Darren Burgess e i segreti contro gli infortuni: "Juve, che chance! Perché misi i frigoriferi nel mio ufficio"

Il nuovo responsabile bianconero dell’area Performance ha stupito con i suoi metodi: le esperienze dal Liverpool all'Arsenal

TORINO - Quando gli affidano una missione, la richiesta è sempre la stessa. Suona più o meno così: "Per aiutarci a vincere devi ridurre gli infortuni". Ci pensa Darren Burgess. Il nuovo responsabile dell’area Performance della Juventus ha una vastissima esperienza. Ci ha messo un po’ per arrivare nell’Europa del pallone. Aveva un chiodo fisso da giovane: la Premier League. Nel 2010, dopo tante porte in faccia, gli si spalancano quelle del Liverpool, un club che stava vivendo una profonda fase di rinnovamento. Rafa Benitez va all’Inter. E con lui lasciano Anfield la bellezza di 18 collaboratori. Così Burgess ristruttura l’intera area delle performance. Un lavoro massiccio, che passa anche da un profondo dialogo coi giocatori. In particolare, Darren investe gran parte del tempo a coinvolgere gli spagnoli, uomini “potenti” del Liverpool di allora: Pepe Reina e Fernando Torres, freschi di Mondiale appena conquistato. Convincerli della nuova metodologia l’avrebbe agevolato nella diffusione dei concetti anche al resto del gruppo e pure in seno al club. Così Burgess inizia una lunghissima serie di interviste, di colloqui individuali per cercare di mettere il giocatore al centro di ogni ragionamento. Seguendo una massima: "Se sei lì per loro e non per te ti ascolteranno di più". Una mentalità molto apprezzata anche da Damien Comolli, che l’ha voluto ritrovare a Torino.

Burgess e il "captain's run"

Darren dopo quasi due anni e mezzo saluta Liverpool. Cinque anni al Port Adelaide, per poi tornare in Inghilterra dalla porta principale: nel 2019 lo sceglie l’Arsenal. Scelto da Ivan Gazidis, fu approvato anche da Arsène Wenger. Burgess ha introdotto il concetto di “captain’s run”, un allenamento guidato dai giocatori stessi, che decidono cosa serve loro il giorno prima della partita per sentirsi pronti. Alcuni non fanno nulla, altri giocano a basket, altri ancora fanno esercizi tecnici intensi: ci ha lavorato in Nfl, con ottimi riscontri. A lui era stato chiesto di ridurre gli infortuni. E ci è riuscito: non aumentando il riposo, ma incrementando l’intensità degli allenamenti. Le idee di Burgess sono molto chiare: "Bisogna costruire lentamente ma in modo mirato la tolleranza all’allenamento dei giocatori: a dicembre e a gennaio, quando le partite si susseguono a ritmo serrato, devono essere abituati a reggere quei carichi". Si riferiva al calcio inglese, ma il concetto è estendibile anche alla Juve. All’Arsenal ha trovato, per sua stessa ammissione al Times, tanta resistenza al cambiamento. Che voleva sconfiggere ad ogni costo: "Massaggiatori e fisioterapisti, che passano molto tempo coi giocatori, sviluppano legami forti. Questo può rendere più difficile avere le conversazioni scomode. Credo che ci fosse una certa riluttanza al duro lavoro come forma di protezione: si preferiva concedere più riposo e recupero". Questo è Darren Burgess: prendere o lasciare.

Burgess e l'importanza della comunicazione

Anche se la parola chiave per comprendere il nuovo supervisore delle performance in casa Juve - che avrà voce in capitolo su area medica, alimentazione, psicologia, ma soprattutto riabilitazione e prevenzione degli infortuni - è comunicazione. Basti pensare a questo stratagemma: "Passo molto tempo a parlare con gli allenatori. Ho preteso che entrambi i frigoriferi delle bevande energizzanti del club fossero nel mio ufficio. Questo ha fatto sì che allenatori e giocatori venissero sempre da me per prendere qualcosa da bere e in quell’occasione parliamo. Sembra banale, ma ha migliorato tantissimo la comunicazione, in modo naturale". Che cosa significa la Juve per Burgess? L’ha spiegato ieri nei saluti all’Adelaide: "È un’opportunità straordinaria, un’esperienza irripetibile per me, mia moglie e i miei figli". Non poteva dire di no a Comolli.

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