Sbravati, il segreto del futuro Juve al vertice: non c'è solo la Next Gen

Oltre alla valorizzazione di Brambilla con vista sui playoff i motivi per sorridere in casa bianconera riguardano principalmente il settore giovanile

TORINO - Quattro partite. Non c’è tempo da perdere, motivo per distrarsi, ambizione da temere. La Juventus Next Gen si gioca in 360 minuti - più recuperi - una fetta importante di stagione. Un’annata iniziata male e proseguita alla grande, ora da affrontare con un rallentamento tutto sommato fisiologico. C’è ancora margine, però. Per recuperare, ricalibrarsi, pensare al presente. E forse pure un pizzico al futuro. Inevitabile, in una formazione così. Fatta di giovani e per i giovani. Fatta anche di sogni, che sanno farsi benzina, specialmente nei momenti più difficili. Dunque, a primavera iniziata, cominciano le riflessioni su chi potrà fare il salto in avanti, raggiungere quella prima squadra finora magari soltanto sfiorata, comunque vissuta, certamente ambita.

La filosofia della Juve

Da filosofia, sin dalla prima idea di Next Gen, la società ha sempre cercato di inserire in pianta stabile almeno tre elementi dalla seconda formazione. Nella passata stagione è accaduto con Savona, Mbangula e Rouhi; a loro andavano aggiunti Adzic - ha fatto il percorso inverso, oggi punto fermo di Brambilla - e comunque lo status riconosciuto di Yildiz, che arrivava da mesi in cui si pensava potesse fare da spola e alla fine è stato l’arma in più di Massimiliano Allegri. Sembra una vita fa, e invece sono meno di dodici mesi. Ma sembra una vita fa perché in fondo una vita è stata toccata, modificata. Elevata.

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Next Gen, a chi tocca ora

E i prossimi? Premessa doverosa: sarà la guida tecnica del 2025-2026 a decidere chi portare in ritiro e a chi garantire un’occasione con più costanza, di comune accordo con la direzione sportiva. E se qualche nome non è balzato agli onori della cronaca con più frequenza, è solo perché la Next Gen è stata spesso orchestra e meno assoli. Soprattutto da quando la musica è cambiata. Ciò non toglie che diversi giocatori siano stati in grado di fare lo step successivo, e forse il giocatore che ha avuto la crescita più evidente è stato il centrale spagnolo Javier Gil Puche - classe 2006 -, dalla Primavera alla Next con una semplicità invidiabile. Non solo ha tamponato l’emergenza dovuta agli infortuni di Stivanello e Pedro Felipe (altro elemento in orbita prima squadra, da valutare quando rientrerà), ma si è preso con costanza il posto da titolare. Decisivo è stato inoltre l’esterno basso Riccardo Turicchia (2003), rientrato a gennaio a Torino e subito fondamentale; mentre una piacevolissima scoperta è diventato Alessandro Pietrelli, attaccante, altro classe 2003. Con lui qualche discorso sul domani è stato già fatto. E nella funesta notte di Coppa Italia contro l’Empoli, era inoltre tra i convocati di Thiago Motta.

La crescita di Faticanti

Thiago che avrà sicuramente apprezzato la crescita di Giacomo Faticanti, equilibratore e regista: è arrivato in estate dal Lecce, in prestito, e la Juventus valuta la possibilità di procedere con l’acquisto, consapevole che il 35% della cifra andrebbe alla Roma, dove il centrocampista è cresciuto. Insomma: valutazioni in corso. Però prima il campo. Che dice Foggia, a Biella, oggi alle 17.30. Vincere vorrebbe dire restare aggrappati al treno playoff. "Noi dobbiamo pensare soltanto a noi stessi. Sarà una partita tosta, come tutte quelle di questo campionato, ma siamo assolutamente in grado di giocarla al meglio", le parole di mister Brambilla. Guarda la classifica come il futuro dei suoi ragazzi: con speranza. 

