Difesa a 3, Tudor non molla e lancia l’allarme esterni: la cura per la pareggite e la Juve a 2 punte

Il tecnico croato ritiene che i pareggi siano soltanto un incidente di percorso: continua a credere nel suo calcio, con una sola eccezione, vista con il Milan. Si riparte dalle certezze accumulate sin dall’arrivo di Igor a fine marzo

TORINO - C’è un concetto generale da cui partire, soprattutto se si parla delle ultime settimane di Igor Tudor. Ed è questo: a lui, la sua squadra, è proprio piaciuta. Gli è piaciuta a Vila-Real, in un secondo tempo nel quale ha notato crescita e perseveranza; gli è piaciuta pure prima, con l’Atalanta, andando in controtendenza rispetto a parecchi adetti ai lavori. Con il Milan ha sfruttato le sue carte. Non aveva Bremer, ed era una defezione pesante. Non aveva nemmeno Thuram, ed è stata la vera mazzata. Alla quale ha provato a porre rimedio come poteva, come sapeva, forse peccando di coraggio. Però la posta in palio era così alta (con un ko, la pressione sarebbe aumentata a dismisura) da non dargli considerare altre opzioni, quantomeno le ha ritenute totalmente percorribili: nella sua idea, esplicitata poi dalla formazione, toccava abbottonarsi e rischiare il meno possibile. Davanti, qualcosa, sarebbe in fondo accaduto.

Il nodo attacco

Ed eccolo qui, il nodo. Quello più intricato, almeno: è al reparto offensivo che Tudor proprio non riesce a dare una sterzata, e soprattutto non sembra poter dare una spiegazione a sé, una risposta alle sue domande, una luce che rischiari il buio percepito attorno. Igor non è un allenatore da controller tra le mani, pronto a guidare i suoi come alla Play Station: ha sempre lasciato un ragionevole margine di manovra, in particolar modo quando ha avuto a disposizione calciatori dal talento assicurato, in grado di uscire con qualità dalle difficoltà come dalla pressione. Stavolta sì, era certo proprio di questo. Che erigendo il muro, il pallone sarebbe rimbalzato fino ad arrivare ai fantasisti, e dai fantasisti sarebbe arrivato il guizzo decisivo. Niente. Non con i rossoneri, almeno. Un caso? Ritiene di sì, in cuor suo. Comunque non un segnale e nemmeno un allarme, perché il tecnico in fondo pare abbia già deciso: alla ripresa, quando tornerà ad avere l’intera squadra a disposizione, riprenderà da dove aveva lasciato, iniziando dalla difesa a 3, senza fare voli pindarici o andare a cambiare l’assetto con cui lavora da mesi.

La variazione contro Allegri

L’unica variazione concessa finora è stata a gara in corso, domenica contro Allegri: era alla ricerca di soluzioni differenti e ha modificato l’intero attacco, proponendo un 3-5-2 con licenza - consegnata a McKennie - di svariare tra mediana e fronte offensivo. Per capirci: il sistema di gioco è stato sì modificato, ma è stato come giocare con il timone, una deviazione impercettibile dalla quale ricavare una direzione comunque differente. Chissà se basterà, in futuro. Di sicuro, è servita come prova a Tudor per testare una squadra meno dipendente dagli esterni. Perccò a due punte, vero elemento di rottura rispetto alla continuità di lavoro mantenuta a partire da fine marzo, quando è approdato alla Continassa sperando di imporsi quanto prima per avere più chance di permanenza. Ma quella Juventus era una squadra di nervi: li teneva saldi solo per non sfilacciarsi definitivamente. Anche questa lo è, però è più di pancia, è di reazione e non di controllo.

© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di Juventus

David o Vlahovic?

