Capello scatenato in difesa Juve: “Scudetti tolti alla più forte e regalati alla terza. Ma a casa…”

L’ex tecnico bianconero ripercorre gli anni di Calciopoli e non solo: “Questa cosa non mi è ancora passata”

Giocatore, allenatore, dirigente e da anni opinionista. Vincente, in tutte le vesti, e non ha bisogno di troppe presentazioni: stiamo parlando di Fabio Capello. Nella sua carriera ha vestito la maglia della Juventus e poi c'è tornato anche da tecnico, ultima esperienza in Italia prima di andare al Real Madrid e nelle nazionali (Inghilterra e Russia). Dal 2018, dopo la parentesi in Cina, ha deciso di non sedersi più in panchina: "Ho pochi rimpianti e per quanto ho fatto in carriera non posso chiedere altro". L'ex bianconero si è raccontato in una lunghissima intervista.

 

Capello e il valore del successo

Fabio Capello, intervistato da NetBet ha raccontato quale trofeo l'ha emozionato di più in carriera: "Quando cominci a giocare il primo trofeo che vinci, la Coppa Italia con la Roma. Poi cambi squadra e arriva il primo scudetto. Ancora: la prima Champions... Tutti quanti hanno un grande valore. Ma secondo me le cose che ti rimangono più dentro sono quelle che non hai vinto, che hai perso per delle sciocchezze oppure perché gli avversari erano più forti però i trofei, sono una cosa importante, ma come li hai vissuti è qualche cosa di più, perché hai ricevuto e hai dato".

Sul rammarico più grande: "Il primo dico la Champions contro il Marsiglia. Abbiamo subito gol su un calcio d'angolo che non c'era quindi il Var l'avrebbe annullato e invece abbiamo perso. L'altro è il gol di Lampard quando allenavo l'Inghilterra: la palla era più di mezzo metro oltre la linea e questo non ci ha permesso di pareggiare il primo tempo della partita contro la Germania e con la gol line technology questo non sarebbe avvenuto. Ecco questi sono i due rimpianti perché sono stato penalizzato due volte non per colpa nostra non abbiamo sbagliato ma penalizzato da altri fattori"

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La lezione di Herrera e il Real Madrid

Capello ha proseguito parlando di una lezione appresa da Herrera: "Io non telefonavo mai. Questa cosa l'ho imparata da Herrera: come ci si allena poi si gioca, non voleva che non ci si impegnasse. Io parlavo negli spogliatoi prima dell'allenamento durante l'allenamento parlavo prima delle partite però dopodiché la loro vita privata non mi interessava quindi io non ho mai telefonato a nessuno quindi se c'è qualcuno che dice che io telefonavo è una bugia ok per cui io perché era faceva proprio questo massima attenzione si lavora poi avete la vita privata dovete gestirla voi, io non voglio sapere niente. Ogni tanto mi arrivavano delle telefonate. A Madrid mi arrivarono due volte: 'questi sono usciti dal night alle 5:00 di mattina' oppure 'quello non è tornato a casa sua ma è uscito da un'altra casa'. Io li richiamavo, parlavo, sentivo... poi dicevo basta che in campo giochino bene".

Sull'arrivo al Real Madrid: "Tu entri alla reception del Real Madrid capisci di essere entrato ad allenare la squadra più forte, più importante del mondo perché anche i receptionist si sentono così. Sei arrivato sei uno dei tanti che è arrivato qui, devi vincere fare la tua parte, però noi siamo qui tu passi, e quindi essendo di passaggio ci deve essere un grande impegno. C'è una grande tensione e, soprattutto, un mondo completamente diverso. C'è una pressione della stampa diversa, ci sono le radio che hanno una forza enorme. Tu prendi un taxi in Spagna e parlano di calcio. La cosa interessantissima è che cominciano le trasmissioni a mezzanotte fino alle 2:00 dove c'è il massimo audience. Quando mi volevano intervistare chiedevo sempre 'va bene a che ora?' e mi dicevano a mezzanotte 'sì ma io dormo a quell'ora' (ride ndr)". 

