Retroscena Tudor, la differenza con Motta è palese: come ha trovato la Juve

Il croato ha subito lavorato sulla testa dei giocatori e sull’intensità. Menu alla Continassa: allenamenti doppi e sedute per la brillantezza

TORINO - Tre ore per svoltare. No, la “cura Tudor” non è una di quelle formule magiche con cui sedicenti esperti illudono di poter modellare i corpi, tonificando o snellendo a piacere, in poco tempo. Dietro il lavoro appena cominciato alla Continassa dal tecnico croato, naturalmente, c’è molto di più: ci sono dettami tattici da inculcare, ci sono retaggi mentali da sbriciolare. E poi, certo, c’è una brillantezza atletica da restituire a una squadra intera. Da qui, appunto, la tesi che l’allenatore della Juventus aveva sciorinato già in Francia, ai tempi dell’Olympique Marsiglia:"Gli allenamenti davvero impegnativi tra una partita e l’altra sono due, massimo tre. E durano un’ora circa l’uno. Per questo non tollero che qualcuno non dia il massimo durante quelle tre ore in tutta la settimana". Il suo credo, scavallando al di qua delle Alpi, non è cambiato: il tecnico fuori dal rettangolo verde è descritto persino come un gran burlone, ma guai a sgarrare quando c’è da sudare. Per tre ore, appunto. O al limite quattro. Già, perché Tudor a Torino non ha trovato una squadra all’apice della condizione atletica. E anche su questo aspetto sta lavorando sodo nella sua prima settimana “vera” da guida tecnica della Juventus, dato che la passata era stata condizionata dal rientro alla spicciolata dei Nazionali, ovvero dei due terzi dello spogliatoio.

 

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Tudor oltre la difesa a 3

Con sedute magari più brevi di prima, ma all’insegna dell’intensità, come il suo gioco richiede. E, talvolta, anche con lavori doppi, come accaduto nella giornata di mercoledì, conclusa poi con una cena “di classe” in zona Crocetta.  L’ex difensore bianconero, d’altronde, era stato chiaro fin dalla conferenza di presentazione: d’accordo la difesa a tre, d’accordo una proposta più offensiva, ma quello che conta davvero è lo spirito di sacrificio del gruppo. La disponibilità a quel metro di corsa in più quando l’acido lattico si fa sentire. E i primi risultati si sono potuti apprezzare già nella sfida casalinga al Genoa di domenica. In vista della quale, al limite, Tudor aveva potuto lavorare sulla testa dei giocatori, non ancora sulle gambe. Ma il report al triplice fischio, soprattutto se rapportato a quelli delle ultime recite sotto la guida di Thiago Motta, ha prodotto indicazioni significative: i bianconeri di fronte al Grifone hanno percorso oltre 120 chilometri complessivi, contro i 107 della partita con la Fiorentina e i 113 di quella al cospetto dell’Atalanta, avversaria che per tipologia di gioco avrebbe dovuto stimolare al massimo il sacrificio atletico.

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Ora tutti corrono per Tudor

Poi, certo, ogni partita racconta una storia a parte, fatta anche di episodi e di gestione dei momenti. Ma all’esordio di Tudor in panchina, pungolati a dovere nell’orgoglio, tutti hanno saputo dare qualcosa in più: i centrocampisti (oltre 12 chilometri per Locatelli), gli attaccanti (quasi 12 anche per Yildiz) e pure i difensori (circa 11 per Kelly). Dati superiori, anche a livello individuale, se confrontati con i precedenti del mese di marzo. Questione di testa, appunto. Ma anche di proposta di gioco: il calcio di Tudor è fatto d’intensità e d’aggressività. E un pensiero maggiormente verticale ha prodotto un consistente aumento anche nelle accelerazioni e nelle frenate dei giocatori, con “sprint” in campo per oltre 2,5 chilometri complessivi da parte dei quattordici bianconeri impiegati domenica allo Stadium, tra titolari e subentranti.

Tudor e quello stimolo in più

Sì, anche in questo caso, una statistica superiore rispetto ai precedenti. Testa, tattica e poi, inevitabilmente, gambe. Su quelle si sta concentrando il tecnico croato in questi giorni, sulla base dei risultati prodotti dai test fisici degli scorsi giorni. "Se vedo un giocatore che non corre, lo avviso una volta. Al massimo due. Ma poi, alla terza, reagisco", un’altra delle sue massime più in voga. E non dev’essere per nulla appagante trovarsi di fronte un colosso come Tudor invogliato a “reagire” per via dell’atteggiamento indolente da parte di un suo giocatore. Uno stimolo in più, oltre a quelli già “attivati” dal tecnico nella testa dei suoi, per lasciare sul campo ogni stilla di energia. 

 

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TORINO - Tre ore per svoltare. No, la “cura Tudor” non è una di quelle formule magiche con cui sedicenti esperti illudono di poter modellare i corpi, tonificando o snellendo a piacere, in poco tempo. Dietro il lavoro appena cominciato alla Continassa dal tecnico croato, naturalmente, c’è molto di più: ci sono dettami tattici da inculcare, ci sono retaggi mentali da sbriciolare. E poi, certo, c’è una brillantezza atletica da restituire a una squadra intera. Da qui, appunto, la tesi che l’allenatore della Juventus aveva sciorinato già in Francia, ai tempi dell’Olympique Marsiglia:"Gli allenamenti davvero impegnativi tra una partita e l’altra sono due, massimo tre. E durano un’ora circa l’uno. Per questo non tollero che qualcuno non dia il massimo durante quelle tre ore in tutta la settimana". Il suo credo, scavallando al di qua delle Alpi, non è cambiato: il tecnico fuori dal rettangolo verde è descritto persino come un gran burlone, ma guai a sgarrare quando c’è da sudare. Per tre ore, appunto. O al limite quattro. Già, perché Tudor a Torino non ha trovato una squadra all’apice della condizione atletica. E anche su questo aspetto sta lavorando sodo nella sua prima settimana “vera” da guida tecnica della Juventus, dato che la passata era stata condizionata dal rientro alla spicciolata dei Nazionali, ovvero dei due terzi dello spogliatoio.

 

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