"Openda top, Zhegrova talento. Così la Juve è completa”. Sull’Inter e Chivu...

Adrian Mutu, doppio ex, esalta l’attacco bianconero: "I nerazzurri si basano su coppie collaudate, ma Tudor ha un reparto più profondo. E Yildiz troverà spazio, a prescindere dall’arrivo del belga"

TORINO - Il prossimo 27 settembre saranno vent’anni esatti dal suo primo gol alla Juventus. Era la Champions League, il 3-0 al Rapid Vienna, la palla che controlla al limite dell’area e porta avanti, a passi vicini, svelti, quasi impercettibili. Poi il movimento secco, la sfera che passa sul suo mancino e il tiro. Perfetto. Per il tocco impercettibile di Payer, per la rete che sembra inevitabile, un destino compiuto, con tanto di bacio al palo interno. Oggi ne sorride, Adrian Mutu. Ma quell’azione che sembrava la fotocopia di tante altre si era fatta subito la rinascita dopo il momento più buio, la squalifica di 11 mesi prima per la positività alla cocaina. La Juve lo aveva preso già a gennaio, a fine maggio il debutto. Però quel gol, il primo di 11 totali, è stato il giorno in cui è rinato. Quello da cui è fondamentalmente ripartito.

Adrian Mutu, qual è il suo primo ricordo bianconero? 
«Alla Juventus i primi giorni sono stati particolari, perché ti rendi conto immediatamente del peso della maglia». 

Da cosa l’aveva capito? 
«A Torino è tutto organizzato. Scandito. Non lasciano mai nulla al caso». 

All’Inter invece è rimasto solo sei mesi. Era diverso? 
«Beh, si può dire che sia differente l’impatto. L’ambiente è caloroso, quasi familiare. E ho trovato poi un gruppo molto unito».  

Che accoglienza ha trovato? 
«Erano momenti diversi, per due modi praticamente opposti. Però entrambi fortissimi».  

 

 

© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di Juventus

Mutu su Openda e Zhegrova

Ha giocato in due reparti offensivi formidabili. Oggi chi è più forte davanti? 
«Credo che la Juve adesso abbia più soluzioni rispetto a un anno fa. Può cambiare interpreti e caratteristiche, ma non perde per questo motivo la sua efficacia».  

E l’attacco dell’Inter le piace? 
«I nerazzurri rimangono una macchina oliata, ma forse un po’ più dipendente da coppie già collaudate».  

Se dovesse fare una sintesi tra le due squadre? 
«Direi che la Juventus è più completa, l’Inter invece mi sembra più automatizzata». 

Cosa pensa invece dell’arrivo di Openda? 
«Openda è un colpo vero: darà profondità, velocità. E non gioca mica solo sul contropiede: è in grado pure di dialogare».  

E Zhegrova? 
«Ecco, lui invece è un talento che ti apre la partita con una giocata. Resta un elemento molto più anarchico, ma se trova continuità poi diventa un’arma diversa da tutte le altre in Serie A». 

Yildiz sembra giocare come lei, per certi versi. 
«Io avevo un’eleganza naturale, Kenan invece è più verticale e moderno. Però l’estro c’è».  

Rischia di perdere spazio con Openda sul suo lato? 
«Il rischio c’è, tocca ammetterlo. Openda è un giocatore forte, ma in generale la Juventus oggi ha tante alternative davanti. Poi però c’è da dire anche un’altra cosa sul turco...».  

Ci dica.  
«Un talento come lui trova sempre il modo di incidere». 

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Cosa ha portato Tudor alla Juve

Scelga un giocatore per parte: chi somiglia di più ad Adrian Mutu? 
«Ne prendo due che hanno ruoli diversi. Parto dall’Inter e le rispondo con Barella. Ha grinta, ritmo, un’energia continua». 

E la Juventus? 
«Tra i bianconeri mi rivedevo prima in Fagioli: ha visione e intelligenza calcistica. Ripeto, ruoli diversi...». 

Chivu le sembra pronto per l’Inter? 
«Ha fatto vedere cose importanti con la formazione Primavera, poi è andato al Parma. Il salto è enorme».  

Quanto tempo ci vorrà? 
«Può diventare sicuramente pronto per i nerazzurri, ma occorrerà un percorso. Io comunque confido nelle sue capacità». 

La Juventus ha ribadito la propria fiducia a Tudor: cosa sta dando, secondo lei?  
«Ha portato intensità, più aggressività nel recupero palla. Mi sembra di vedere una squadra che prova a comandare un po’ di più, che non si limiti solamente ad aspettare». 

Si può parlare di una squadra con un’identità chiara? 
«L’impronta sicuramente lo è già. Serve poi trasformarla in identità. E per quello occorrerà necessariamente tempo».

 

 

 

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TORINO - Il prossimo 27 settembre saranno vent’anni esatti dal suo primo gol alla Juventus. Era la Champions League, il 3-0 al Rapid Vienna, la palla che controlla al limite dell’area e porta avanti, a passi vicini, svelti, quasi impercettibili. Poi il movimento secco, la sfera che passa sul suo mancino e il tiro. Perfetto. Per il tocco impercettibile di Payer, per la rete che sembra inevitabile, un destino compiuto, con tanto di bacio al palo interno. Oggi ne sorride, Adrian Mutu. Ma quell’azione che sembrava la fotocopia di tante altre si era fatta subito la rinascita dopo il momento più buio, la squalifica di 11 mesi prima per la positività alla cocaina. La Juve lo aveva preso già a gennaio, a fine maggio il debutto. Però quel gol, il primo di 11 totali, è stato il giorno in cui è rinato. Quello da cui è fondamentalmente ripartito.

Adrian Mutu, qual è il suo primo ricordo bianconero? 
«Alla Juventus i primi giorni sono stati particolari, perché ti rendi conto immediatamente del peso della maglia». 

Da cosa l’aveva capito? 
«A Torino è tutto organizzato. Scandito. Non lasciano mai nulla al caso». 

All’Inter invece è rimasto solo sei mesi. Era diverso? 
«Beh, si può dire che sia differente l’impatto. L’ambiente è caloroso, quasi familiare. E ho trovato poi un gruppo molto unito».  

Che accoglienza ha trovato? 
«Erano momenti diversi, per due modi praticamente opposti. Però entrambi fortissimi».  

 

 

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