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L'aneddoto di Ronaldo e i problemi di Ancelotti

Sul passato in blancos ha ricordato un paio di aneddoti: "Tutti pensano che io abbia allenato i Galacticos, ma quando sono andato io c'erano rimasti Beckham e Ronaldo quello vero, il fenomeno, che fra l'altro ho avuto dei problemi con lui. Era in un momento poco gestibile, anzi gestiva lui un certo gruppo di giocatori e andavano a fare delle feste nelle ville abbiamo deciso col presidente che doveva essere ceduto e ho avuto solo Beckham. Ma anche con lui c'è stato un piccolo problema perché aveva firmato con il Los Angeles e ed era stata un'offesa per il Real Madrid. Una grande offesa perché gli avevano offerto il rinnovo e l'ha rifiutato. Così il presidente mi disse 'no lui non deve più giocare' e io lo misi fuori per una settimana. Lui si allenava perfettamente perché è un ragazzo serissimo molto a posto anzi la domenica veniva col figlio sempre e dopo 7 giorni ho detto al presidente 'lui è troppo serio, troppo bravo' e l'ho rimesso in squadra e poi alla fine le cose sono andate bene in campionato perché abbiamo recuperato nove punti al Barcellona ed è stata una una rimonta bellissima".

Sui problemi avuti in stagione dal Real: "È difficile. Io pensavo che Carlo riuscisse a farli mettere d'accordo. C'è stata qualche cosa che non ha funzionato nei primi due mesi due mesi e mezzo. Mbappé non si integrava bene con la squadra probabilmente, giocavano lui e Vinicius nella stessa posizione, e lui messo centravanti non rende come quando è un po' sull'esterno. Stiamo parlando di Carlo Ancelotti, però, il più grande allenatore del mondo. Tutti quanti dovrebbero imparare da lui come si gestisce un gruppo. Quest'anno purtroppo i giocatori non hanno reso come la stagione precedente. Forse 'perché io devo correre, tu non corri, perché io faccio, perché tu non fai'... Insomma tutte quelle diatribe da sciocchetti e si sono dimostrati piccolini in queste cose qua. Anche se fuori dicono non è vero ma io che mi ricordavo come correvano, come si muovevano, non era più lo stesso spirito dell'anno precedente".

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Donnaruma, Champions Psg e le 'colpe' di Inzaghi

Sulla vittoria del Psg in Champions, Capello ha voluto sottolineare un aspetto: "Nessuno lo dice, però hanno vinto anche grazie a Donnarumma. La verità è questa. Donnarumma per tre volte ha salvato Psg, adesso tutti esaltati da 5-0 all'Inter che non c'era, non era in campo. C'erano dei giocatori con la maglia ma non era la squadra che tutti pensavano fosse, contro Barcellona e Bayern non erano quelli. Il Psg è cresciuto poi si è trovato davanti una squadra che aveva già perso due titoli e secondo me aveva anche questa zavorra: 'no non perderemo anche questa'. Quando entri in campo in questa maniera non riesci a rendere. C'è stata un'altra cosa io ero lì a Monaco e loro sono entrati in campo alle 8:05, 55 minuti prima della partita e dovevano starci fino ai 35, però invece il Psg è entrato dopo un quarto d'ora ed è stato fuori quasi 20 minuti a scaldarsi... Questo fatto qua di andare fuori prima, rimanere nello spogliatoio o restare ad aspettare l'inizio della partita per 25 minuti, quando sei con la testa con un po' troppi pensieri non ti aiuta, ma consumi".

