Del Piero, Tardelli e ora Capello: è la Juve, baby. Quando va male...

Ad aprire il fuoco adesso è il tecnico dello scudetto 2005. La legge bianconera è inesorabile

Tutti i dirigenti della Juventus dicono di esserci passati, prima o poi. Quando le cose vanno male, alla guida della Juve vanno un po’ peggio, perché la pressione esterna e quella interna può diventare schiacciante. È la Juve, baby. L’attenzione mediatica è spasmodica catalizzando quella di milioni di tifosi e, a questa, si aggiunge il peso generato delle dinamiche di un club e una proprietà con una tradizione vincente dalla quale ogni tanto si finge di derogare, ma senza abbassare mai troppo le aspettative. E poi c’è la storia del club che ti giudica. Oggi più di ieri, perché la chiacchiera calcistica è aumentata in modo esponenziale e gli ex giocatori non aprono più negozi di articoli sportivi come ai tempi in cui era presidente Boniperti, ma vanno in tv, in radio, sui social, ai talk.

Il fuoco amico di Alex e la bocciatura di Capello

Negli ultimi due mesi, la Juventus ha subito il fuoco amico di Del Piero, Tardelli e Capello che, ieri all’evento del Foglio, è stato abrasivo e severissimo nel giudicare, anzi fustigare la dirigenza della Juventus. E il problema di quando ti giudica la “storia”, diventa difficile difendersi, perché - per esempio - a Del Piero cosa vuoi dire? Uno che ha dedicato la sua vita alla Juventus ha diritto di dire ciò che vuole ed è probabile che venga anche ascoltato perché parla da un pulpito di 705 presenze e 290 gol. Così Capello, che ha allenato una Juventus vincente. Certo, non ha esperienza di momenti difficili, perché quando le cose si mettevano male, nell’estate del 2006, scelse di allenare il Real Madrid invece di gestire il complicatissimo post Calciopoli e una Juventus problematica l’ha sempre vissuta da fuori. Ma, tant’è, rimane un monumento del calcio e distribuisce la sua severità equamente, senza fare distinzioni (infatti non perdona neanche il “suo” Milan).

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È l'orgoglio il solo antidoto

Le critiche di Capello sono violente e, allo stato attuale delle cose, difficilmente controvertibili nella sostanza (sulla scabra forma capelliana non ci esprimiamo), anche se l’implacabile Don Fabio non concede le attenuanti (molta sfortuna), dimentica che su Motta eravamo un po’ tutti d’accordo e sorvola su un paio di colpi azzeccati. Parole come quelle di Capello, però, possono essere uno stimolo incredibile. Dal 1950, quando il capitano dell’Uruguay, El Jefe Varela, mostrò ai compagni i giornali brasiliani che già celebravano la Seleçao, prima della finale, scatenando l’ira funestissima di Schiaffino e Ghiggia, la storia dello sport insegna che le critiche, gli affronti, le provocazioni possono diventare benzina che incendia l’orgoglio e spinge oltre. La Juventus, oggi, è nella tempesta e qualche fulmine, inevitabilmente, se lo becca. L’obiettivo deve essere contraddire il giudizio degli ex, uscendo dalla tempesta (e Tudor pare il timoniere giusto per farlo) e ricostruendo qualcosa di più solido e forte. Tanto, il setaccio della storia lascia sempre passare le parole e trattiene solo i fatti.

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Tutti i dirigenti della Juventus dicono di esserci passati, prima o poi. Quando le cose vanno male, alla guida della Juve vanno un po’ peggio, perché la pressione esterna e quella interna può diventare schiacciante. È la Juve, baby. L’attenzione mediatica è spasmodica catalizzando quella di milioni di tifosi e, a questa, si aggiunge il peso generato delle dinamiche di un club e una proprietà con una tradizione vincente dalla quale ogni tanto si finge di derogare, ma senza abbassare mai troppo le aspettative. E poi c’è la storia del club che ti giudica. Oggi più di ieri, perché la chiacchiera calcistica è aumentata in modo esponenziale e gli ex giocatori non aprono più negozi di articoli sportivi come ai tempi in cui era presidente Boniperti, ma vanno in tv, in radio, sui social, ai talk.

Il fuoco amico di Alex e la bocciatura di Capello

Negli ultimi due mesi, la Juventus ha subito il fuoco amico di Del Piero, Tardelli e Capello che, ieri all’evento del Foglio, è stato abrasivo e severissimo nel giudicare, anzi fustigare la dirigenza della Juventus. E il problema di quando ti giudica la “storia”, diventa difficile difendersi, perché - per esempio - a Del Piero cosa vuoi dire? Uno che ha dedicato la sua vita alla Juventus ha diritto di dire ciò che vuole ed è probabile che venga anche ascoltato perché parla da un pulpito di 705 presenze e 290 gol. Così Capello, che ha allenato una Juventus vincente. Certo, non ha esperienza di momenti difficili, perché quando le cose si mettevano male, nell’estate del 2006, scelse di allenare il Real Madrid invece di gestire il complicatissimo post Calciopoli e una Juventus problematica l’ha sempre vissuta da fuori. Ma, tant’è, rimane un monumento del calcio e distribuisce la sua severità equamente, senza fare distinzioni (infatti non perdona neanche il “suo” Milan).

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