Tudor, sul cui orgoglio gobbo non si può dubitare, quel concetto lo ha espresso senza voler offendere il blasone della Juventus. Perché quando ha detto che «Cambiaso è pronto per un top club europeo come Real o City», sottintendendo che la Juventus ora non lo è, ha semplicemente scattato una fotografia della situazione, cupa ma perfettamente a fuoco. Se parliamo di storia, tradizione e numero di tifosi, la Juventus rimane un top club. Se consideriamo il livello tecnico, la potenza economica e l’ultimo quinquennio la Juventus non è un top club. Ieri il Consiglio di Amministrazione bianconero ha approvato il bilancio della scorsa stagione e il fatturato ha raggiunto i 529 milioni, il Real Madrid e il Manchester City, citati da Tudor, hanno sfondato il tetto del miliardo di euro. Un divario che non è colmabile, dato lo scenario attuale di una Serie A in affanno che consente meno ricavi commerciali e da diritti tv. E quel divario si sente tutto in campo, dove la differenza di qualità tecnica fra le rose è così ampia da lasciare poche speranze in caso di uno scontro nella fase a eliminazione diretta.
Poi il calcio è bello perché contempla l’esistenza dei miracoli, ma di miracolo sportivo si tratterebbe se la Juventus eliminasse Real o City in un ipotetico quarto di finale di Champions. E, peraltro, negli ultimi tempi, i quarti di finale non sono stati frequentati granché dai bianconeri. La Juventus, però, non si arrende. Nella sua storia ultracentenaria ha vissuto momenti anche più difficili di quello attuale e ha sempre trovato il modo di risollevarsi. Lo sta cercando anche in questa complessa fase storica e i segnali sono chiari.
