Vlahovic, Tudor non cambia idea e vara nuove soluzioni: “Mi è piaciuto…”

L’umore di DV9 cresce, i numeri invece no: all’Olimpico nessun duello vinto e 14 palloni persi su 33 toccati

TORINO - Il fertilizzante che ha dato nuovo vigore a quel germoglio che si conferma essere il progetto della Juventus, messo a dura prova dalla pioggia e dal vento, risiede nelle idee di Igor Tudor. Magari pochi principi soltanto, annidati intorno a qualche solida certezza, ma ciò che serve per non far confusione. E per portare a termine nel migliore dei modi possibili, con un po’ di sano pragmatismo, una stagione che era nata sotto ben altra stella.

Vlahovic, punto fermo di Tudor

Una delle principali convinzioni del tecnico croato si chiama Dusan Vlahovic. E per questo, coerente con se stesso, Tudor non intende rinunciare a quello che ritiene un prototipo ideale di numero 9 per il suo vestito tattico. Così, se la punta serba non ha reso secondo aspettative nei primi 180’ della sua gestione, ben al di là delle zero reti messe a referto, ora l’allenatore medita nuove soluzioni che possano valorizzarne le qualità. Come l’inserimento di Kolo Muani vicino a lui, appunto. Dal Genoa alla Roma qualche variazione sul tema si è vista, dal cambio di posizione di Nico Gonzalez all’inserimento di Weah sulla corsia, ma DV9 non è parso beneficiarne granché, a prescindere dalla differente qualità tecnica dell’avversaria di fronte. I numeri dell’attaccante di Belgrado sono rimasti modesti, la prestazione nel complesso - da una settimana all’altra - ha fatto persino un passo indietro. E l’ultima gioia in bianconero resta quella nelle prime battute della sfida con il Cagliari: correva l’ormai lontano 23 febbraio.

 

 

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Vlahovic, i numeri

Vlahovic, da un punto di vista squisitamente emotivo, ha dimostrato di aver gradito l’avvicendamento del timoniere, e non poteva essere altrimenti. Dal volto incupito di Firenze, dove aveva trascorso 90’ in panchina nell’ultima recita di Thiago Motta, si è passati alla smorfia tra grinta e adrenalina dell’ultima settimana con Tudor. E però… E però l’ex viola non è riuscito a lasciare il segno, condensando il suo indice di pericolosità a Roma in una tenera conclusione centrale su piazzato da posizione piuttosto invitate. Per il resto, nei 68’ trascorsi in campo all’Olimpico, DV9 ha toccato 33 palloni e ne ha persi 14 (contro il Genoa aveva fatto anche peggio, sotto questo aspetto), non riuscendo mai a saltare l’uomo e chiudendo la sua partita con lo sconfortante dato di zero duelli vinti su sette con la palla a terra. Meglio nel gioco aereo, fondamentale in cui nel primo tempo ha saputo sovrastare una vecchia volpe come Hummels, ma senza mai concorrere a creare grattacapi a Svilar e compagni.

"Mi piace il modo in cui ha lottato"

Resta, semmai, una delle poche gestioni positive del pallone, quando ha controllato in mezzo al campo e innescato McKennie sulla fascia con un pregevole esterno, dando il via all’azione della rete di Locatelli. Ma non può bastare nel complesso di una prestazione di oltre un’ora in campo, pur di fronte a un’avversaria tosta e in un ottimo momento di salute. «Mi è piaciuto il modo in cui ha lottato», ha tagliato corto, a fine partita, nella pancia dell’Olimpico, lo stesso Tudor. Che, intanto, medita qualche ritocco in formazione per far rendere al meglio una delle sue certezze nella rosa bianconera.

