Buongiorno Ardoino, vuole essere lei a presentarsi ai tifosi juventini, soprattutto quelli meno esperti di economia e finanza?
«Sono un ragazzo nato nell’entroterra tra Alassio e Albenga, in un piccolo paesino di 600 persone. Mi hanno sempre considerato un nerd o un geek, insomma la mia passione sono sempre stati i computer. Da quando avevo 8 anni ho iniziato a programmare. Mi sono sempre piaciute la matematica e la fisica. Però sono sempre stato anche uno sportivo. Ho giocato a calcio per tanto tempo, ruolo centravanti e piedi abbastanza buoni. Ho giocato anche ultimamente, mi diverto ancora ogni tanto, cercando di non disintegrarmi e di non strapparmi, ma a 40 anni diventa sempre più difficile. Ho fatto mille altri sport, dal karate al nuoto. La Juve è sempre stata in famiglia, perché mio padre è tifoso juventino, e io l’ho seguito e sono sempre stato tifoso della Juve da fin da quando ero piccolo, fin da che mi ricordi. Sono cresciuto nel mondo della tecnologia, poi passato nel mondo della tecnologia finanziaria. Ho avuto la fortuna di incontrare un partner come Giancarlo Devasini, lui è di Casale Monferrato, che con me ha costruito due aziende molto importanti, di cui la più importante in questo momento è Tether. La definirei un’azienda semplice con, secondo me, valori molto profondi, valori di libertà, valori di opportunità anche per chi ha meno ed è meno fortunato. Noi ci concentriamo molto nei mercati emergenti, infatti il nostro prodotto si focalizza a portare soluzioni di inclusione finanziaria nei mercati nuovi. Qui abbiamo 400 milioni di persone che usano il nostro prodotto. Crediamo in una società che debba costruire cose utili per tutti, che danno opportunità a tutti. Abbiamo investito molto in società che spaziano sia dalla finanza, all’intelligenza artificiale a anche agricoltura. Anche perché io vengo da un passato contadino: i miei genitori e i miei nonni avevano una piccola azienda agricola a Cisano. E durante l’estate lavoro in campagna. Per il livello a cui è arrivata credo che Tether sia di quelle che nascono una volta ogni 100 anni. È un’azienda che è riuscita a cambiare il mondo della finanza dal basso. Cioè, non abbiamo mai chiesto capitali di investimento, non abbiamo mai parlato con venture capitalist, non abbiamo mai cercato sponsorizzazioni importanti. Noi quello che facciamo è andare nei villaggi in Africa, in Centro Sud America, in Asia e lavoriamo direttamente nelle strade con le persone, con chi ha un negozio, con chi in Africa, in un villaggio non ha neanche la corrente in casa. Costruiamo dei chioschi con pannelli solari sopra con delle batterie. Credo che il mondo sia un po’ stufo del mondo finanziario fatto da finanzieri che pensano solo alla creazione di maggior benessere per loro. Noi ad oggi abbiamo fatto una società che ha generato un sacco di utili, più di 20 miliardi negli ultimi 2 anni e mezzo e abbiamo distribuito agli azionisti quasi niente, perché tutto viene utilizzato per investire in società, per creare ulteriori opportunità per la nostra utenza che appunto sono i mercati emergenti. Noi siamo un po’, se vuoi, i Forrest Gump imprenditoriali e finanziari, però finora, devo dire che siamo stati premiati anche rispetto a tanti competitor americani. Sono orgoglioso di quello che abbiamo creato. Ci divertiamo, non la prendiamo ogni giorno come una battaglia. Siamo stati all’inferno e siamo tornati indietro, nel senso che la nostra storia è stata travagliata e per me è anche bella la sfida di… dare fastidio».