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Juve al vertice nei campionati Under

Non solo la Next Gen in odore di playoff, in casa Juve ci sono tanti motivi per sorridere e riguardano principalmente i ragazzi del settore giovanile. È stato ampiamente promosso il lavoro di Francesco Magnanelli, alla guida della formazione Primavera e alla primissima esperienza da capo allenatore: la sua Under 20 è in piena corsa per la post season e ha mostrato gioco e crescita durante l'annata. Con una nota dolente, che però fa parte del percorso: la Youth League - con i bianconeri eliminati da un abbordabile Trabzonspor - poteva essere gestita e sviluppata meglio. Se i grandi non perderanno il treno Champions, sarà comunque per il prossimo anno, quando si punterà ad avere una squadra ancor più forte e rodata. Merito soprattutto di quanto mostrato dall'Under 17, da quest'estate guidata dal nuovo tecnico Matteo Cioffi. Se nella passata stagione era rimasto l'amaro in bocca per la finale scudetto sfumata, stavolta l'obiettivo è andare oltre e ritrovare il tricolore. Al momento, i piccoli bianconeri sono primissimi in classifica (con oltre 70 reti segnate), e primissimi lo sono pure in Under 16, con una sola sconfitta in 20 partite e il lavoro di mister Grauso che sta dando frutti incredibili.

La missione di Sbravati

E l'Under 15? Qui i bianconeri non hanno cambiato panchina, ma la continuità ha oltremodo pagato: è primo - di nuovo - mister Benesperi, da cinque anni a Vinovo e da sette anni alle prese con questa categoria. Andando oltre, la Juve si trova capolista pure con l'U14 (girone Piemonte-Lombardia) a tre punti sull'Inter e oggi impegnati con la Pro Vercelli, mentre l'U13 ha fatto en plein, con 14 vittorie su 14 partite giocate e la bellezza di 68 gol fatti e 9 subiti. Roba da stropicciarsi gli occhi. Da immaginare forte il futuro. Nel frattempo, ai ragazzi viene chiesto di crescere, rispettare le regole e... divertirsi. Non c'è altra strada, verso il professionismo. E la missione di Michele Sbravati, da quest'anno a capo del settore giovanile, è far sì che questo momento d'oro sia assolutamente una costante. La scelta di Giuntoli si è rivelata in fondo efficace: dopo aver ricoperto il ruolo di responsabile giovanili del Savona fino al 2007, Sbravati a partire dal 1° dicembre del 2008 è entrato nei quadri dirigenziali del Genoa, dov'è rimasto praticamente per 18 anni. Quelli della maturità. Chissà quali saranno i prossimi talenti di cui potrà dirsi orgoglioso. La base sembra proprio esserci.

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TORINO - Quattro partite. Non c’è tempo da perdere, motivo per distrarsi, ambizione da temere. La Juventus Next Gen si gioca in 360 minuti - più recuperi - una fetta importante di stagione. Un’annata iniziata male e proseguita alla grande, ora da affrontare con un rallentamento tutto sommato fisiologico. C’è ancora margine, però. Per recuperare, ricalibrarsi, pensare al presente. E forse pure un pizzico al futuro. Inevitabile, in una formazione così. Fatta di giovani e per i giovani. Fatta anche di sogni, che sanno farsi benzina, specialmente nei momenti più difficili. Dunque, a primavera iniziata, cominciano le riflessioni su chi potrà fare il salto in avanti, raggiungere quella prima squadra finora magari soltanto sfiorata, comunque vissuta, certamente ambita.

La filosofia della Juve

Da filosofia, sin dalla prima idea di Next Gen, la società ha sempre cercato di inserire in pianta stabile almeno tre elementi dalla seconda formazione. Nella passata stagione è accaduto con Savona, Mbangula e Rouhi; a loro andavano aggiunti Adzic - ha fatto il percorso inverso, oggi punto fermo di Brambilla - e comunque lo status riconosciuto di Yildiz, che arrivava da mesi in cui si pensava potesse fare da spola e alla fine è stato l’arma in più di Massimiliano Allegri. Sembra una vita fa, e invece sono meno di dodici mesi. Ma sembra una vita fa perché in fondo una vita è stata toccata, modificata. Elevata.

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