Sul giocare tutte le competizioni oppure solo in campionato: "Giocare e andare avanti in tutte le competizioni aiuta se hai una rosa adatta a questa situazione con il gruppo giusto. Se non hai nella rosa dei leader diventa più difficile. Io credo che la testa consumi molta più energia rispetto alla corsa fisica. Racconto sempre un aneddoto, mi è successo con Cudicini. Avevo i due portieri titolari fuori e lo feci giocare titolare con la Lazio in Coppa Italia. Lui, a fine partita, gli presero i crampi e non riusciva a camminare. Non aveva corso tanto in porta ed era la testa...". Capello ha poi analizzato colpe e meriti della finale di Monaco: "Più che Inzaghi do il merito a Luis Enrique, ha capito come funzionava l'Inter e non gli ha permesso di giocare come sapeva. L'unica cosa che si può dire è che non è riuscito a cambiare sistema di gioco, ma ci sono anche i collaboratori per questo e devono suggerire alcune situazioni. Non è solo colpa di Simone. Ciclo Inter? Lui ha fatto cose positive, è stato bravo a creare un gruppo e quando stavano bene si esaltavano tantissimo con gli interpreti bravi ad assorbire le sue idee. Per me ha fatto un buonissimo lavoro".

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Lo scudetto alla Roma e parole Mourinho

Sulle vittorie di Roma: "Lo scudetto è nato l'anno prima quando sono andato a parlare con Sensi e ci siamo messi d'accordo, non ho mai avuto un procuratore. Dopo aver valutato la rosa abbiamo capito di cosa potevamo aver bisogno sul mercato, il presidente è stato molto generoso sotto questo punto di vista. Abbiamo preso Batistuta perché mancava una punta di peso davanti e lì è nata la squadra che poi ha salvato il risultato per poco. Ho avuto una grande paura in quel campionato perché i tifosi all'Olimpico erano entrati in campo a otto minuti dalla fine. Se qualche tifosi avesse dato una spinta a qualche giocatore del Parma e si fosse buttato per terra, avremmo perso 3-0 a tavolino e gli altri ci avrebbero superato".

E ancora: "Parole Mourinho sul Triplete? Io auguro a tutti gli allenatori di far bene. C'è un periodo, c'è una squadra e non si inventano le cose. Lui è orgoglioso del Triplete, è una cosa difficile da fare, bravo lui ma tutti gli allenatori devono cercare di fare il meglio e se hanno la rosa giusta riescono a farlo, altrimenti diventa complicato. Tornando al Psg: giovani sì, ma hanno speso 250 milioni... Loro hanno preparato la squadra l'anno prima e poi si sono rinforzati con l'addio di Mbappé. In Italia, a livello economico, non riusciamo a fare una cosa del genere".

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Gli scudetto cancellati con la Juve e un derby di rimpianti

Fabio Capello ha poi toccato un tema importante legato alla Serie A: "Sembra il calcio negli Stati Uniti dove tutti vanno a chiudere la carriera. Non si può invertire questa cosa perché non ci sono le risorse. I giocatori vanno a giocare dove c'è più ambizione e possibilità economiche. La Nazionale italiana ha cinque giocatori che giocano all'estero, una volta non sarebbe mai esistita una cosa del genere. Una volta tutti volevano venire in Italia, adesso vanno a Parigi, Spagna (Barcellona e Real Madrid ndr), Inghilterra e Bayern Monaco... Per questo quando arrivi a giocarti un trofeo come la Champions bisogna fare i complimenti all'allenatore, i competitors a livello economico sono molto più forti". Tornando al passato Capello ha parlato del grande Milan: "Berlusconi aveva una visione e una capacità di coinvolgere tutti davvero unica. Un personaggio di grande carisma, quando ti parlava, ti faceva sentire parte della famiglia... Estremamente generoso, ma oltre a questo anche molto capace". 

