Non c’è niente di meglio da fare, né probabilmente qualcosa di più elaborato, complicato o ingegnoso: la Juve, per avere la meglio sul Lecce, deve semplicemente attaccare. Cioè: deve farlo meglio, con qualità superiore rispetto alle uscite più recenti. Del resto, sono stati appena 2 i gol timbrati nelle ultime 4 partite, e i bianconeri non vanno oltre il paio di reti siglate in 90 minuti da oltre due mesi: era inizio febbraio, era il 4-1 all’Empoli. Empoli che poi avrebbe mozzato l’esperienza di Thiago Motta, in attesa di capitolare tra Atalanta e Fiorentina. Sembra preistoria. Non lo è affatto. Sia perché, di tempo, ne è passato relativamente poco, sia perché alcuni problemi sono rimasti a prescindere dal cambio di guida tecnica.
Juve, più uomini in area di rigore avversaria
Tudor l’ha sempre avuto bene in testa, molto chiaramente: a questa squadra mancavano gol nelle gambe, e infatti il primo passo è stato rimettere Vlahovic al centro del villaggio. Il secondo? A Roma si è intravisto: occorre che più uomini riempiano l’area di rigore, con inserimenti dei centrocampisti, ma anche con l’aiuto dei cosiddetti braccetti. All’Olimpico, prima del sigillo di Locatelli, c’è una sovrapposizione decisiva di Kalulu: a concludere l’azione c’erano sei giocatori in maglia bianconera, con il francese defilato sull’esterno si arriva a sette, e con il capitano a ridosso dei 20 metri diventano persino otto. Non solo: la partita si chiude come un cerchio, con l’azione analoga di Kelly sul lato opposto. Insomma, il seme offensivo sta germogliando, e quest’altra settimana di allenamenti è andata esattamente in quella direzione. Si spiega pure così la volontà del tecnico croato di inserire più uomini d’attacco nella partita con il Lecce: Nico Gonzalez può tornare largo a destra, a tutta fascia; davanti Kolo Muani può ritrovare minuti e sensazioni, con Yildiz e Vlahovic alla terza di fila dal primo minuto. Potenzialmente, un reparto devastante.