TORINO - Gian Piero Gasperini in panchina, Frederic Massara come direttore sportivo: la Roma ha deciso, la Juve ha scelto invece di lasciar andare. Tra i mille risvolti, svincoli di mercato pronti a farsi retroscena, ci si ritrova a metà giugno a fare i conti già con situazioni particolari, con intrecci che soltanto il tempo saprà definire con certezza. Se scelte indovinate. Se rimpianti in grado di condizionare stagioni, obiettivi, percorsi. Tant’è: il bello, e pure il brutto, di questo periodo è che ogni decisione ha un peso specifico enorme. E che non si avvale certo di sfumature: tra vincere e perdere resiste lo stesso confine sottile che fa da divisore tra opzioni giuste e opzioni sbagliate. Indietro perciò non si torna.
La grande rinuncia
E con l’arrivo di Damien Comolli, l’architetto della rivoluzione voluto fortemente da John Elkann, la Juventus ha compreso benissimo a cosa stava rinunciando, ossia all’architrave principale generato nei primi giorni di vita post addio di Cristiano Giuntoli, quando nell’attesa globale di una nuova guida e di un nuovo libretto d’istruzioni si è andati avanti nell’organizzare dei piani d’attacco per aggredire la stagione pronta a nascere. Le idee immediatamente segnate in rosso riguardavano una guida tecnica con maggiore esperienza e più garanzie - Conte in pole, quindi il tentativo per Gasperini -, poi un ds che avesse profonda conoscenza del mercato italiano, così da non dover ricominciare da zero, o comunque partendo da una buona base per risolvere grane e un’estate a basso rischio, specialmente dopo il trauma della passata annata.
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