E sulla Juventus: "Questa non mi è ancora passata - ha detto interrompendo la domanda della giornalista -. I due scudetti vinti sul campo cancellati con la squadra più forte in assoluto, anzi regalati a qualcuno che è arrivato terzo. Fa ancora malissimo. A casa ho ancora le medaglie, però...". Mentre parlando di attualità: "La Juventus ha speso molto ma non è stata fatta una campagna acquisti giusta, sbagliata. Stesso discorso che vale per il Milan, ma non hanno capito che per giocare in queste squadre c'è più pressione ed è più difficile. Vediamo se la lezione è servita perché devono difendere la loro storia". A chiudere il discorso bianconero: "Da giocatore rigiocherei un derby di Torino, avevo fatto uno dei gol più belli in carriera quello del 2-2. Pensavmo di aver salvato la partita, ma l'azione dopo abbiamo subito il 3-2. Mi è rimasta un po' in testa... Da allenatore rigiocherei la gara intercontinentale a Tokyo dove, con 6-7 palle gol, abbiamo poi perso 2-0".

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Baggio, Ronaldo e il futuro dell'Italia

Verso la fine dell'intervista Capello ha parlato del giocatore più forte allenato: "Sono troppi. Degli italiani dico senza dubbio Baggio. Ho avuto la fortuna di giocare con Rivera e poi allenare Roberto. Quello che mi ha fatto più arrabbiare è stato Ronaldo, il fenomeno. Purtroppo uno era a mezzo servizio, l'altro pesava 94 chili e non voleva dimagrire, però avevano una qualità unica. Ne mancano tanti... Van Basten, Totti... ma io vorrei ricordarne due che meritavano il Pallone d'Oro: Baresi e Maldini. Hanno fatto la storia del Milan e sono stati due punti di forza per la leadership, la qualità e la testa. L'ha vinto Cannavaro dopo il Mondiale... ma in alcuni casi ci sono stati dei premiati immeritati, senza fare nomi un centrocampista tedesco (ride ndr)". 

Sul Mondiale per Club: "Siamo partiti con il nuovo format della Champions ed è riuscito a salvarsi il Psg. È una competizione interessante, ma giocarlo a fine campionato non so...". A chiudere ha parlato dell'Italia: "La cosa più importante da dire adesso è che speriamo di portare l'Italia ai Mondiali. So cosa vuol dire anche per i tanti italiani all'estero. Europeo? Sono stato là un mese per l'UEFA, è stata un'Italia preparata per fare il compitino e nessuno prendeva iniziative, molto brutto".

 

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Giocatore, allenatore, dirigente e da anni opinionista. Vincente, in tutte le vesti, e non ha bisogno di troppe presentazioni: stiamo parlando di Fabio Capello. Nella sua carriera ha vestito la maglia della Juventus e poi c'è tornato anche da tecnico, ultima esperienza in Italia prima di andare al Real Madrid e nelle nazionali (Inghilterra e Russia). Dal 2018, dopo la parentesi in Cina, ha deciso di non sedersi più in panchina: "Ho pochi rimpianti e per quanto ho fatto in carriera non posso chiedere altro". L'ex bianconero si è raccontato in una lunghissima intervista.

 

Capello e il valore del successo

Fabio Capello, intervistato da NetBet ha raccontato quale trofeo l'ha emozionato di più in carriera: "Quando cominci a giocare il primo trofeo che vinci, la Coppa Italia con la Roma. Poi cambi squadra e arriva il primo scudetto. Ancora: la prima Champions... Tutti quanti hanno un grande valore. Ma secondo me le cose che ti rimangono più dentro sono quelle che non hai vinto, che hai perso per delle sciocchezze oppure perché gli avversari erano più forti però i trofei, sono una cosa importante, ma come li hai vissuti è qualche cosa di più, perché hai ricevuto e hai dato".

Sul rammarico più grande: "Il primo dico la Champions contro il Marsiglia. Abbiamo subito gol su un calcio d'angolo che non c'era quindi il Var l'avrebbe annullato e invece abbiamo perso. L'altro è il gol di Lampard quando allenavo l'Inghilterra: la palla era più di mezzo metro oltre la linea e questo non ci ha permesso di pareggiare il primo tempo della partita contro la Germania e con la gol line technology questo non sarebbe avvenuto. Ecco questi sono i due rimpianti perché sono stato penalizzato due volte non per colpa nostra non abbiamo sbagliato ma penalizzato da altri fattori"

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