Mancini alla Juve, tutti i perché! Motta isolato e i calcoli per l'esonero

Diverso da Thiago: dalla gestione senza timore dei senatori ai successi in carriera. Più di una semplice alternativa

TORINO - Roberto Mancini rappresenta qualcosa più di un “piano B” per la guida tecnica della Juventus: si configura quasi come un cambio di paradigma rispetto alla scelta che ha individuato in Thiago Motta il leader (forse troppo “maximo”) a cui affidare la gestione dell’ormai mitologico progetto di rilancio bianconero. Premesso che l’attuale tecnico ha ancora molte carte da giocare per proseguire il lavoro come prevede il contratto che scadrà nel 2027, è inevitabile e persino logico che Cristiano Giuntoli (che, come vedremo, ha parlato alla squadra) si faccia trovare pronto con una soluzione nel caso in cui a Firenze non si dovesse vedere una reazione con la conseguente messa a rischio del fondamentale quarto posto.

I successi di Mancini

E, come vi abbiamo anticipato, la scelta sembra sempre più indirizzata verso l’ex ct azzurro che, appunto, è molto più di una semplice alternativa, per il carisma, per la storia professionale, ma anche per le caratteristiche tecniche e di gestione che lo rendono alternativo filosoficamente a Motta. Il “Mancio”, infatti, ha un background di esperienza e di vittorie tale da essere perfino un poco dimenticato: tre scudetti con l’Inter, 4 Coppe Italia, 2 Supercoppe Italiane, 1 Premier League (quello che, di fatto, avviò l’epopea del Manchester City degli sceicchi), 1 Coppa d’Inghilterra, 1 Community Shield e una Coppa di Turchia. Fino, ovviamente, all’esaltante trionfo europeo alla guida della Nazionale azzurra nel 2021. Tutto questo si traduce, ovviamente, in esperienza nella capacità di gestione dei gruppi squadra, un aspetto sempre più importante nelle squadre di alto livello che, al netto delle sue indubbie conoscenze di calcio, Motta sta ancora affinando. L’ex ct, che pure non si è risparmiato sfuriate epocali nel corso della carriera, si è via via ammorbidito nella gestione per dosare i momenti di relax (memorabile e geniale la settimana pre ritiro Europeo in Sardegna con giocatori e famiglie) con quelli che richiedono maggiore applicazione anche perché, in fondo, i due aspetti si compenetrano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

La ricerca del talento e i senatori

Senza contare che la maggiore esperienza “a vincere" da tecnico in club di alto livello gli consente di gestire con maggior distacco e freddezza le pressioni che derivano dall’ambiente e, anche, dalla necessità di gestire grandi delusioni (perché ogni tecnico le ha sperimentate) come quella della mancata convocazione al Mondiale. Dal punto di vista tattico, Mancini preferisce un calcio con identificazione dei ruoli: nella sua Italia migliore, in fase di costruzione era il 3-2-4-1, con il terzino largo sulla linea del trequartista (Spinazzola asset principale e devastante fino al suo infortunio) mentre in fase di non possesso la linea diventava a quattro. Mancio, quindi, assegna una organizzazione alla squadra ma è sempre molto attento a non ingabbiare il talento, a costo di modificare alcune impostazioni, come il “centrocampo a geometria variabile” che consegnava alla triade Verratti-Insigne e Jorginho le chiavi dell’inventiva per consentire alla costruzione dal basso di accendersi e diventare imprevedibile in fase offensiva.

La gestione dei senatori

Senza, appunto, ingabbiare il talento perché a Mancini il talento piace eccome, soprattutto quello nascosto. Lo ha ricercato in maniera rabdomantica a costo anche di stupire, come quando convocò Zaniolo che non aveva ancora presenze in Serie A, o quando in ambito convocazioni lanciò la frase «prima Pafundi poi gli altri 22» per sottolineare le qualità del fantasista. D’altra parte, però, non ha mai rinunciato alla componente di esperienza, senza il timore di confrontarsi con i “senatori”, prova ne sia il modo con cui ha coccolato e tutelato Chiellini, divenuto infatti fondamentale per reggere l’urto delle ultime sfide ad alta tensione dell’Europeo in coppia con Bonucci, altro “grande vecchio” e alla lettura dei match con i cambi (come l’ingresso di Chiesa contro l’Austria) spesso decisivi. E, alla fine, il mix tra giovani di qualità e anziani di esperienza si rivela sempre la scelta più efficace.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Per il cambio serviranno più ‘sì’

