TORINO - Quattro partite. Non c’è tempo da perdere, motivo per distrarsi, ambizione da temere. La Juventus Next Gen si gioca in 360 minuti - più recuperi - una fetta importante di stagione. Un’annata iniziata male e proseguita alla grande, ora da affrontare con un rallentamento tutto sommato fisiologico. C’è ancora margine, però. Per recuperare, ricalibrarsi, pensare al presente. E forse pure un pizzico al futuro. Inevitabile, in una formazione così. Fatta di giovani e per i giovani. Fatta anche di sogni, che sanno farsi benzina, specialmente nei momenti più difficili. Dunque, a primavera iniziata, cominciano le riflessioni su chi potrà fare il salto in avanti, raggiungere quella prima squadra finora magari soltanto sfiorata, comunque vissuta, certamente ambita.
La filosofia della Juve
Da filosofia, sin dalla prima idea di Next Gen, la società ha sempre cercato di inserire in pianta stabile almeno tre elementi dalla seconda formazione. Nella passata stagione è accaduto con Savona, Mbangula e Rouhi; a loro andavano aggiunti Adzic - ha fatto il percorso inverso, oggi punto fermo di Brambilla - e comunque lo status riconosciuto di Yildiz, che arrivava da mesi in cui si pensava potesse fare da spola e alla fine è stato l’arma in più di Massimiliano Allegri. Sembra una vita fa, e invece sono meno di dodici mesi. Ma sembra una vita fa perché in fondo una vita è stata toccata, modificata. Elevata.