quale rapporto con l’allenatore per battere le riserve dell’Empoli, con il massimo e dovuto rispetto nei confronti della squadra del bravissimo D’Aversa. Questo per riportare anche i giocatori della Juventus a una assunzione di responsabilità che lo stesso Thiago Motta ha chiesto dopo l’eliminazione dalla Coppa Italia: dichiarazione forse tardiva, perché gli scricchiolii si sentivano con chiarezza già da un po’, mascherati grazie alla striscia aperta di quattro vittorie consecutive in campionato che possono diventare cinque lunedì sera con il Verona. Nascondere la polvere sotto al tappeto non basta a salvare l’apparenza perché poi l’inconsistenza della Juventus di quest’anno si è vista in tutte le partite da dentro o fuori: in Supercoppa contro il Milan, in Champions a Eindhoven e contro un Empoli con tante assenze e la testa impegnata a mantenere la categoria, di certo non alla Coppa Italia. Vergognarsi, verbo utilizzato da Thiago Motta e dal rappresentante dello spogliatoio di turno, in quel caso Perin, è in fin dei conti un modo per provare ad ammorbidire l’ambiente più che una decisa e piena presa di coscienza.

Motta: il carisma resiste

Eppure, in tutto questo, non si può certo dire che la squadra giochi “contro” l’allenatore, come spesso si dice e a volte pure a ragion veduta: non è il caso della Juve attuale e questo forse rende ancora più inquietante il quadro generale. Perché in quel caso ci sarebbe almeno una motivazione precisa con la quale dare una spiegazione a tante domande: in realtà non è così, ma nelle stanze della Continassa gli spifferi sono tanti e che il rapporto tra una fetta consistente di spogliatoio e il tecnico italo-brasiliano non sia propriamente idilliaco è una voce che girava ancora prima della caduta con l’Empoli. Quanto sembrano lontane le immagini estive, quando al centro sportivo della Juventus arrivavano i nuovi acquisti, accolti da Motta come se fosse il padrone di casa, perfettamente a suo agio e calato nel ruolo: peraltro tanti calciatori, da Kalulu passando da Conceiçao fino a Kolo Muani, hanno abbracciato il progetto juventino dopo aver parlato con l’allenatore. Insomma, i giocatori riconoscono a Thiago Motta un certo carisma e un rispetto per le doti tecniche: c’è la convinzione che diventerà un big della panchina, per quanto forse il salto in una grande sia avvenuto forse troppo presto.

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Il problema è l'empatia

Il problema semmai è un altro: l’assenza di “empatia”, per usare un termne che va di moda e rende l’idea, e una certa rigidità, nelle scelte come nei rapporti, hanno creato una patina di ghiaccio tra lo spogliatoio (almeno una buona parte) e il tecnico, freddezza che avrà comunque un peso nelle scelte della dirigenza tra qualche mese, quando si tirerà una riga per definire il futuro e non saranno solo i risultati (fin qui comunque al di sotto delle aspettative) a incidere in maniera consistente sulle decisioni finali. Se, tanto per fare un esempio, a Napoli la squadra è pronta a “gettarsi nel fuoco” (per utilizzare una frase fatta a effetto) con e per Conte, lo stesso non si può dire a Torino, per quanto - come detto - i giocatori non remino contro. Ma Motta non è riuscito a entrare sotto la pelle dei calciatori: difetto di comunicazione e complicazioni, nello spogliatoio, nel comprendere le richieste dell’allenatore e pure certe scelte. La gestione della fascia di capitano “a rotazione” e i rimescolamenti di formazione sono due problematiche sotto gli occhi di tutti, la punta dell’iceberg che va a sommarsi con tutto ciò che rimane sommerso nel sacralità dello spogliatoio. O che almeno dovrebbe restare segreto.

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Premessa doverosa, perché bisogna essere onesti: non servivano empatia e chissà quale rapporto con l’allenatore per battere le riserve dell’Empoli, con il massimo e dovuto rispetto nei confronti della squadra del bravissimo D’Aversa. Questo per riportare anche i giocatori della Juventus a una assunzione di responsabilità che lo stesso Thiago Motta ha chiesto dopo l’eliminazione dalla Coppa Italia: dichiarazione forse tardiva, perché gli scricchiolii si sentivano con chiarezza già da un po’, mascherati grazie alla striscia aperta di quattro vittorie consecutive in campionato che possono diventare cinque lunedì sera con il Verona. Nascondere la polvere sotto al tappeto non basta a salvare l’apparenza perché poi l’inconsistenza della Juventus di quest’anno si è vista in tutte le partite da dentro o fuori: in Supercoppa contro il Milan, in Champions a Eindhoven e contro un Empoli con tante assenze e la testa impegnata a mantenere la categoria, di certo non alla Coppa Italia. Vergognarsi, verbo utilizzato da Thiago Motta e dal rappresentante dello spogliatoio di turno, in quel caso Perin, è in fin dei conti un modo per provare ad ammorbidire l’ambiente più che una decisa e piena presa di coscienza.

Motta: il carisma resiste

Eppure, in tutto questo, non si può certo dire che la squadra giochi “contro” l’allenatore, come spesso si dice e a volte pure a ragion veduta: non è il caso della Juve attuale e questo forse rende ancora più inquietante il quadro generale. Perché in quel caso ci sarebbe almeno una motivazione precisa con la quale dare una spiegazione a tante domande: in realtà non è così, ma nelle stanze della Continassa gli spifferi sono tanti e che il rapporto tra una fetta consistente di spogliatoio e il tecnico italo-brasiliano non sia propriamente idilliaco è una voce che girava ancora prima della caduta con l’Empoli. Quanto sembrano lontane le immagini estive, quando al centro sportivo della Juventus arrivavano i nuovi acquisti, accolti da Motta come se fosse il padrone di casa, perfettamente a suo agio e calato nel ruolo: peraltro tanti calciatori, da Kalulu passando da Conceiçao fino a Kolo Muani, hanno abbracciato il progetto juventino dopo aver parlato con l’allenatore. Insomma, i giocatori riconoscono a Thiago Motta un certo carisma e un rispetto per le doti tecniche: c’è la convinzione che diventerà un big della panchina, per quanto forse il salto in una grande sia avvenuto forse troppo presto.

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