Tudor, dna ed emozioni Juve: scossa alla squadra, esame Genoa, fattore Stadium

Il nuovo tecnico vince a tavolino: spirito riacceso. Pensieri, concetti e soprattutto risposte al 100% in linea con la mentalità bianconera. I tifosi vogliono rimuovere i 9 mesi apatici di Motta, mai sintonizzato

TORINO - Così, duro, da non avere paura dei suoi sentimenti. Così juventino da ammorbidire il tono, duro, della voce, quando ricorda i primi momenti da ventenne nello spogliatoio dei mostri sacri: Del Piero e Zidane, per citarne due a casaccio. Sì, si respira un’altra aria alla Continassa dove ieri, con la conferenza di presentazione di Igor Tudor, è andato in scena un appuntamento ad altissimo tasso di juventinità. Un altro mondo rispetto alle performance di Thiago Motta, arrivato da Bologna con l’aplomb dell’ingegnere, freddo nelle dichiarazioni e gelido in tutti i suoi nove mesi rispetto alla storia ultracentenaria della Juventus. Al punto da riuscire a dire pubblicamente che non era ossessionato dall’idea di vincere alla vigilia del primo trofeo che poteva conquistare in bianconero: correva il gennaio di quest’anno, in quel di Riad, prima della semifinale di Supercoppa Italiana con il Milan. Motta perse contro una squadra appena rimessa in ordine da Conceiçao, che invece aveva molta più voglia di vincere e infatti alzò pure il trofeo al cielo. Certo, non si vince con le parole, con le dichiarazioni o le sceneggiate, lo ha rimarcato peraltro lo stesso Tudor. Non serve mettersi in scia alla retorica, però viaggiare contromano è sempre pericoloso: Motta, ovviamente non solo per quello, ha perso il posto. Un rischio che non correrà questo gigantesco croato dall’italiano fluido e l’attitudine a scandire le parole guardando diritto negli occhi di chi ha di fronte. Difficile, così, poi, rivendicare l’equivoco o che non si aveva capito...

 

Juve, con Tudor una scossa

La scossa mentale Tudor l’ha già data alla squadra anche se per vedere il suo lavoro da allenatore occorrerà aspettare un paio di settimane. Ma nel frattempo, come ha ribadito più volte, nessuna scusa. Nessun alibi. "Qui siamo alla Juve e si sa cosa conta". Musica per le orecchie dei tifosi, ormai straniti e spaesati dal condottiero triste Thiago, riottoso all’idea di doversi contaminare con concetti che non sono alla base del suo credo. Tutto serve, tutto produce esperienza. Probabilmente la prossima volta che si siederà su una panchina terrà in maggior considerazione i valori e la storia del club. Per Tudor, il problema non si pone avendo giocato nella Juventus per 8 anni per poi averla vissuta da vice di Pirlo nella stagione 2020/21. Tudor è una montagna gigantesca di quasi due metri che si sente uomo forte anche per cosa ha imparato da ragazzo bianconero, con gli insegnamenti di maestri quali Lippi, Ancelotti e Capello.

 

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Tudor e la frase su Lippi 

E per mister Marcello ecco le parole più affettuose, con una frase destinata a lasciare un’eco toccante in chi ha il cuore bianconero: "A lui voglio bene". E la voce “cambia”, come ha confessato nel video social dietro le quinte “Sì, quando ho parlato di Marcello mi sono emozionato”. Dunque la sterzata la società l’ha data, domani alle 18 contro il Genoa toccherà ai giocatori rispondere nel migliore dei modi alla “leva” Tudor. Se è vero che si sentivano ostaggio di troppe indicazioni, al punto da finire in confusione, ora questa argomentazione non regge più. Adesso bisognerà giocare non soltanto con i piedi e la testa, ma anche con il cuore e l’umiltà. Che è alla base di qualsiasi grande impresa. Tudor ha ricordato quella di Zidane e Del Piero, allora campionissimi ma mai superiori ai valori base come quello del rispetto per chi conta meno. Certo, come sempre sarà fondamentale non sbagliare il primo passo, domani col Genoa, ma per questo Igor conta sull’aiuto del pubblico che domani farà da cornice con il sold out. Allianz esaurito. Nessuno se li vuole perdere i novanta minuti deputati a riallineare questa Juve al pianeta bianconero, che da 128 anni gira intorno a un concetto: “Primo: vincere”. I 40 mila lo sanno, Tudor lo sa, Locatelli e compagni non se lo possono più scordare.

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TORINO - Così, duro, da non avere paura dei suoi sentimenti. Così juventino da ammorbidire il tono, duro, della voce, quando ricorda i primi momenti da ventenne nello spogliatoio dei mostri sacri: Del Piero e Zidane, per citarne due a casaccio. Sì, si respira un’altra aria alla Continassa dove ieri, con la conferenza di presentazione di Igor Tudor, è andato in scena un appuntamento ad altissimo tasso di juventinità. Un altro mondo rispetto alle performance di Thiago Motta, arrivato da Bologna con l’aplomb dell’ingegnere, freddo nelle dichiarazioni e gelido in tutti i suoi nove mesi rispetto alla storia ultracentenaria della Juventus. Al punto da riuscire a dire pubblicamente che non era ossessionato dall’idea di vincere alla vigilia del primo trofeo che poteva conquistare in bianconero: correva il gennaio di quest’anno, in quel di Riad, prima della semifinale di Supercoppa Italiana con il Milan. Motta perse contro una squadra appena rimessa in ordine da Conceiçao, che invece aveva molta più voglia di vincere e infatti alzò pure il trofeo al cielo. Certo, non si vince con le parole, con le dichiarazioni o le sceneggiate, lo ha rimarcato peraltro lo stesso Tudor. Non serve mettersi in scia alla retorica, però viaggiare contromano è sempre pericoloso: Motta, ovviamente non solo per quello, ha perso il posto. Un rischio che non correrà questo gigantesco croato dall’italiano fluido e l’attitudine a scandire le parole guardando diritto negli occhi di chi ha di fronte. Difficile, così, poi, rivendicare l’equivoco o che non si aveva capito...

 

Juve, con Tudor una scossa

La scossa mentale Tudor l’ha già data alla squadra anche se per vedere il suo lavoro da allenatore occorrerà aspettare un paio di settimane. Ma nel frattempo, come ha ribadito più volte, nessuna scusa. Nessun alibi. "Qui siamo alla Juve e si sa cosa conta". Musica per le orecchie dei tifosi, ormai straniti e spaesati dal condottiero triste Thiago, riottoso all’idea di doversi contaminare con concetti che non sono alla base del suo credo. Tutto serve, tutto produce esperienza. Probabilmente la prossima volta che si siederà su una panchina terrà in maggior considerazione i valori e la storia del club. Per Tudor, il problema non si pone avendo giocato nella Juventus per 8 anni per poi averla vissuta da vice di Pirlo nella stagione 2020/21. Tudor è una montagna gigantesca di quasi due metri che si sente uomo forte anche per cosa ha imparato da ragazzo bianconero, con gli insegnamenti di maestri quali Lippi, Ancelotti e Capello.

 

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