"Tudor anima Juve, ricordate Udine? A chi si ispira e com'è davvero"

Edy Reja fu il primo a credere nel croato facendolo entrare nello staff all’Hajduk: "Rimasi subito colpito da una qualità fuori dal comune"

Igor Tudor, una volta appese le scarpe al chiodo, intraprende la carriera di allenatore partendo dalle giovanili dell'Hajduk Spalato. Poi, l'approdo in prima squadra. Da lì, l’incontro che gli cambia la vita: “Se alleno è grazie a Edy Reja. Altrimenti mi sarei dedicato al turismo a Hvar”, disse qualche anno fa l’attuale tecnico della Juventus, che non ha usato tanti giri di parole per riconoscere l’uomo che ha in qualche modo modificato il proprio destino. Tra Tudor e Reja scatta subito un buonissimo feeling all’Hajduk Spalato: il goriziano arriva in un momento complicato, in cui la squadra naviga in acque torbide, e trova il croato a supportarlo. Insieme riprendono in mano il gruppo, lavorano insieme per qualche mese, fino a quando Reja non riceve la chiamata della Lazio: è passata una vita, visto che le loro strade si sono incrociate nel 2009-2010, ma la stima reciproca è rimasta intatta. 

 

 

"Tudor fuori dal comune nei rapporti umani"

Edy Reja, le parole che le ha riservato Tudor un po' di anni fa non sono banali. 

“Devo dire la verità: non ho fatto nulla di speciale per lui. Mi ha fatto piacere ciò che disse qualche anno fa, ma lui nella testa era già allenatore quando l’ho conosciuto. Aveva una conoscenza del calcio notevole, ma anche un intelligenza nella gestione dei rapporti umani fuori dal comune” .

In che senso? 

“Igor aveva appena finito di giocare: la sua carriera è durata relativamente poco, per colpa di una caviglia che l’ha torturato. Nutriva un interesse verso il ruolo di allenatore e allo stesso tempo aveva una spiccata cultura del lavoro. Per questo si è imposto praticamente subito, anche da collaboratore: per me all’inizio curava la fase difensiva e ci è riuscito brillantemente, diede un senso a quell'Hajduk. Parlavamo tanto di calcio ed è stato un piacere averlo nello staff: era uno che mi bombardava di domande, che prendeva appunti su tanti esercizi che proponevo” .

Che persona è Tudor? 

“Lo ritengo tosto, con una grande personalità. Ma quando lo conosci bene non è un sergente di ferro come tutti lo immaginano. Ha persino un lato dolce, mi verrebbe da dire. Ma la sua qualità più grande, quella che colpisce in positivo tutti i giocatori, è la schiettezza” .

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"Tudor ha sempre fatto bene in corsa"

In che modo riesce a coinvolgere il gruppo? 

“Fu fondamentale per me a Spalato perché traduceva tutto quello che dicevo. E amavo i momenti in cui cambiava tono e timbro: è un tipo che sa prendere di petto gli altri e non le manda a dire. Se ha un problema, lo risolve a modo suo, ma non prende in giro nessuno. Si adatta al giocatore che si trova davanti e alla sua personalità” .

Tudor si ispira a qualche allenatore? 

“Ha avuto la fortuna di lavorare tanti anni con Marcello Lippi: Igor parlava sempre di quella Juve ed è rimasto legatissimo al club, prima di tutto diventandone un tifoso. E se ha accettato un contratto di pochi mesi pur di tornare a Torino significa che sa che questa è l’occasione della vita” .

Cosa non ha funzionato alla Lazio secondo lei? 

“Non lo so, ma Lotito mi chiese di Tudor prima di prenderlo. Ritengo abbia fatto bene anche a Roma, perché in poco tempo lui riesce ad entrare nella testa e nel cuore dei calciatori. Stabilisce subito una buona sintonia col gruppo, perché spiega chiaramente i concetti che ha e trasmette subito la sua mentalità. Anche tatticamente: già 15 anni fa spiegava un esercizio in poche parole, non lasciando spazio ad eventuali dubbi. Non è un caso che abbia fatto sempre bene anche in corsa” .

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"Ha l'animo juventino. Ricordate a Udine?"

La sorprende il fatto che le squadre di Tudor esprimano un calcio offensivo? 

“No, perché a lui piacciono soprattutto i giocatori di qualità. Anche lui, d’altronde, era un difensore moderno negli anni in cui ha giocato: nell'immaginario collettivo è il gigante che fisicamente sovrastava tutti, invece sapeva anche giocare bene palla a terra. Da allenatore la sua certezza è la difesa a tre, parte sempre da quella per dare compattezza alla squadra e per potersi permettere due trequartisti e una punta” .

Vi siete sentiti in questi giorni? 