 

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Testacoda Juve: le palle inattive sono un problema 

C'è una Juventus che è scivolata dal vertice ai bassifondi. No, non è la squadra passata dalle mani di Thiago Motta a quelle di Tudor, in piena corsa per un posto nella prossima Champions League nella parte (abbastanza) alta della classifica. O, meglio: è quella, ma soltanto nella specifica graduatoria che fotografa la gestione delle palle inattive. Che, detto così, potrebbe sembrare un dettaglio secondario del gioco, quando in realtà il fondamentale rappresenta una variabile di sempre maggior peso nella definizione del risultato finale. Il dato, in questo senso, è eloquente. La Juventus allora di Allegri, un anno fa, trasformò in gol ben 16 piazzati, miglior squadra della Serie A per rendimento davanti a Milan (15), Inter e Roma (14). E lo stesso avvenne la stagione prima ancora, con i bianconeri arrivati a toccare quota 18, un sigillo in più del Napoli. E oggi? Oggi, sorprendentemente, la squadra si assesta soltanto al penultimo posto della speciale classifica, avendo convertito in rete la miseria di 4 palle inattive. Quante quelle tradotte in gol dal Verona e dall’Empoli, due in più del solo e mesto Monza. Un clamoroso rovescio che soltanto in parte si spiega con la mezza rivoluzione estiva sul mercato. E soltanto in parte con gli infortuni, che nel corso dell’anno – in effetti – hanno colpito alcuni giocatori strategici nella gestione del gioco aereo. «Dovremo soffermarci a lungo sulle palle inattive – ha confermato domenica sera, a Roma, lo stesso Tudor –, ma è pur vero che, in questo momento, ci mancano giocatori di struttura come Bremer, Gatti e anche Cabal. Per ora mi sono appoggiato al modo di difendere del mio predecessore, ma ci lavoreremo su».

 Così Shomurodov  l’ha colpita a Roma

Già, perché il problema non è circoscritto all’area di rigore offensiva. E lo racconta proprio lo scontro diretto contro la Roma, capace di compensare la superiorità mostrata in campo dai bianconeri con il sigillo di Shomurodov in apertura di ripresa. Sugli sviluppi di un corner, giust’appunto. Il tassametro, anche negli ultimi sedici metri difensivi, corre: se la Juventus finora in campionato ha segnato soltanto 4 volte da palla inattiva, infatti, sono già 7 invece i gol incassati. Una statistica che stride con il rendimento della fase difensiva della squadra, che a oggi ha incassato soltanto 17 reti su azione manovrata: almeno 2 in meno rispetto a tutti gli altri club di Serie A. Per questo, da oggi, le palle inattive rappresenteranno, alla Continassa, una parte fissa del lavoro quotidiano. Perché non sono soltanto un dettaglio. 

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TORINO - Il fertilizzante che ha dato nuovo vigore a quel germoglio che si conferma essere il progetto della Juventus, messo a dura prova dalla pioggia e dal vento, risiede nelle idee di Igor Tudor. Magari pochi principi soltanto, annidati intorno a qualche solida certezza, ma ciò che serve per non far confusione. E per portare a termine nel migliore dei modi possibili, con un po’ di sano pragmatismo, una stagione che era nata sotto ben altra stella.

Vlahovic, punto fermo di Tudor

Una delle principali convinzioni del tecnico croato si chiama Dusan Vlahovic. E per questo, coerente con se stesso, Tudor non intende rinunciare a quello che ritiene un prototipo ideale di numero 9 per il suo vestito tattico. Così, se la punta serba non ha reso secondo aspettative nei primi 180’ della sua gestione, ben al di là delle zero reti messe a referto, ora l’allenatore medita nuove soluzioni che possano valorizzarne le qualità. Come l’inserimento di Kolo Muani vicino a lui, appunto. Dal Genoa alla Roma qualche variazione sul tema si è vista, dal cambio di posizione di Nico Gonzalez all’inserimento di Weah sulla corsia, ma DV9 non è parso beneficiarne granché, a prescindere dalla differente qualità tecnica dell’avversaria di fronte. I numeri dell’attaccante di Belgrado sono rimasti modesti, la prestazione nel complesso - da una settimana all’altra - ha fatto persino un passo indietro. E l’ultima gioia in bianconero resta quella nelle prime battute della sfida con il Cagliari: correva l’ormai lontano 23 febbraio.

 

 

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