Motta spreca la Juve: il flop della gestione spiegato con i dati

L’attuale rosa vale circa 400 milioni più di quella che aveva nel Bologna ma risultati e gioco sono simili: le abilità dei top ostaggio degli schemi

C’è evidentemente un filo rosso, che poi filo non è. È un’idea, una filosofia, un modo di giocare o più modernamente una “proposta”. Come tale, può essere accettata o meno, e probabilmente in questo caso è stata proprio rispedita al mittente. Thiago Motta non ha mai voluto piegarsi a ciò che rappresenta la Juventus, non ha mai assorbito l’ossessione alla vittoria. Meno pragmaticamente, ha provato ad anteporre il suo credo calcistico ai momenti, alle difficoltà, alle dinamiche concretamente diverse trovate in bianconero, provando a modificare la Juve più di quanto la Juve potesse modificare lui. Spoiler, e a un passo dal finale: non ci è riuscito. È anzi diventato una brutta copia di ciò che è stato, dai sorrisi contagiosi di Bologna al costante accovacciarsi allo Stadium, un sorso d’acqua per restare presente nel momento e le mani in tasca. Forse per non mangiarsi le unghie. O forse per coltivare quella lucidità che con certi risultati è pure legittimo possa perdersi.

 

Motta, l'occasione sprecata 

Numeri alla mano, Thiago può dire a se stesso di non essersi rinnegato. Di aver proposto, appunto, tutto se stesso. E che tutto se stesso non è bastato. I dati della sua Juventus sono infatti pressoché sovrapponibili al Bologna della passata stagione, partendo dal gioco di possesso teorizzato sin dall’inizio del suo approdo a Torino: è al 57% di media, era poco oltre il 58% in Emilia Romagna. La Juve, come quel Bologna, sfonda poco centralmente (fascia d’attacco al 23% in rossoblù, a Torino è al 26%) e utilizza gli esterni come sfogo principale della manovra, coerentemente sopra il 35% del gioco sia da una parte dall’altra, da Orsolini a Conceiçao. Cosa vuol dire? Che Motta è essenzialmente questa roba qui. E che non cambia neanche a seconda del contesto, dei giocatori, del mercato faraonico o meno presentatogli tra estate e inverno. Tra il gruppo a disposizione nel giugno del 2023 e la Juve di oggi, ballano infatti circa 400 milioni di valutazioni - dati Transfermarkt -, si passa da 252,2 milioni di euro di allora ai 645,20 milioni di adesso. È un’enormità. Ed è una carenza tecnica, invece, questa produzione così simile tra l’una e l’altra squadra, dalle percentuali di passaggi nella propria metà campo - da 91.4% a 91.8% -, a quelli prodotti nell’altra metà del rettangolo verde, 78% prima e 79.5% dopo.

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"La mia idea di calcio non cambierà"

Ancora: quante big chances sono state create? Differenza di 0.2 in favore dell’ultima formazione allenata da TM, mentre è di 0.7 la differenza (in negativo) di palle lunghe e cross di media a partita. C’è un filo rosso, sì, ed è chiaro. Un filo rosso tradotto persino nelle statistiche con un effetto diretto sul risultato: considerando il campionato dei felsinei 2023-2024 (38 par- tite) e l’unione di Champions e Serie A per la Signora (39 match totali), la differenza nei gol segnati è di più 3 per Kolo Muani e compagni, nei gol subiti è di meno 7 per Beukema e la sua retroguardia. La media reti è praticamente identica, così come restano pochi e pressoché uguali le marcature da fuori area: 8 e 7, favore bolognese. Del resto, il tecnico stesso era stato chiarissimo, e sin alla vigilia del debutto con il Como: "La mia idea di calcio non cambierà da una parte all’altra".

Motta, l'intransigenza ti è costata tutto

Ai tempi, una frase per sognatori. Ad oggi, un chiaro monito dell’intransigenza successivamente mostrata. Motta resta convinto che la base della filosofia con cui ha conquistato la qualificazione alla Champions League in rossoblù sia attuabile e replicabile in qualsiasi contesto, pur ritrovandosi con giocatori differenti ma certamente con un gruppo completamente disposto ad assecondarlo. La Juventus, e i problemi emersi in una stagione con avvenimenti a volte impossibili da prevedere, gli ha invece mostrato l’altro e doloroso lato della medaglia della rigidità tattica. E adesso? Può essere troppo tardi per cambiare. E chissà se poi ha davvero voglia di cambiarsi. In fondo, Thiago, sinora, non l’ha mai realmente considerata un’opzione.

 

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C’è evidentemente un filo rosso, che poi filo non è. È un’idea, una filosofia, un modo di giocare o più modernamente una “proposta”. Come tale, può essere accettata o meno, e probabilmente in questo caso è stata proprio rispedita al mittente. Thiago Motta non ha mai voluto piegarsi a ciò che rappresenta la Juventus, non ha mai assorbito l’ossessione alla vittoria. Meno pragmaticamente, ha provato ad anteporre il suo credo calcistico ai momenti, alle difficoltà, alle dinamiche concretamente diverse trovate in bianconero, provando a modificare la Juve più di quanto la Juve potesse modificare lui. Spoiler, e a un passo dal finale: non ci è riuscito. È anzi diventato una brutta copia di ciò che è stato, dai sorrisi contagiosi di Bologna al costante accovacciarsi allo Stadium, un sorso d’acqua per restare presente nel momento e le mani in tasca. Forse per non mangiarsi le unghie. O forse per coltivare quella lucidità che con certi risultati è pure legittimo possa perdersi.

 

Motta, l'occasione sprecata 

Numeri alla mano, Thiago può dire a se stesso di non essersi rinnegato. Di aver proposto, appunto, tutto se stesso. E che tutto se stesso non è bastato. I dati della sua Juventus sono infatti pressoché sovrapponibili al Bologna della passata stagione, partendo dal gioco di possesso teorizzato sin dall’inizio del suo approdo a Torino: è al 57% di media, era poco oltre il 58% in Emilia Romagna. La Juve, come quel Bologna, sfonda poco centralmente (fascia d’attacco al 23% in rossoblù, a Torino è al 26%) e utilizza gli esterni come sfogo principale della manovra, coerentemente sopra il 35% del gioco sia da una parte dall’altra, da Orsolini a Conceiçao. Cosa vuol dire? Che Motta è essenzialmente questa roba qui. E che non cambia neanche a seconda del contesto, dei giocatori, del mercato faraonico o meno presentatogli tra estate e inverno. Tra il gruppo a disposizione nel giugno del 2023 e la Juve di oggi, ballano infatti circa 400 milioni di valutazioni - dati Transfermarkt -, si passa da 252,2 milioni di euro di allora ai 645,20 milioni di adesso. È un’enormità. Ed è una carenza tecnica, invece, questa produzione così simile tra l’una e l’altra squadra, dalle percentuali di passaggi nella propria metà campo - da 91.4% a 91.8% -, a quelli prodotti nell’altra metà del rettangolo verde, 78% prima e 79.5% dopo.

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