TORINO - Il tavolo intorno al quale vengono affrontati i principali temi in salsa Juventus, negli ultimi giorni, ha l’aspetto di un piano inclinato. Nel senso che ogni argomento finisce per scivolare verso la calamita del raffronto tra Thiago Motta e Igor Tudor. Anche un caso spinoso come quello che, ormai da troppo tempo, riguarda Teun Koopmeiners, la cui prestazione è stata una delle poche note negative pure in occasione del vittorioso esordio del tecnico croato sulla panchina dei bianconeri, sabato sera, di fronte al Genoa. Nel passaggio da un allenatore all’altro, per certo, è cambiato il registro comunicativo. E, così, dall’iniziale «Siete voi a parlare sempre di lui, io lo vedo bene in campo e sono contento del suo contributo» di mottiana memoria si è passati al «Non sta vivendo un grande momento, bisogna lavorare per recuperarlo» di tudoresco pragmatismo.
E quindi? E quindi c’è sicuramente una componente mentale da andare a indagare, come Tudor sta facendo da giorni. Il tecnico si è focalizzato su pochi, precisi, messaggi da destinare alla squadra per toccare le corde emotive giuste, ma poi si sta soffermando sulle pieghe più intime con ogni giocatore. A partire proprio da Koopmeiners, schiacciato dal timore di sbagliare la giocata quando ha il pallone tra i piedi e, più in generale, poco sereno nell’affrontare questo delicato momento della sua carriera. Ma c’è dell’altro. Già, perché il calcio di Tudor è fatto anche, se non soprattutto, di intensità e di agonismo. Di condizione atletica, dunque. E quella del centrocampista olandese, secondo quanto emerso dai test alla Continassa, è tutt’altro che ottimale.