Dirigenza Juve, un comportamento che fa rumore: colpe, dubbi e retropensieri

Lo storico schiaffone subito dalla squadra bianconera non si può addossare soltanto a Motta: tutto ciò che non va all’apice

Come se niente fosse, almeno in apparenza. Alla Continassa la tempesta che si è abbattuta domenica sera allo Stadium, di nome Atalanta, non ha scalfito di un millimetro la ritualità abituale: nella liturgia settimanale del post partita non è saltato il giorno di riposo previsto per la squadra, che dunque si ritroverà oggi per preparare la, ancor più delicata del solito, trasferta di Firenze. Tutto scorre, di eraclitiana memoria, come un flusso regolare, anche quando di regolare non c’è nulla: il 4-0 subìto in casa è uno schiaffone di proporzioni bibliche per la Juventus, da libri di storia quale dato negativo che in campionato non si riscontrava da quasi 58 anni. Una debacle che ha scosso le coscienze del tifo tanto quanto il silenzio assordante della dirigenza: un ritornello che suona sempre uguale, qualsiasi cosa succeda.

L'assenza della società

L’opinione pubblica bianconera si chiede come sia possibile l’assenza totale di una presa di posizione della società nel post partita: una freddezza che si presta a mille interpretazioni e che presta anche il fianco a chi potrebbe fin strumentalizzare quel distacco per evidenziare quanto Motta sia stato lasciato solo. E non è nemmeno la prima volta che succede: partita finita, risultato negativo incassato e il tecnico lasciato lì, a giustificarsi, senza un segnale del club al suo fianco per rafforzarne la posizione. Unica eccezione dopo l’eliminazione dalla Coppa Italia per mano dell’Empoli, ma con un distinguo fondamentale: il dt Cristiano Giuntoli ha parlato solo a un emittente tv (Sky per la precisione), il giorno dopo e non subito, per sottolineare la fiducia in Thiago Motta. Il quale, in privato, avrebbe avuto bisogno dell’appoggio dirigenziale anche per gestire alcuni difetti di comunicazione che in una realtà come la Juventus non ci si può permettere.

 

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La mancanza di juventinità

In generale l’opinione pubblica bianconera imputa alla società una mancanza di presenza e una generale assenza quando c’è da gestire situazioni scomode e/o delicate, non solo quando c’è da spiegare una sconfitta o da difendere l’operato di allenatore e squadra: l’ambiente juventino ha percepito tale assenza anche quando si sono verificati episodi arbitrali in campo giudicati in maniera discutibile o quantomeno controversa. Insomma, quando sarebbe stato lecito aspettarsi una presa di posizione forte davanti alle telecamere - come del resto capita spesso a rotazione a tutte le squadre di Serie A - la dirigenza bianconera ha preferito soprassedere, lasciando nei tifosi la sensazione diffusa di un indebolimento a livello di immagine e di peso politico. Il discorso si fa più filosofico quando entra in maniera diretta nella mancanza di “juventinità” all’interno dell’attuale società: un concetto un po’ labile, perché si possono snocciolare svariati esempi di dirigenti di comprovata efficienza pur senza affondare le proprie radici nella storia del determinato club.

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Il flop del mercato

Ma l’evocare figure di spicco tra i depositari del verbo bianconero - Del Piero è il più invocato però c’è anche chi benedirebbe un maggiore coinvolgimento di Giorgio Chiellini in un ruolo più da prima linea e non nelle retrovie - è una pratica che si diffonde in maniera esponenziale dopo sconfitte di questo tipo, alle quali la Juventus non è avvezza. Chi si trova al vertice della piramide, dal presidente Ferrero all’ad Scanavino, si è sempre esposto molto poco nelle dichiarazioni ufficiali e ha di solito affrontato tematiche legate all’equilibrio economico/finanziario. E lì si arriva a un’altra criticità rilevata dall’universo juventino: la campagna acquisti stagionale, tra estate e inverno. E qui va scissa la redditività dalla funzionalità: gli obiettivi economici sono stati raggiunti, anche attraverso un mercato che è stato molto oneroso per quanto riguarda le entrate, ma altrettanto massiccio in uscita. Però i dubbi sorgono quando il rendimento dei tre acquisti più onerosi - circa 150 milioni in totale, a grandi linee - per motivazioni diverse non è all’altezza degli investimenti: Koopmeiners, Douglas Luiz e Nico Gonzalez sono i primi tre nomi che vengono in mente, senza andare a entrare nei dettagli delle singole operazioni. La sensazione, dunque, è che le valutazioni di fine stagione sul progetto possano allargarsi e riguardare non soltanto l’allenatore.

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Come se niente fosse, almeno in apparenza. Alla Continassa la tempesta che si è abbattuta domenica sera allo Stadium, di nome Atalanta, non ha scalfito di un millimetro la ritualità abituale: nella liturgia settimanale del post partita non è saltato il giorno di riposo previsto per la squadra, che dunque si ritroverà oggi per preparare la, ancor più delicata del solito, trasferta di Firenze. Tutto scorre, di eraclitiana memoria, come un flusso regolare, anche quando di regolare non c’è nulla: il 4-0 subìto in casa è uno schiaffone di proporzioni bibliche per la Juventus, da libri di storia quale dato negativo che in campionato non si riscontrava da quasi 58 anni. Una debacle che ha scosso le coscienze del tifo tanto quanto il silenzio assordante della dirigenza: un ritornello che suona sempre uguale, qualsiasi cosa succeda.

L'assenza della società

L’opinione pubblica bianconera si chiede come sia possibile l’assenza totale di una presa di posizione della società nel post partita: una freddezza che si presta a mille interpretazioni e che presta anche il fianco a chi potrebbe fin strumentalizzare quel distacco per evidenziare quanto Motta sia stato lasciato solo. E non è nemmeno la prima volta che succede: partita finita, risultato negativo incassato e il tecnico lasciato lì, a giustificarsi, senza un segnale del club al suo fianco per rafforzarne la posizione. Unica eccezione dopo l’eliminazione dalla Coppa Italia per mano dell’Empoli, ma con un distinguo fondamentale: il dt Cristiano Giuntoli ha parlato solo a un emittente tv (Sky per la precisione), il giorno dopo e non subito, per sottolineare la fiducia in Thiago Motta. Il quale, in privato, avrebbe avuto bisogno dell’appoggio dirigenziale anche per gestire alcuni difetti di comunicazione che in una realtà come la Juventus non ci si può permettere.

 

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