Dalla Juve al Milan
Sembrava un grande equivoco e probabilmente lo è stato. Di sicuro, tra la società e il giocatore è andata esattamente così. Perché da una parte c’era la volontà del club di abbattere il monte ingaggi - operazione che prosegue ancora oggi, e proseguirà per un bel po’ di tempo -, dall’altra c’era l’ambizione di Rabiot non solo di rappresentare un simbolo della Juventus, ma di esserlo anche nei fatti. Ossia diventare il più pagato dello spogliatoio bianconero. Un capitano in pectore, ancor prima di ricevere la fascia, che nei progetti iniziali avrebbe successivamente ereditato da Danilo. Di nuovo: niente. Per capirci: nemmeno un’offerta formalmente presentata, semmai solo paventata. Il solco, pertanto, incolmabile. E nell’estate trascorsa senza squadra, ad aspettare una chiamata dall’Inghilterra mai veramente ricevuta, mentre la Juve spendeva 60 milioni per Koopmeiners anche con i risparmi accumulati dal suo addio, è sbucato il Marsiglia ed è sembrato un compromesso. Poi una luna di miele, almeno fino al caso con Rowe. Quindi il Milan. All’improvviso, ma fino a un certo punto: anche se non fosse stato costretto, non avrebbe mai rifiutato la chiamata di chi lo conosce e di chi l’ha subito messo nelle condizioni di dimostrare la sua qualità, il suo gioco. Con i rossoneri tornerà allo Stadium domenica e lo farà già da giocatore più decisivo della propria squadra. «Non sarà mai una partita uguale alle altre», ha ammesso Adrien. Col sorriso di chi ha generato milioni di rimpianti.