Sarà anche una questione di conti economici a determinare i destini professionali di Thiago Motta sulla panchina della Juventus. Una questione cogente, che riguarda il suo contratto e il conseguente peso che riverserebbe il suo esonero sul bilancio del club. Il contratto, da 3,5 milioni netti più bonus, scadrà nel 2027 e il suo eventuale allontanamento costringerebbe ad accantonare oltre 15 milioni, tanto più che a tutto questo si dovrebbe aggiungere il peso del biennale (richiesta minima) da corrispondere a Mancini. Ecco, se a questo costo si dovessero aggiungere le perdite della mancata qualificazione Champions, oltre a quelle già sedimentate della mancata qualificazione agli ottavi dell’attuale Champions e della prossima Supercoppa Italiana, ecco che il fantasma di un necessario aumento di capitale si è materializzato con inquietante nitidezza nei corridoi della Continassa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Motta non si arrende

Un’eventualità che, considerata la mission imposta dall’azionista di maggioranza, viene considerata una iattura quasi peggiore dei risultati sportivi carenti. Senza dimenticare, poi, che la Juventus non è club “leggero” come quelli cui si è abituati nel calcio in cui decidono ds e presidente, ma deve passare attraverso il via libera del cda che, mai come in questo caso, ha come priorità la tenuta economica. Inevitabile, quindi, che anche le valutazioni tecniche di Cristiano Giuntoli siano soggette alle forche caudine delle esigenze di bilancio e gli spifferi dai piani alti (anzi, altissimi) della Continassa riferiscono appunto come sia stata imposta una riflessione strategica all’eventuale cambio tecnico . Meglio, insomma, cercare di rimettere la barca in linea di galleggiamento senza costose rivoluzioni tenendo insieme conti e risultati. Perché, poi, la questione tecnica esiste, eccome, e fa riferimento tanto ai risultati quanto alla gestione di uno spogliatoio che non è certo in rivolta, ma che altrettanto certamente è gravato da perplessità interne e limiti caratteriali propri. Motta non si arrende, si è isolato dalle voci e cerca uno scarto simile a quello che gli consentì di ricompattare e risollevare uno Spezia che sembrava condannato alla retrocessione. Giuntoli è andato a parlare con la squadra, ne ha approfittato per confermare la fiducia al tecnico: anche i conti, oltre ai risultati, lo impongono. E tutto si tiene. Compresa l’ipotesi che in caso di naufragio, si vada verso una soluzione interna. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

TORINO - Roberto Mancini rappresenta qualcosa più di un “piano B” per la guida tecnica della Juventus: si configura quasi come un cambio di paradigma rispetto alla scelta che ha individuato in Thiago Motta il leader (forse troppo “maximo”) a cui affidare la gestione dell’ormai mitologico progetto di rilancio bianconero. Premesso che l’attuale tecnico ha ancora molte carte da giocare per proseguire il lavoro come prevede il contratto che scadrà nel 2027, è inevitabile e persino logico che Cristiano Giuntoli (che, come vedremo, ha parlato alla squadra) si faccia trovare pronto con una soluzione nel caso in cui a Firenze non si dovesse vedere una reazione con la conseguente messa a rischio del fondamentale quarto posto.

I successi di Mancini

E, come vi abbiamo anticipato, la scelta sembra sempre più indirizzata verso l’ex ct azzurro che, appunto, è molto più di una semplice alternativa, per il carisma, per la storia professionale, ma anche per le caratteristiche tecniche e di gestione che lo rendono alternativo filosoficamente a Motta. Il “Mancio”, infatti, ha un background di esperienza e di vittorie tale da essere perfino un poco dimenticato: tre scudetti con l’Inter, 4 Coppe Italia, 2 Supercoppe Italiane, 1 Premier League (quello che, di fatto, avviò l’epopea del Manchester City degli sceicchi), 1 Coppa d’Inghilterra, 1 Community Shield e una Coppa di Turchia. Fino, ovviamente, all’esaltante trionfo europeo alla guida della Nazionale azzurra nel 2021. Tutto questo si traduce, ovviamente, in esperienza nella capacità di gestione dei gruppi squadra, un aspetto sempre più importante nelle squadre di alto livello che, al netto delle sue indubbie conoscenze di calcio, Motta sta ancora affinando. L’ex ct, che pure non si è risparmiato sfuriate epocali nel corso della carriera, si è via via ammorbidito nella gestione per dosare i momenti di relax (memorabile e geniale la settimana pre ritiro Europeo in Sardegna con giocatori e famiglie) con quelli che richiedono maggiore applicazione anche perché, in fondo, i due aspetti si compenetrano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...
1
Mancini alla Juve, tutti i perché! Motta isolato e i calcoli per l'esonero
2
La ricerca del talento e i senatori
3
Per il cambio serviranno più ‘sì’
4
Motta non si arrende