La realtà surreale di Motta: tutto quello che in conferenza non spiega

Non sempre le risposte sono consequenziali alle domande. Alla fine, però, conta solo azzeccare formazione e cambi

Le parole contano, mica no. Ma i punti di più, molto di più. È la legge dello sport, che prevede il campo come unico, supremo e insindacabile giudice. Poi, a seconda del contesto, possono esserci più gradi di giudizio, ma è sempre il campo che sentenzia. E lo farà anche con Thiago Motta il quale, ieri, si è definito l’allenatore che vorrebbe per i suoi figli, facendo molto discutere i tifosi. Questi, per i loro figli, non si sa, ma per la Juventus ne avrebbero voluto uno che almeno passasse il turno contro le riserve dell’Empoli.

Il mistero Thuram

Certo, le conferenze di Motta, a tratti, sembrano sceneggiate da Ionesco. Non sempre le risposte sono consequenziali alle domande. Tipo quando gli hanno chiesto come mai Thuram, ultimamente, sia quasi sempre partito dalla panchina. Motta si è indispettito, reclamando la sua «competenza» ed elogiando in modo sperticato il Thuram medesimo. Il che ha lasciato surrealmente inevasa la domanda, anzi ha aumentato la curiosità: perché non ci spiega, vista la sua competenza che nessuno ha mai messo in discussione, il perché Thuram, che lui stesso ha magnificato, parta in panchina? Mistero.

 

 

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Il campo unico giudice

Così come la domanda sui leader della Juventus, che lo ha portato a parlare di cuochi e magazzinieri. I quali - beninteso - sono persone indispensabili al funzionamento di una squadra, ma non possono trascinarla in campo nei momenti di difficoltà quando serve il carattere e non la crostata. Già, il campo: l’unico giudice, l’unico che potrà dare un senso o toglierlo alle parole di Motta (così come di qualunque allenatore). Le conferenze stampa stanno assumendo un valore che in realtà non hanno (forse perché certe partite sono molto più noiose, ma è un altro discorso). Alla fine ciò che conta, per la Juventus e il suo popolo, è che Motta azzecchi la formazione e i cambi (non come è successo a Eindhoven, per esempio). Se vinci hai sempre ragione, anche se dici cose assurde. Anzi un re del calcio come Eric Cantona ci ha insegnato che quando vinci puoi spararle proprio grosse e la gente (dai giornalisti in giù) si sforzerà per dare un senso compiutamente magnifico alla più assurda delle tue affermazioni. Se perdi, puoi pure inventare e spiegare la fusione a freddo e rimani lo scemo che ha perso. È il calcio, baby.  

 

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Le parole contano, mica no. Ma i punti di più, molto di più. È la legge dello sport, che prevede il campo come unico, supremo e insindacabile giudice. Poi, a seconda del contesto, possono esserci più gradi di giudizio, ma è sempre il campo che sentenzia. E lo farà anche con Thiago Motta il quale, ieri, si è definito l’allenatore che vorrebbe per i suoi figli, facendo molto discutere i tifosi. Questi, per i loro figli, non si sa, ma per la Juventus ne avrebbero voluto uno che almeno passasse il turno contro le riserve dell’Empoli.

Il mistero Thuram

Certo, le conferenze di Motta, a tratti, sembrano sceneggiate da Ionesco. Non sempre le risposte sono consequenziali alle domande. Tipo quando gli hanno chiesto come mai Thuram, ultimamente, sia quasi sempre partito dalla panchina. Motta si è indispettito, reclamando la sua «competenza» ed elogiando in modo sperticato il Thuram medesimo. Il che ha lasciato surrealmente inevasa la domanda, anzi ha aumentato la curiosità: perché non ci spiega, vista la sua competenza che nessuno ha mai messo in discussione, il perché Thuram, che lui stesso ha magnificato, parta in panchina? Mistero.

 

 

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