© Marco CanonieroLa Juventus non vince lo scudetto da cinque stagioni. Negli ultimi trent’anni, un periodo così lungo senza arrivare prima si era registrato solo nel post Calciopoli, ma negli ultimi cinquanta ci fu un digiuno più lungo, dal 1986 al 1995. La storia bianconera insegna che a ogni ciclo segue un anticiclo di transizione la cui lunghezza è spesso proporzionale a quella del ciclo vincente. Nell’ultimo mezzo secolo, i cicli vincenti hanno avuto origine e caratteristiche differenti, mentre gli anticicli si sono assomigliati abbastanza, segnati da una ricerca, piuttosto spasmodica, di una soluzione, possibilmente rapida, magari figlia di un azzeramento di una componente fra dirigenza, guida tecnica, squadra o anche più di una insieme. Tutti gli anticicli hanno comportato forti perdite di denaro e hanno, talvolta, bruciato buone, se non ottime, professionalità finite nel frullatore delle continue rivoluzioni. Sarebbe bello, a chiudere questa analisi storica, riuscire a definire il modo con cui gli anticicli finiscono, lasciando spazio a un nuovo ciclo vincente, ma purtroppo non ci sono tratti comuni e non è possibile indicare le mosse per uscire dall’empasse.
Juve, le annate vincenti del club bianconero
Se la Juve fosse un computer, sarebbe la classica situazione in cui spegnere e riaccendere. Ma è una società di calcio, cioè un insieme di complessità. Tuttavia, si può dire che, ogni volta che la Juve è uscita a riveder le stelle, è stato in presenza di una dirigenza con le idee chiare e il polso fermo. Boniperti negli Anni 70; Moggi, Giraudo e Bettega negli Anni 90; Andrea Agnelli nel 2011 hanno tutti portato un’idea e un metodo; sono stati netti, pragmatici e hanno agito a tutto tondo, istituendo un modo di pensare e agire comune a tutte le componenti del club: dirigenti e impiegati della sede, staff tecnico e giocatori. Un altro tratto vincente è stato puntare sempre molto sugli italiani (in campo e non) che hanno tendenzialmente capito meglio l’essenza e la filosofia del club. È assai prematuro stabilire se Damien Comolli ha imboccato la via d’uscita dall’anticiclo e se, nel suo piano, ci sono le idee e il metodo giusti. Sicura, per ora, è solo la difficoltà di essere l’ennesimo che ci prova e, quindi, di agire in un ambiente sempre meno paziente e sempre più scettico.
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