È un Giovanni Galeone senza veli quello che si racconta in un'intervista al Corriere della Sera. L'ex tecnico parla di passato, presente e futuro, del calcio di ieri e oggi: "Per fortuna non alleno più, rischierei di morire in panchina. Mi salterebbero le coronarie se un mio difensore toccasse la palla all'indietro verso il portiere. Un autogoal come quello del Napoli a Como mi avrebbe ucciso. Ma è mai possibile? 'Sta palla sempre indietro, 'sta partenza dal basso. Ma basta, fatela finita. La Fifa dovrebbe fare come nel basket: 10 secondi per superare la metà campo".
I rimpianti di Giovanni Galeone
Galeone racconta poi: "Il mio scudetto? Presto detto: l'ho vinto in un ristorante di Napoli. Non millanto, ci sono i testimoni. A tavola, dopo una partita, viene da me Diego Armando Maradona e mi dice: 'lei deve venire qui e allenare il Napoli'. Se non è uno scudetto quello. Luciano Moggi continuava a dirmi: 'Giovanni non firmare eh, mi raccomando. Mandiamo via l'allenatore (Ottavio Bianchi, ndr) e vieni tu'. E io che prendevo tempo con l'ingegner Viola che aveva il contratto pronto per la Roma. Tira e molla, tira e molla, alla fine salta la Roma — giustamente si stufarono di aspettare — e al Napoli, caso più unico che raro, mandarono via i giocatori che non volevano l'allenatore. Forse l'unico rimpianto. No, anzi, ce n'è un altro. A Vienna il Milan vince la seconda Coppa dei Campioni, è il 1990. Invitato da Arrigo Sacchi vado a vedere i rossoneri che vincono e poi nell'hotel della festa conosco Silvio Berlusconi. Fino alle 5 del mattino a parlare di calcio. E mi fa: 'bene Galeone, mi chiami che dobbiamo proseguire questa chiacchierata'. Mai alzato il telefono: speravo lo facesse lui. E così quel che poteva essere, non è stato. Ma la vita è andata avanti ed è stata anche una bella vita. Io di calcio parlavo con Gigi Riva, Fabio Capello. E Pierpaolo Pasolini che veniva a Grado l'estate a fare le sabbiature. Cose che ti restano dentro. C'era educazione, rispetto, cultura. Oggi ci sono analfabeti che pretendono la cattedra universitaria. E nel calcio è lo stesso. Vallo a spiegare a quelli del Milan: mandano via gente come Maldini e Massara — tra i più bravi in circolazione — e mettono Ibrahimovic. Grande calciatore, per carità. Ma che dirigente è? Che società è diventata quella rossonera? E di esempi ce ne sono mille".