Da Scirea a Huijsen: giovani e vittorie, così Juve e Atalanta si sono copiate

Talenti forgiati in casa e grandi ambizioni. Dal progetto seconde squadre  agli investimenti nel vivaio: ai vertici con i propri gioielli

TORINO - Il rapporto tra Juventus e Atalanta, in un tempo nemmeno troppo lontano, si configurava nitidamente come subalterno. A farla semplice: i bianconeri andavano in caccia di trofei da sollevare, gli orobici di talenti da forgiare. Da Scirea a Tacchinardi, tanto per buttar giù un paio di esempi, la lista dei prodotti del vivaio bergamasco che hanno poi fatto le fortune a Torino è piuttosto nutrita. Oggi, certo, le stelle polari non sono mutate. La Juventus scende in campo in ogni competizione per vincere. E l’Atalanta vanta dei gioiellini “made in Bergamo” da far invidia a tutta Europa. I due club, però, si sono decisamente avvicinati tra loro, sulla mappa del grande calcio. Perché gli orobici, classifiche alla mano, hanno chiuso cinque delle ultime otto stagioni in Serie A tra le migliori quattro del novero, con una continuità di risultati sconosciuta in passato. E perché la Juventus, che quest’anno vanta la seconda età media più bassa dopo il Parma, nell’ultimo lustro in particolare ha iniziato a strizzare l’occhio alla politica dei giovani costruiti in casa.

Juve-Atalanta: i numeri del vivaio

Il rapporto sempre più paritario tra le due realtà, domani sera opposte allo Stadium in una sfida con in palio tre punti e una bella fetta di rispettive ambizioni da mantenere immacolata, è testimoniato dalla cartolina offerta proprio dal campionato in corso. Nell’organico delle rispettive prime squadre, infatti, figurano allo stesso modo sei giocatori usciti dal vivaio (vedi tabella qui a fianco), con la Juventus che addirittura prevale tanto per presenze quanto per impatto sui risultati, almeno attenendosi alla somma dei gol e degli assist messi a referto. Un dato contingente, ci mancherebbe: Carnesecchi, in quanto portiere, non può contribuire alla produzione offensiva della squadra, ma al contempo assicura un numero di gettoni più alto rispetto ai giocatori di movimento. E poi c’è Fagioli, ceduto dai bianconeri a campionato in corso. E poi ancora Scalvini, il cui apporto è stato pesantemente condizionato dagli infortuni.

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Finanze e seconde squadre

Quello che va oltre le situazioni episodiche dettate dall’hic et nunc, però, è il trend che vuole – appunto – i due club gradualmente più simili uno all’altro. Se l’Atalanta negli scorsi anni aveva immesso sul mercato nazionale e internazionale elementi del calibro di Bastoni, Kulusevski e Diallo, tanto per fare tre nomi, la Juventus ancor più di recente ha risposto con i vari Kean, Soulé e Huijsen, tanto per fare altri tre nomi. Giovani forgiati in casa, vuoi grazie al lavoro dei tecnici nel settore giovanile e vuoi grazie all’occhio dell’area scuoting, per rinforzare la prima squadra all’occorrenza e per dar slancio alle finanze nel momento del bisogno. Ma non solo. I bianconeri sono stati i primi in Italia a credere concretamente nel progetto della seconda squadra, e la prima società a imitarli - anche per risolvere la grana della limitazione dei prestiti imposta dalla Uefa - è in seguito stata proprio quella bergamasca. Chiaro segnale dell’intraprendenza e della capacità di programmare, anche dietro la scrivania, da parte dei due assetti societari.

Le sfide di Juve-Atalanta

La logica conseguenza, così, è che in queste ore Thiago Motta e Gasperini stiano preparando il big match dello Stadium soppesando il possibile apporto, dall’inizio o a gara in corso, di Mbangula da una parte e di Ruggeri dall’altra, finora 58 presenze in due, equamente distribuite. O fantasticando sul duello tra Yildiz, su un fronte, e Carnesecchi, sull’altro, scontro diretto da cui potrebbe passare l’esito della partita. Non passerà, invece, dai piedi e dalle giocate di Savona e di Scalvini, ma solo per una questione di infortuni. La contingenza che nulla toglie a un trend sempre più evidente. 

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TORINO - Il rapporto tra Juventus e Atalanta, in un tempo nemmeno troppo lontano, si configurava nitidamente come subalterno. A farla semplice: i bianconeri andavano in caccia di trofei da sollevare, gli orobici di talenti da forgiare. Da Scirea a Tacchinardi, tanto per buttar giù un paio di esempi, la lista dei prodotti del vivaio bergamasco che hanno poi fatto le fortune a Torino è piuttosto nutrita. Oggi, certo, le stelle polari non sono mutate. La Juventus scende in campo in ogni competizione per vincere. E l’Atalanta vanta dei gioiellini “made in Bergamo” da far invidia a tutta Europa. I due club, però, si sono decisamente avvicinati tra loro, sulla mappa del grande calcio. Perché gli orobici, classifiche alla mano, hanno chiuso cinque delle ultime otto stagioni in Serie A tra le migliori quattro del novero, con una continuità di risultati sconosciuta in passato. E perché la Juventus, che quest’anno vanta la seconda età media più bassa dopo il Parma, nell’ultimo lustro in particolare ha iniziato a strizzare l’occhio alla politica dei giovani costruiti in casa.

Juve-Atalanta: i numeri del vivaio

Il rapporto sempre più paritario tra le due realtà, domani sera opposte allo Stadium in una sfida con in palio tre punti e una bella fetta di rispettive ambizioni da mantenere immacolata, è testimoniato dalla cartolina offerta proprio dal campionato in corso. Nell’organico delle rispettive prime squadre, infatti, figurano allo stesso modo sei giocatori usciti dal vivaio (vedi tabella qui a fianco), con la Juventus che addirittura prevale tanto per presenze quanto per impatto sui risultati, almeno attenendosi alla somma dei gol e degli assist messi a referto. Un dato contingente, ci mancherebbe: Carnesecchi, in quanto portiere, non può contribuire alla produzione offensiva della squadra, ma al contempo assicura un numero di gettoni più alto rispetto ai giocatori di movimento. E poi c’è Fagioli, ceduto dai bianconeri a campionato in corso. E poi ancora Scalvini, il cui apporto è stato pesantemente condizionato dagli infortuni.

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