“Non ci sentiamo da tanto. Di recente ho parlato con Anthony Seric, il suo agente, che è stato un mio giocatore. Voglio fare un grande in bocca al lupo a Igor: farà bene, ha una forte anima juventina e sono convinto che la Juventus non potesse scegliere nessuno migliore di Igor, che darebbe tutto pur di aiutare il club che l’ha fatto diventare grande” .

Se la sente di dargli un consiglio? 

“Non ne ha bisogno. Lui conosce il mondo bianconero, sa che avrà poco tempo a disposizione, ma vi ricordate che cosa fece a Udine? Salvò una squadra disperata in 4 partite. Ero in corsa pure io per quella panchina, ma scelsero lui. Ne sono felice: sono passati tanti anni da quell’impresa del 2018, poi si è ripetuto pure l’anno dopo. Nella tempesta naviga senza problemi”. 

 

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Mister promozione

Il 10 ottobre festeggerà l'80° compleanno, dopo aver lasciato il mondo del calcio da quasi due anni. Edy Reja guarda ancora tanta Serie A, un campionato nel quale ha lasciato il segno con tante squadre. Da calciatore, centrocampista di ruolo, la sua carriera si snoda tra Spal, Palermo, Alessandria e Benevento. Ma è da allenatore che Reja compie una lunga scalata verso il massimo campionato. Un percorso che inizia dai dilettanti del Molinella fino alla Serie B, quando nella stagione 1989-1990 subentra a Ilario Castagner. Poi diventa uno specialista del campionato cadetto, ottenendo 4 promozioni con 4 club diversi in A: Brescia, Vicenza, Cagliari e Napoli. A Torino, sponda granata, la sfiora soltanto: il Toro fu sconfitto ai rigori dal Perugia nello spareggio di Reggio Emilia del 1998. Dopo il Napoli, guidato dal 2005 al 2009, fa le fortune di Lazio e Atalanta, prima della parentesi da selezionatore della nazionale albanese dal 2019 al 2022. Chiude la carriera da tecnico al Gorica, in Slovenia, nel 2023. Resta legato a Tudor per la sua unica esperienza in Croazia, sulla panchina dell'Hajduk Spalato, nella stagione 2009-2010, conclusa con la rescissione del contratto a febbraio 2010: lo aspettava la Lazio, che aveva appena esonerato Ballardini.

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Igor Tudor, una volta appese le scarpe al chiodo, intraprende la carriera di allenatore partendo dalle giovanili dell'Hajduk Spalato. Poi, l'approdo in prima squadra. Da lì, l’incontro che gli cambia la vita: “Se alleno è grazie a Edy Reja. Altrimenti mi sarei dedicato al turismo a Hvar”, disse qualche anno fa l’attuale tecnico della Juventus, che non ha usato tanti giri di parole per riconoscere l’uomo che ha in qualche modo modificato il proprio destino. Tra Tudor e Reja scatta subito un buonissimo feeling all’Hajduk Spalato: il goriziano arriva in un momento complicato, in cui la squadra naviga in acque torbide, e trova il croato a supportarlo. Insieme riprendono in mano il gruppo, lavorano insieme per qualche mese, fino a quando Reja non riceve la chiamata della Lazio: è passata una vita, visto che le loro strade si sono incrociate nel 2009-2010, ma la stima reciproca è rimasta intatta. 

 

 

"Tudor fuori dal comune nei rapporti umani"

Edy Reja, le parole che le ha riservato Tudor un po' di anni fa non sono banali. 

“Devo dire la verità: non ho fatto nulla di speciale per lui. Mi ha fatto piacere ciò che disse qualche anno fa, ma lui nella testa era già allenatore quando l’ho conosciuto. Aveva una conoscenza del calcio notevole, ma anche un intelligenza nella gestione dei rapporti umani fuori dal comune” .

In che senso? 

“Igor aveva appena finito di giocare: la sua carriera è durata relativamente poco, per colpa di una caviglia che l’ha torturato. Nutriva un interesse verso il ruolo di allenatore e allo stesso tempo aveva una spiccata cultura del lavoro. Per questo si è imposto praticamente subito, anche da collaboratore: per me all’inizio curava la fase difensiva e ci è riuscito brillantemente, diede un senso a quell'Hajduk. Parlavamo tanto di calcio ed è stato un piacere averlo nello staff: era uno che mi bombardava di domande, che prendeva appunti su tanti esercizi che proponevo” .

Che persona è Tudor? 

“Lo ritengo tosto, con una grande personalità. Ma quando lo conosci bene non è un sergente di ferro come tutti lo immaginano. Ha persino un lato dolce, mi verrebbe da dire. Ma la sua qualità più grande, quella che colpisce in positivo tutti i giocatori, è la schiettezza” .

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