Quest’ultimo, insieme alla gestione, che poi possono farsi pure sinonimi, si è subito fatto fine ultimo alla ripresa delle attività. Come il tornare solidi. Il provare a essere impermeabili. Pure per mettere - successivamente - nelle condizioni ottimali gli attaccanti a disposizione. E su quest’ultimi fare anche un po’ di chiarezza: toccherà a David? Allora fiducia concreta. Vlahovic starà meglio? Avrà vere occasioni. Nelle sue sedute, Tudor dedica molto tempo alla comunicazione diretta con i giocatori. Gli dà una mano il fidato vice, Javorcic, con cui programma la parte psicologica tanto quanto quella di campo. Da questa sta trovando la vera forza per non rimettere tutto in discussione: i calciatori sono evidentemente con lui e credono che la ruota tornerà a girare, che il vestito di oggi sia quello più calzante per andare avanti. Almeno finché saranno i dettagli a far deragliare le prestazioni, non c’è nulla di cui realmente preoccuparsi, o comunque c’è la sensazione di poter ritrovare presto una certa continuità. Forse un po’ di fortuna potrà aiutare, immagina il mister. Anche per non scivolare in una spirale negativa, per evitare di rimuginarci sopra.

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TORINO - C’è un concetto generale da cui partire, soprattutto se si parla delle ultime settimane di Igor Tudor. Ed è questo: a lui, la sua squadra, è proprio piaciuta. Gli è piaciuta a Vila-Real, in un secondo tempo nel quale ha notato crescita e perseveranza; gli è piaciuta pure prima, con l’Atalanta, andando in controtendenza rispetto a parecchi adetti ai lavori. Con il Milan ha sfruttato le sue carte. Non aveva Bremer, ed era una defezione pesante. Non aveva nemmeno Thuram, ed è stata la vera mazzata. Alla quale ha provato a porre rimedio come poteva, come sapeva, forse peccando di coraggio. Però la posta in palio era così alta (con un ko, la pressione sarebbe aumentata a dismisura) da non dargli considerare altre opzioni, quantomeno le ha ritenute totalmente percorribili: nella sua idea, esplicitata poi dalla formazione, toccava abbottonarsi e rischiare il meno possibile. Davanti, qualcosa, sarebbe in fondo accaduto.

Il nodo attacco

Ed eccolo qui, il nodo. Quello più intricato, almeno: è al reparto offensivo che Tudor proprio non riesce a dare una sterzata, e soprattutto non sembra poter dare una spiegazione a sé, una risposta alle sue domande, una luce che rischiari il buio percepito attorno. Igor non è un allenatore da controller tra le mani, pronto a guidare i suoi come alla Play Station: ha sempre lasciato un ragionevole margine di manovra, in particolar modo quando ha avuto a disposizione calciatori dal talento assicurato, in grado di uscire con qualità dalle difficoltà come dalla pressione. Stavolta sì, era certo proprio di questo. Che erigendo il muro, il pallone sarebbe rimbalzato fino ad arrivare ai fantasisti, e dai fantasisti sarebbe arrivato il guizzo decisivo. Niente. Non con i rossoneri, almeno. Un caso? Ritiene di sì, in cuor suo. Comunque non un segnale e nemmeno un allarme, perché il tecnico in fondo pare abbia già deciso: alla ripresa, quando tornerà ad avere l’intera squadra a disposizione, riprenderà da dove aveva lasciato, iniziando dalla difesa a 3, senza fare voli pindarici o andare a cambiare l’assetto con cui lavora da mesi.

La variazione contro Allegri

L’unica variazione concessa finora è stata a gara in corso, domenica contro Allegri: era alla ricerca di soluzioni differenti e ha modificato l’intero attacco, proponendo un 3-5-2 con licenza - consegnata a McKennie - di svariare tra mediana e fronte offensivo. Per capirci: il sistema di gioco è stato sì modificato, ma è stato come giocare con il timone, una deviazione impercettibile dalla quale ricavare una direzione comunque differente. Chissà se basterà, in futuro. Di sicuro, è servita come prova a Tudor per testare una squadra meno dipendente dagli esterni. Perccò a due punte, vero elemento di rottura rispetto alla continuità di lavoro mantenuta a partire da fine marzo, quando è approdato alla Continassa sperando di imporsi quanto prima per avere più chance di permanenza. Ma quella Juventus era una squadra di nervi: li teneva saldi solo per non sfilacciarsi definitivamente. Anche questa lo è, però è più di pancia, è di reazione e non di controllo.

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Difesa a 3, Tudor non molla e lancia l’allarme esterni: la cura per la pareggite e la Juve a 2 punte
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David o Vlahovic?