Tudor non fa miracoli, ma è ciò che serve alla Juve: le differenze con Motta

Contro la Roma un pareggio diverso da quelli di Thiago: il quarto posto è una bagarre, Igor è pronto

Tudor lo sa che la Juventus è quella roba lì: energia collettiva, agonismo quadrato senza fronzoli barocchi. In dieci giorni ha preso i cerebrali concetti calcistici di Thiago Motta e li ha trasformati in un gioco verticale, cattivo e scabro nel tentativo di renderlo efficace. E il pareggio dell’Olimpico è così diverso da tanti altri che hanno punteggiato la prima parte della stagione bianconera. Poi la squadra conserva i suoi limiti tecnici e, anzi, la ferocia tudoriana tende ad aumentare l’imprecisione. Però lotta, la Juve, e fa impressione vederla che aggredisce la Roma, una delle squadre più in forma del campionato, comprimendola nella sua metà campo nei primi venti minuti. Per contro, proprio in quei venti minuti di dominio non portano a nulla o quasi, così come gli ultimi venti di coraggioso arrembaggio (quanta diff erenza a certe timidezze della Juve di prima) non diventano nulla. E anche contro la Roma, i bianconeri prendono gol su calcio d’angolo con una dormita del tutto evitabile. E Vlahovic è inconcludente come prima o, comunque, più inconcludente di quanto dovrebbe essere un centravanti come lui. Insomma, Tudor non è l’uomo dei miracoli, ma della concretezza e, in questo particolare momento storico, è esattamente quello che ci vuole per la Juventus. Verrà il tempo per riflettere, ora è tempo di pedalare, per usare la metafora preferita dal tecnico croato.

 

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Juve, Tudor l'uomo giusto per centrare l'obiettivo Champions

La sfida per i due posti Champions ancora vacanti è un meraviglioso mischione che coinvolge sei squadre: Atalanta, Bologna, Juventus, Lazio, Roma e Fiorentina, racchiuse in sei punti a sette giornate dalla fine. In un simile contesto agonistico, l’approccio ringhioso di Tudor è senza dubbio il più adatto, soprattutto per una squadra che ha avuto troppa paura nei primi otto mesi della stagione. Soddisfazioni che non danno punti e Motta ha lasciato a Tudor poco margine di errore e i pareggi concessi a una squadra che deve arrivare quarta se li è bruciati tutti lui, quindi la Juventus adesso può davvero quasi solo vincere. Però si respira ottimismo e determinazioni dalle parti bianconere: una settimana intera con Tudor ha infuso sicurezza che si nota negli sguardi, nelle posture in campo, nelle scelte su ogni pallone e nella cattiveria delle riconquiste, insomma un bigino di juventinità che ha fatto tornare il buon umore ai tifosi. Il quarto posto non è roba che li ecciti, la vista di barlumi di juve solletica la coscienza del popolo bianconero. Poi, serve sempre molta calma: sono anni che il suddetto popolo si innamora o, meglio, si illude di aver trovato la strada per poi ritrovarsi in un vicolo cieco, sedotto e abbandonato da idee, acquisti, progetti e altre cianfrusaglie che caratterizzano i difficili anni dell’anticiclo, ovvero il periodo che segue un un ciclo, quasi sempre caratterizzato dall’affannoso, se non proprio isterico, alternarsi di tentativi e azzeramenti. La storia insegna che, dopo un tot di tentativi, arriva quello buono e per un po’ la Juventus torna a dominare. La storia racconta che negli anni dei tentativi sbagliati la frustrazione asfi ssia la passione. Ecco, se anche non fosse l’uomo del destino, uno come Igor Tudor squarcia il cielo basso di questa bigia stagione bianconera e fa respirare un po’ d’aria juventina. In fondo non è poco.

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Tudor lo sa che la Juventus è quella roba lì: energia collettiva, agonismo quadrato senza fronzoli barocchi. In dieci giorni ha preso i cerebrali concetti calcistici di Thiago Motta e li ha trasformati in un gioco verticale, cattivo e scabro nel tentativo di renderlo efficace. E il pareggio dell’Olimpico è così diverso da tanti altri che hanno punteggiato la prima parte della stagione bianconera. Poi la squadra conserva i suoi limiti tecnici e, anzi, la ferocia tudoriana tende ad aumentare l’imprecisione. Però lotta, la Juve, e fa impressione vederla che aggredisce la Roma, una delle squadre più in forma del campionato, comprimendola nella sua metà campo nei primi venti minuti. Per contro, proprio in quei venti minuti di dominio non portano a nulla o quasi, così come gli ultimi venti di coraggioso arrembaggio (quanta diff erenza a certe timidezze della Juve di prima) non diventano nulla. E anche contro la Roma, i bianconeri prendono gol su calcio d’angolo con una dormita del tutto evitabile. E Vlahovic è inconcludente come prima o, comunque, più inconcludente di quanto dovrebbe essere un centravanti come lui. Insomma, Tudor non è l’uomo dei miracoli, ma della concretezza e, in questo particolare momento storico, è esattamente quello che ci vuole per la Juventus. Verrà il tempo per riflettere, ora è tempo di pedalare, per usare la metafora preferita dal tecnico croato.

 

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