Juve, altri 80 milioni e nuovo CdA: soldi, piani e ambizioni per tornare al top

Perdite in forte riduzione, prestito obbligazionario di 150 milioni per ristrutturare il debito, il pareggio di bilancio all'orizzonte: che sta succedendo

Tudor, sul cui orgoglio gobbo non si può dubitare, quel concetto lo ha espresso senza voler offendere il blasone della Juventus. Perché quando ha detto che «Cambiaso è pronto per un top club europeo come Real o City», sottintendendo che la Juventus ora non lo è, ha semplicemente scattato una fotografia della situazione, cupa ma perfettamente a fuoco. Se parliamo di storia, tradizione e numero di tifosi, la Juventus rimane un top club. Se consideriamo il livello tecnico, la potenza economica e l’ultimo quinquennio la Juventus non è un top club. Ieri il Consiglio di Amministrazione bianconero ha approvato il bilancio della scorsa stagione e il fatturato ha raggiunto i 529 milioni, il Real Madrid e il Manchester City, citati da Tudor, hanno sfondato il tetto del miliardo di euro. Un divario che non è colmabile, dato lo scenario attuale di una Serie A in affanno che consente meno ricavi commerciali e da diritti tv. E quel divario si sente tutto in campo, dove la differenza di qualità tecnica fra le rose è così ampia da lasciare poche speranze in caso di uno scontro nella fase a eliminazione diretta.

Poi il calcio è bello perché contempla l’esistenza dei miracoli, ma di miracolo sportivo si tratterebbe se la Juventus eliminasse Real o City in un ipotetico quarto di finale di Champions. E, peraltro, negli ultimi tempi, i quarti di finale non sono stati frequentati granché dai bianconeri. La Juventus, però, non si arrende. Nella sua storia ultracentenaria ha vissuto momenti anche più difficili di quello attuale e ha sempre trovato il modo di risollevarsi. Lo sta cercando anche in questa complessa fase storica e i segnali sono chiari.

© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di Juventus

Prestito, aumento di capitale, nuovo Cda: si cambia

Ieri, nel corso del pomeriggio, prima è stato annunciato un prestito obbligazionario da 150 milioni e poi il Consiglio di Amministrazione ha confermato che sarà varato un aumento di capitale di circa 80 milioni. Se la prima operazione è strettamente finanziaria (per quanto comunque destinata a consolidare la potenza economica del club), la seconda andrà a incidere in modo più diretto sulla squadra e sulla competitività. E, in ogni caso, si tratta di denaro che entra nelle casse del club, a testimonianza della volontà della famiglia di rilanciare la Juventus. Poi, i soldi, vanno spesi bene e l’ultima stagione non è esattamente un buon esempio, tant’è che gli effetti si sono sentiti nella campagna acquisti estiva (inevitabilmente zoppa, come le prime partite hanno dimostrato evidenziato qualche buco) e si riflettono anche nel bilancio, dove i ricavi da Champions e Mondiale per club, uniti a un relativo contenimento dei costi, hanno mitigato le perdite. È ancora lontano il pareggio di bilancio, che la Juventus ha fissato come obiettivo del 2026-27, ma sono anche più lontani gli abissi del -200 milioni di un anno fa.

La prossima estate il budget di mercato potrebbe essere più ampio. L’estinzione di contratti coime quello di Vlahovic alleggerirà il peso del monte ingaggi liberando spazio per altri campioni. E se Motta trovasse una squadra sarebbe un altro risparmio importante. La possibilità di migliorare la squadra esiste, ma sarebbe importante che crescesse anche la rosa attuale, che qualche giocatore compisse un salto di qualità in modo da consentire di continuare la costruzione e non di ricominciarla da capo ogni volta. L’arrivo, imminente, di un direttore sportivo completerà un organigramma nel quale è aumentata la competenza calcistica e anche questo è un segnale.

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La strada fuori e dentro dal campo

La Juventus è sulla buona strada, ma ne deve fare ancora molta, sia sul piano economico che su quello tecnico. In compenso la proprietà mette a disposizione i mezzi e sceglie un profilo più sportivo per la governance: l’addio di Scanavino e i maggiori poteri a Comolli sono scelte di chi, passata la bufera, vuole ricostruire una squadra non solo mettere a posto i conti. E lo stesso vale per l’ingresso di Chiellini nel Consiglio di Amministrazione, finora riservato a super tecnici, lontani dalle cose di calcio e addetti a sistemare le problematiche legali, fiscali e borsistiche.

C’è la voglia di tornare un top club, è palpabile. C’è la consapevolezza che si tratta di risalire una via impervia. Ci vuole forza e pazienza, ci vogliono scelte giuste (il margine di errore si assottiglia dopo ogni fallimento) e ci vogliono vittorie. Perché, alla fine, il ritorno al top del calcio europeo passa anche dalla partita contro l’Atalanta di oggi. Un passo dopo l’altro, senza fermarsi, e si può anche finire la maratona.

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Tudor, sul cui orgoglio gobbo non si può dubitare, quel concetto lo ha espresso senza voler offendere il blasone della Juventus. Perché quando ha detto che «Cambiaso è pronto per un top club europeo come Real o City», sottintendendo che la Juventus ora non lo è, ha semplicemente scattato una fotografia della situazione, cupa ma perfettamente a fuoco. Se parliamo di storia, tradizione e numero di tifosi, la Juventus rimane un top club. Se consideriamo il livello tecnico, la potenza economica e l’ultimo quinquennio la Juventus non è un top club. Ieri il Consiglio di Amministrazione bianconero ha approvato il bilancio della scorsa stagione e il fatturato ha raggiunto i 529 milioni, il Real Madrid e il Manchester City, citati da Tudor, hanno sfondato il tetto del miliardo di euro. Un divario che non è colmabile, dato lo scenario attuale di una Serie A in affanno che consente meno ricavi commerciali e da diritti tv. E quel divario si sente tutto in campo, dove la differenza di qualità tecnica fra le rose è così ampia da lasciare poche speranze in caso di uno scontro nella fase a eliminazione diretta.

Poi il calcio è bello perché contempla l’esistenza dei miracoli, ma di miracolo sportivo si tratterebbe se la Juventus eliminasse Real o City in un ipotetico quarto di finale di Champions. E, peraltro, negli ultimi tempi, i quarti di finale non sono stati frequentati granché dai bianconeri. La Juventus, però, non si arrende. Nella sua storia ultracentenaria ha vissuto momenti anche più difficili di quello attuale e ha sempre trovato il modo di risollevarsi. Lo sta cercando anche in questa complessa fase storica e i segnali sono chiari.

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